Quasi ogni storia, anche secolare, scaturisce da un gesto nuovo, talvolta rivoluzionario. Eccone una: nel 1882, a Berlino, cinquanta musicisti si accordarono per formare i Filarmonici di Berlino, che dunque da oltre un secolo rappresentano un vertice indiscusso tra le compagini orchestrali, aggregazione sociale fra le più complesse della cultura occidentale, i cui paradigmi vengono associati, non di rado, a un contesto sociale di solida conservazione. Eppure, a differenza di altre orchestre, i Berliner Philharmoniker – anche grazie al susseguirsi delle direzioni musicali e artistiche di Claudio Abbado, Simon Rattle e Kirill Petrenko – hanno saputo aggiornare progressivamente la propria relazione con la musica, la loro immagine e la loro funzione sociale, interpretando relazioni e esigenze della società contemporanea in modo efficace e inventivo. L’orchestra berlinese ha messo un accento forte sui festeggiamenti dei quindici anni del progetto di streaming online, che oggi è una piattaforma all’avanguardia, la Digital Concert Hall.

«Il via alle trasmissioni fu dato nel 2009, ma il progetto era nato almeno tre anni prima» – mi spiega a Berlino Olaf Maninger, allora come oggi violoncellista dei Berliner. «Se l’idea originale è mia – dice ancora – i miei colleghi l’hanno sostenuta da subito, e ricordo anche che senza il sostegno di Simon Rattle nulla di tutto ciò sarebbe stato possibile. Ero totalmente digiuno di questioni e di programmazione o di management industriale – continua Maninger nel suo racconto – dunque  ho dovuto costruirmi intorno un gruppo agguerrito, disposto a studiare molto.

Non sapevo bene come, ma intendevo trasmettere i concerti dal vivo avvalendomi di uno studio capace di riprendere tutto con telecamere controllate da remoto, praticamente impercettibili per il pubblico e i musicisti. Ma all’epoca non c’erano gli smartphone, la rete non sosteneva le immagini Hd e era difficile offrire al pubblico la qualità di un Cd in una trasmissione streaming. Il primo concerto portato online – le Danze slave di Dvorak e la Prima sinfonia di Brahms dirette da Rattle, il 6 gennaio 2009 –  era una semplice trasmissione in tempo reale da un capo all’altro della rete».

Forte della lunga relazione con i media e con la discografia sviluppata durante gli oltre quarant’anni di dominio berlinese di Herbert von Karajan, il gruppo dei Berliner Philharmoniker  che si occupa della Digital Concert Hall è cresciuto e ha ampliato moltissimo il proprio raggio di azione e il catalogo, di pari passo con le registrazioni in disco, anche queste autoprodotte dopo che i Berliner hanno abbandonato le relazioni esclusive con le grandi etichette per creare una serie di cofanetti di  cd e dvd: un’altra piccola rivoluzione, la rottura di ogni diaframma per una compagine che nell’epoca di Karajan quasi si identificava con il cartiglio giallo della Deutsche Grammophon.

«Le vendite dei dischi all’epoca erano in picchiata e l’interesse per la musica classica si stava assottigliando – ricorda Maninger. Dovevamo raggiungere in altro modo un pubblico che non ci conosceva. Agli inizi eravamo tre, oggi siamo almeno in quaranta impegnati nei diversi reparti della piattaforma digitale; venti almeno nel dipartimento di sviluppo, che si dedica soprattutto al miglioramento tecnologico della banda.

Possiamo trasmettere in nove differenti formati, adatti a ogni tipo di sistema operativo e di smartphone e se all’inizio ci permettevamo un solo concerto alla volta, ora forniamo migliaia di streaming in contemporanea». Impressiona lo sforzo tecnico-produttivo, senza dubbio innestato sulla concezione anticipatrice di Hans Scharoun e  Herbert von Karajan, di una Philharmonie che in piena guerra fredda si protendeva all’esterno verso il Muro e le macerie di Potsdamer Platz, e all’interno era dotata di postazioni per le telecamere e ben sei diversi spazi per studi di registrazione radiofonici, televisivi e discografici. Uno di quegli studi oggi è interamente dedicato alla Digital Concert Hall: davanti a monitor e touch-screen operano in contemporanea sette professionisti, dal regista al tecnico del suono, dall’operatore che controlla le otto camere automatiche, agli assistenti, al supervisore e al producer.

Olaf Maninger

Naturalmente il fine economico esiste, ma non governa né esaurisce il progetto. «Registriamo tutti  i concerti e ne trasmettiamo circa 45 l’anno – racconta Maninger. Abbiamo moltiplicato esponenzialmente le possibilità di proporre musica dal vivo rispetto alle tre produzioni assicurate ogni anno dalle Tv tedesche, il concerto di Capodanno, il concerto dalla Waldbühne e l’Europa Concert. Ma nessun artista è obbligato alla registrazione e se mai ritenesse che la propria resa non è stata all’altezza delle attese, il concerto verrebbe tolto dall’offerta al pubblico, e questo rassicura tutti».

Accanto alla Germania e all’Europa i mercati di riferimento della piattaforma sono Corea e Giappone, seguiti a ruota da Nord e Sud America. La stagione in corso propone da Berlino 36 nuovi concerti corredati di interviste, dietro le quinte e altri contenuti di sicuro interesse per gli abbonati, mentre i social dell’orchestra totalizzano cifre sconosciute nel campo della musica classica. Inoltre, se la diffusione in tutto il mondo di concerti dal vivo resta indubbiamente la finalità principale della piattaforma, «anche gli stessi musicisti – dice Maninger – ne fanno uso: il nostro formidabile archivio, che si arricchisce a un ritmo dieci volte superiore rispetto a quello delle produzioni televisive di un tempo, integra anche molti concerti storici,  tramutandosi in un’eccellente banca dati per i nostri strumentisti, che possono così ritrovare e ristudiare agevolmente brani e passaggi orchestrali, già affrontati con grandi  direttori e grandi solisti del passato».