L’omicidio di Alika Ogorchukwu come ennesimo segnale di un malessere sociale ormai difficile da ignorare per le Marche. Questa sera, alle 21, in piazza XX Settembre a Civitanova, proprio a due passi dal punto in cui l’ambulante nigeriano è stato picchiato a morte dal 32enne Filippo Ferlazzo, si terrà un presidio organizzato da Cgil, Cisl e Uil al quale hanno aderito Pd, Sinistra Italiana, Anpi, Arci, Amnesty International e diversi altri gruppi e associazioni.

Un segnale di vicinanza alla famiglia di Ogorchukwu e alla nutrita comunità nigeriana locale, ma anche un tentativo di far emergere come l’apparente «pax marchigiana» sia finita da un pezzo e in questa regione, storicamente ritenuta tranquilla e benestante, ormai si viva spesso in situazioni di estremo disagio che, talvolta, finiscono per esplodere in episodi violenti.

«La riflessione che vogliamo fare – dice Daniel Taddei della Cgil di Macerata – riguarda soprattutto la società e il modello di sviluppo che stiamo subendo da anni. L’episodio della settimana scorsa è rappresentativo di un male diffuso dettato dall’impossibilità di avere una vita dignitosa».

Il segretario regionale della Cgil Giuseppe Santarelli, dal canto suo, descrive le Marche come «un territorio impoverito in cui aumentano le fragilità sociali e le marginalità. Scendiamo in piazza perché parta una riflessione profonda e generale su quello che accade nella nostra regione».

Il tramonto di interi imperi industriali, la sostanziale chiusura delle zone industriali di Ascoli e di Fabriano, le decine di migliaia di posti di lavoro perduti, il terremoto, lo spopolamento delle aree interne, lo sviluppo disordinato della costa, la chiusura di decine di ospedali: le cronache sociali dalle Marche degli ultimi anni sembrano un bollettino di guerra.

E, in effetti, questi scossoni non raramente vengono accompagnati da tremendi episodi di cronaca nera. Difficile pensare che la morte di Alika sia solo un caso: è più probabilmente l’ennesimo sanguinoso campanello d’allarme.

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«La questione non riguarda solo l’omicidio ma tutto quello che c’è dietro – sostiene l’avvocata Ilaria Narducci, che segue diverse persone della comunità nigeriana –, nelle Marche abbiamo tantissimi problemi di integrazione: dagli uffici pubblici ai posti di lavoro, questi ragazzi ogni giorno perdono qualcosa. Il sindaco ha annunciato che darà 15mila euro alla vittima: ma che significa? Se non è un episodio di razzismo questo gesto non ha senso».

La famiglia, intanto, si fa sentire per bocca del suo avvocato, Francesco Martella, che interviene sul dibattito sulle condizioni psichiche di Ferlazzo: «Se dice di essere affetto da disturbi psichici – dice l’avvocato della moglie di Alika, Francesco Mantella –, c’è da chiedersi se qualcuno avrebbe dovuto fare qualcosa per evitare che queste problematiche poi dessero occasione o lo mettessero nelle condizioni di essere pericoloso per sé e per gli altri. In ogni caso queste valutazioni non intaccano la piena consapevolezza del gesto».

In effetti i quattro minuti che sono serviti per bastonare, atterrare e soffocare Alika sono un tempo troppo ampio per poter ridurre la questione a un «raptus».

Sabato alle 14 è previsto un corteo che dallo stadio, in zona lungomare, arriverà fino al luogo del delitto. Le adesioni stanno arrivando da tutta Italia.
«Osservando da vicino ci rendiamo conto di non essere solo di fronte a un episodio di razzismo – si legge nel comunicato diffuso dal Coordinamento Antirazzista –, questioni di genere, di classe, di salute mentale e di disabilità, unite a idee legate al concetto di razza, formano un’intricata tela di oppressione strutturale che colpisce una certa parte della popolazione».

Nella comunità nigeriana, intanto, si continua a discutere sul da farsi: ogni iniziativa viene ovviamente accolta con favore ma, anche qui, l’obiettivo sembra essere quello di allargare lo sguardo a una situazione difficile in generale, anche al di là del singolo episodio.

Non è un caso, del resto, che quando già sabato mattina c’è stata una prima manifestazione tutta nigeriana sul corso, al sindaco non è stata chiesta solo la solidarietà, ma anche un impegno concreto a risolvere i tantissimi problemi che ogni giorno la comunità si trova ad affrontare.