Indifferenti sulla scena del delitto, la comunità nigeriana vuole giustizia
Inciviltà nova Alika Ogorchukwu, 39 anni, ucciso in pieno centro tra i passanti che filmano ma non intervengono. La città marchigiana è divisa
Inciviltà nova Alika Ogorchukwu, 39 anni, ucciso in pieno centro tra i passanti che filmano ma non intervengono. La città marchigiana è divisa
«We need justice». Abbiamo bisogno di giustizia. È gridando queste parole che la comunità nigeriana del maceratese ieri è scesa in strada a Civitanova Marche, dove venerdì pomeriggio Alika Ogorchukwu, 39 anni, è morto dopo essere stato picchiato da Filippo Claudio Giuseppe Ferlazzo in pieno centro, davanti a tanti testimoni che hanno ripreso la scena senza però intervenire.
Una cinquantina di persone guidata dal pastore evangelico Amen Richwarrant ha fermato il traffico, in mano dei cartelli con le immagini del pestaggio e la foto della vittima. Tra loro c’era anche Charity Oriaki, la vedova di Ogorchkwu, che a un certo punto si è accasciata a terra in lacrime.
A placare gli animi è poi arrivato il sindaco Fabrizio Ciarapica, che ha promesso vicinanza e impegno a non lasciar cadere la vicenda nel vuoto.
Sul luogo del delitto qualcuno ha deposto mazzi di fiori. Su uno c’è una dedica: «Mi vergogno per chi ti ha fatto questo levandoti la vita, per chi ti ha filmato mentre venivi massacrato».
CIVITANOVA, IL GIORNO dopo l’omicidio, è attonita, il tempo sembra scorrere più lentamente del solito: il traffico è quello di sempre e i turisti hanno affollato le spiagge in mattinata e si sono ritirati già nel primo pomeriggio, quando un acquazzone si è abbattuto sulla città, ma sulle panchine e nei bar non si parla che di quello che è accaduto a Alika.
Anzi, di quello che è accaduto alla città, perché dopo l’omicidio di Emmanuel Chidi Namdi (luglio 2016) e l’attentato di Luca Traini (febbraio 2018), siamo all’ennesimo caso simile.
Nella notte tra venerdì e sabato, poi, nella vicina Recanati, un giovane marocchino è stato accoltellato a più riprese da un 47enne del posto. A evitare il peggio ci ha pensato un barista, che prima ha sedato lo scontro e poi ha chiamato i carabinieri.
A CIVITANOVA la divisione è tra chi pensa che, invece di filmare l’omicidio, qualcuno dei presenti poteva pure intervenire per fermare l’aggressione e chi invece sostiene che in certi momenti sia difficile capire cosa fare e che la paura sia un atteggiamento naturale. Nel dibattito, però, a scomparire è la vittima: i pensieri che si fanno sembrano più utili a cercare di scacciare i sensi di colpa che a cercare di capire davvero come e perché una cosa del genere sia potuta succedere.
INTANTO, AL commissariato di polizia, il vicequestore Matteo Luconi fa il punto insieme ai cronisti: «È stato un omicidio commesso per futili motivi. C’è stato un comportamento insistente da parte della vittima per ottenere l’elemosina della coppia, non ci sono state avance (come in un primo momento aveva detto l’aggressore) ma c’è stata una reazione abnorme».
Ferlazzo è in stato di arresto e si trova nel carcere di Montacuto (Ancona), accusato di omicidio volontario e rapina (ha rubato il cellulare alla vittima).
I video registrati dai testimoni e quelli del circuito di videosorveglianza del centro di Civitanova non lasciano molti dubbi sulla dinamica del delitto: dopo l’avvicinamento della coppia («Bella, comprami i fazzoletti o dammi un euro», avrebbe detto la vittima), Ferlazzo ha cominciato a colpire Alika Ogorchukwu con violenza, l’ha scaraventato a terra, gli si è buttato addosso, l’ha colpito anche con la sua stessa stampella e poi l’ha finito schiacciandogli la testa sul marciapiede. Il tutto sarebbe durato quattro minuti.
La fidanzata dell’uomo non era presente al momento dell’aggressione e, stando così i fatti, per il momento gli investigatori escludono il movente razziale.
L’avvocata di Ferlazzo, Roberta Bizzarri, fatica a trovare le parole per descrivere la situazione: «Lui è addolorato, non si capacita e chiede scusa per quello che ha fatto».
Ferlazzo, a quanto è trapelato, avrebbe dei problemi di natura psichiatrica, è sottoposto ad amministrazione di sostegno e di mestiere fa l’operaio in una fonderia di Civitanova. «Chiederemo certamente una perizia psichiatrica», taglia corto Bizzarri.
Domani è prevista l’udienza di convalida dell’arresto, nei giorni successivi poi verrà eseguita l’autopsia sul corpo della vittima. Il sentiero giudiziario, per il resto, appare già tracciato, nella sua tragica semplicità.
ALIKA OGORCHUKWU lascia una moglie e un figlio di otto anni. Chi lo conosceva, o anche solo era abituato a incontrarlo per le strade di Civitanova o di Macerata, lo ricorda come una persona piuttosto mite e gentile: si guadagnava da vivere vendendo fazzoletti, accendini e altri oggetti di uso comune, talvolta chiedeva dell’elemosina.
QUALCHE MESE FA, mentre era in bicicletta, era stato messo sotto dalla macchina guidata da un ubriaco: aveva preso i soldi dell’assicurazione e si preparava a fare da parte civile al processo.
Da allora Alika era costretto ad andare in giro accompagnandosi con un bastone. Da San Severino, la cittadina dove viveva insieme alla sua famiglia, era solito spostarsi verso Macerata nei giorni di mercato e, soprattutto d’estate, verso Civitanova, per intercettare la gran quantità di turisti che la affolla.
Una vita andata avanti così, fino al giorno sbagliato in cui sulla sua strada ha incontrato l’uomo che l’ha ucciso.
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