Il giorno dopo la notizia che la Corte costituzionale albanese ha messo in standby l’intesa Meloni-Rama, l’udienza sarà il 18 gennaio ma i giudici avranno tempo per decidere fino al 6 marzo, le forze politiche della maggioranza vanno in ordine sparso. Si moltiplicano gli interventi di Fratelli d’Italia, mentre tace la Lega. Segno che la scommessa è tutta meloniana e probabilmente a Salvini non dispiacerebbe naufragasse prima di partire, a pochi mesi da elezioni europee in cui sul tema immigrazione si gioca una sfida tutta interna al governo.

Per Forza Italia parla soltanto il vicepremier e ministro degli Esteri Antonio Tajani, preso tra due fuochi: per il suo ruolo avrebbe dovuto essere a conoscenza del lavoro sotto traccia della premier, ma probabilmente ne ha avuto contezza a giochi fatti. «Una questione di tipo giuridico, che si risolverà in tempi abbastanza rapidi. Non sono preoccupato», taglia corto Tajani. A sostegno della «tranquillità» espressa dal governo italiano il ministro degli Interni albanese Taulant Balla, secondo il quale «il governo albanese ha il diritto di negoziare tali accordi per conto della repubblica d’Albania. L’accordo è basato sulla Costituzione».

Intanto, però, nuovi dubbi sul fronte italiano dell’intesa sono espressi dalle toghe progressiste della corrente Area. «Coloro che, per un destino inesorabile, finiranno nei centri di detenzione dell’Albania saranno esposti, oltre alla privazione della libertà personale, anche al rischio concreto di violazione di diritti fondamentali riconosciuti da tutte le Carte dei diritti fondamentali, delle Nazioni Unite, del Consiglio d’Europa, dell’Ue e non ultima dalla nostra Costituzione che certamente resterà a vigilare su queste persone anche fuori dal territorio nazionale», affermano Coordinamento nazionale e Gruppo immigrazione di Area.

«Le procedure previste nell’accordo sembrano assolutamente impraticabili», afferma invece Cristopher Hein, professore di Diritto e politiche di migrazione e asilo dell’università Luiss di Roma. Secondo il docente il protocollo solleva grandi perplessità giuridiche, sopratttto delle normative italiana e Ue, e logisitiche. «Operare distinzioni in base alla minore età, alla nazionalità, all’appartenenza a un gruppo vulnerabile, alla nazionalità o alla provenienti da Stati di origine si sicuri. Tutto questo si può fare in alto mare, facendo poi rotta verso un porto albanese?», afferma.

Ieri L’Espresso ha poi rivelato un documento la relazione tecnica sul progetto curata dalla ragioneria generale dello Stato. Dal documento si evincono le condizioni disastrose in cui si trovano le strutture che dovranno essere trasformate in hotspot, centro di trattenimento e Cpr. Tradotto: serviranno molti più soldi di quanto dichiara il governo. La scorsa settimana Tajani aveva ribadito che costerà meno di 200 milioni. Secondo la ricostruzione del settimanale in cinque anni ne serviranno oltre 300, in linea con i numeri anticipati dal manifesto lo scorso 2 dicembre dopo la visione di un altro documento riservato. Quando i numeri non coincidono è perché continuano a essere ritoccati al rialzo. Per il governo non è un buon auspicio.