Nuove tecnologie vecchia Silicon Valley
A una delle più grandi fiere della tecnologia al mondo, la Ces (Consumer Electronics Show) di Las Vegas, conclusasi il 12 gennaio, a fare la parte del leone sono stati gli headset (i visori) e altri hardware per la realtà virtuale, e gli occhiali per la realtà aumentata. Da quelli proibitivi, ma al vertice dello sviluppo tecnologico, annunciati negli stessi giorni da Apple, che non partecipava al Ces, i Vision Pro (quasi 3.500 dollari), a quelli offerti anche a prezzi più accessibili da un gran numero di compagnie tech – fino a Netflix che ha mostrato una preview di uno show fruibile con i visori da realtà virtuale: 3 Body Problem.
Il cosiddetto metaverso però è molto lontano dal diventare quella realtà integrata in cui confluiscono dai videogiochi agli spettacoli dal vivo immaginata da Ready Player One di Steven Spielberg, che pure ne coglie l’aspetto essenziale di mondo controllato da compagnie bramose di guadagnare sempre di più. Prime fra tutte Meta (la casa madre di Facebook), che lo ha perfino “brandizzato”. Ma l’idea di metaverso su cui Mark Zuckerberg ha puntato gran parte del futuro della sua azienda già da tempo si è rivelata fallimentare, con gli investimenti nella Silicon Valley che dal debutto di Chat Gpt, poco più di un anno fa, piovono tutti in direzione dell’intelligenza artificiale generativa. Come scrive Wired «nel tempo trascorso dal rebrand di Facebook, il concetto di “metaverso” è stato un potente veicolo per riconfezionare vecchie tecnologie e per catturare l’immaginazione di ipotetici investitori». Ma la perdita di soldi è stata notevole: «La stessa Meta ha perso 13.7 miliardi nel 2022, e poi ha passato la prima metà del 2023 a licenziare oltre 10.000 dipendenti». E anche il 2023 si è chiuso in perdita: solo nei primi 9 mesi la divisione incaricata di sviluppare il metaverso aveva già bruciato 11.5 miliardi. E non va dimenticato il perché del rebranding di Meta, all’indomani dei cosiddetti Facebook Papers dovuti alle rivelazioni della whistleblower Frances Haugen, che hanno gettato una luce sul ruolo della compagnia nel dilagare di disinformazione, discorsi d’odio, teorie del complotto. Oltre alla «complicità» indiretta in eventi devastanti come il genocidio dei rohingya in Myanmar. Non ultimo, l’effetto negativo sulla salute mentale degli utenti più giovani, richiamato perfino dal surgeon general degli Stati uniti.
In questo contesto si inserisce l’episodio dello stupro di gruppo sul metaverso – su un videogioco che non è stato reso pubblico dalle forze dell’ordine – ai danni di una ragazza inglese di meno di sedici anni. Stupro che ha innescato un dibattito antico e al contempo nuovo – con l’evolvere dell’immersività della tecnologia – sul rapporto tra realtà virtuale e fisica, e sull’opportunità di perseguire penalmente gli stupratori. «Questa bambina ha fatto esperienza di un trauma psicologico simile a quello provato da una persona che è stata stuprata fisicamente», ha detto al Daily Mail un ufficiale di polizia coinvolto nelle indagini.
La notizia non giunge del tutto inattesa: da tempo si discute dei rischi per i minorenni sulle piattaforme di realtà virtuale. Per restare in Inghilterra la Middlesex University London lo scorso dicembre ha pubblicato una ricerca sui pericoli per i più giovani nel metaverso: il 66% dei ragazzi che ha partecipato allo studio, per esempio, ha detto che degli sconosciuti hanno chiesto le loro foto – mentre molteplici report e studi mettono in guardia dell’esposizione allo stesso genere di violenza che si incontra sui social: molestie, insulti omofobi, razzismo… A marzo 2023 due senatori democratici Usa hanno scritto a Zuckerberg per chiedergli di ripensare il progetto di aprire l’accesso alla piattaforma Vr di Meta – Horizon Worlds – ai ragazzi fra i 13 e i 17 anni. Invito caduto nel nulla insieme alla lezione del passato: i minori possono accedere a Horizon già da un mese dopo l’appello.
Il pericolo però è anche uno ancora più antico: il panico morale sempre pronto a scatenarsi su videogiochi e altre forme di intrattenimento «violente» confondendo i “contenuti” con la reale violenza della Silicon Valley, il cui motto rimane sempre lo stesso: move fast, break things.
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