Il clamore scema, ma la guerra infuria. Negli ultimi giorni si stanno verificando in territorio ucraino diversi movimenti di truppe, da un lato e dall’altro: la Russia continua a cercare di riprendere l’iniziativa, attaccando da almeno un paio di settimane il saliente di Avdiivka e portando avanti alcune limitate offensive nei lungo la linea del fronte nella zona di Donetsk, senza rinunciare agli strike aerei su numerose città; l’esercito di Kiev sembrerebbe aver registrato alcuni avanzamenti intorno a Bakhmut mentre prosegue la controffensiva nell’oblast di Zaporizhia, così come proseguono le operazioni con droni al di là del confine e i tentativi di mettere sotto pressione le forze occupanti nella penisola di Crimea.

AD AVDIIVKA IN PARTICOLARE la situazione per la popolazione civile pare essere molto dura: «Volano missili a ogni ora del giorno e della notte, tutti hanno paura», racconta un residente intervistato dalla Bbc. Le evacuazioni procedono, ma non sempre è possibile portarle a termine con rapidità. Inoltre, la tensione si estende a tutta la linea del fronte nei dintorni di Donetsk: ieri il Ministero per la reintegrazione dei territori occupati ha annunciato l’ordine di trasferire circa 250 minori da otto dei villaggi potenzialmente sotto attacco verso una zona più sicura dove potranno ricevere assistenza (41 di questi dovrebbero già essere stati presi in carico).

D’altro canto, almeno per ora, è difficile considerare le iniziative russe come un successo. Incrociando i dati disponibili e le testimonianze dei blogger militari, l’Institute for the Study of War afferma per esempio che «non ci sono stati significativi cambiamenti» rispetto al terreno conquistato e che anzi l’esercito di Mosca sta continuando a spostare uomini su quel fronte nonostante finora «abbiano subito ingenti perdite», sia in termini di personale che di mezzi.

Vari analisti parlano di una «nuova Bakhmut», con riferimento alla battaglia dell’agosto dell’anno scorso che è costata tantissime vite ma che possedeva un valore quasi esclusivamente simbolico e scarsamente strategico.

Ieri, inoltre, Zelensky ha dichiarato che «la flotta militare russa non è più in grado di operare nella parte occidentale del Mar Nero e sta gradualmente abbandonando la Crimea». Si tratterebbe del frutto dei ripetuti attacchi condotti dall’esercito ucraino nella penisola occupata durante le ultime settimane, che hanno visto il danneggiamento della base di Sebastopoli fra i risultati più significativi.

«PER I TERRORISTI RUSSI non esiste più una base sicura né una via logistica completamente affidabile in Crimea e nelle zone occupate delle coste del Mar Nero e di Azov», ha aggiunto il presidente ucraino parlando anche della volontà di aprire i negoziati di adesione all’Unione Europea entro la fine dell’anno.

Kiev mostra insomma sicurezza e ottimismo (anche i sondaggi riportano come il 90% della popolazione si dica convinta di una vittoria contro l’invasore) e appare desiderosa di acquisire un ruolo di primo piano negli assetti regionali che si produrranno al termine della guerra.

Allo stesso tempo, però, altri segnali indicano che la Russia non è nelle condizioni di cedere a breve. Stando alle parole di Andrii Yusov, rappresentante dell’intelligence della difesa ucraina, Mosca avrebbe a sua disposizione nei territori temporaneamente occupati oltre 400mila uomini che le permetteranno di «provare a condurre operazioni offensive in diverse aree, anche se è fuori questione uno scenario simile a quello d’inizio invasione». A questo si aggiungono le previsioni di alcuni esperti militari, tra cui il già citato Institute for the Study of War o il capo dell’intelligence di difesa estone Ants Kiviselg, per cui grazie anche agli aiuti provenienti dalla Corea del Nord l’esercito di Putin non dovrebbe esaurire le munizioni d’artiglieria per tutto il 2024, sebbene sarà verosimilmente costretto a mantenere una più bassa intensità di fuoco.

È POI NOTIZIA DI IERI, secondo un’inchiesta del sito indipendente IStories, che in Russia è stato annunciato il reclutamento di persone di sesso femminile da impiegare nel conflitto in Ucraina come cecchini e operatrici di droni, da inquadrare nella compagnia privata Redut.

Sul campo, dunque, gli sviluppi sembrano lenti e faticosi. Certo in questo momento il «mondo attorno all’Ucraina» sta cambiando in maniera veloce e imprevedibile: Erdogan pare in procinto di ratificare finalmente l’ingresso della Svezia nella Nato, si inseguono preoccupazioni per un conflitto fra Armenia e Azerbaijan, dato anche il mutato ruolo della Russia nell’area e il maggiore coinvolgimento europeo, mentre la crisi a Gaza potrebbe mettere in discussione diversi equilibri, non da ultimi quelli relativi agli aiuti militari statunitensi.

La linea del fronte si allunga sempre più.