I ministeri dell’Ambiente e della Sicurezza energetica (Mase) e delle Infrastrutture e dei Trasporti (Mit) hanno inviato alla Commissione europea il testo definitivo del Piano nazionale integrato energia e clima (Pniec).

Ieri si è così tornati a parlare di nucleare, uno degli elementi più controversi, dato che il Paese ha rifiutato l’atomo in ben due occasioni, con i referendum del 1987 e del 2011. La retorica, però, parla oggi di una «transizione giusta e graduale» (Vannia Gava, viceministra al Mase), che non potrebbe prescindere dall’investimento sul nucleare, fino a coprire nel 2050 tra l’11e il 22% della richiesta nazionale.

Si tratta di ben poca cosa rispetto agli obiettivi sulle rinnovabili (solare, eolico, idroelettrico), dove si punta a installare 131 gigawatt al 2030, ma è la prima volta che nel «mix» si affacciano nuove centrali nucleari e questo renderebbe il Piano «totalmente irrazionale» e «non in linea con una strategia di rapida decarbonizzazione, senza voler considerare i rilevanti rischi ambientali connessi e la bassissima accettabilità sociale», commentano Greenpeace Italia, Kyoto Club, Legambiente, Transport&Environment e Wwf Italia.

Pichetto Fratin, ministro dell’Ambiente, vorrebbe apparire pragmatico e parla di nucleare come di «futuro possibile», anche se disegna scenari alla metà del secolo. Parla di «uno strumento programmatorio che traccia con grande pragmatismo la nostra strada energetica e climatica, superando approcci velleitari del passato». E di un Piano che «si concentra sulle grandi opportunità derivanti dallo sviluppo di tutte le fonti, senza preclusioni».

Tra i limiti del Pniec non c’è solo il nucleare, dato che s’immagina di investire su gas, biocarburanti e sulla controversa cattura e stoccaggio della CO2, tecnologia ferma al palo da vent’anni.

Per il 5S Sergio Costa, vicepresidente della Camera, «il Pniec inviato a Bruxelles basa la transizione energetica su una fantasia: tale appare infatti oggi il nucleare.

La crisi climatica è in atto, ma questo governo sembra non rendersene conto». Costa, che è stato ministro dell’Ambiente, aggiunge che con il Piano «si rinuncia a costruire oggi le condizioni per una transizione a vantaggio di imprese, famiglie e cittadini mentre si assecondano come sempre gli interessi delle industrie fossili e del nucleare».