Wimbledon senza tennisti russi, la polemica non si placa. E non era difficile preventivare una reazione, anche mediatica, così estesa alla scelta politica dell’All England Club, il comitato organizzatore del torneo londinese, di escludere dal tabellone la delegazione russa e bielorussa a causa dell’invasione in Ucraina. Il bando tocca 17 atleti, tra cui il numero due al mondo nel maschile e tra i favoriti per il successo, Daniil Medvedev.
Una decisione «folle», secondo il numero uno al mondo Novak Djokovic, secondo cui l’osmosi tra politica e sport non è mai buona e gli atleti non c’entrano nulla con la guerra. E anche in questo caso era una reazione prevedibile, una rigida politica sul Covid-19 ha tenuto lontano il campione serbo dall’Australian Open a gennaio, torneo riservato dagli organizzatori ai soli vaccinati. Djokovic era, è rimasto noVax e dopo una sceneggiata piuttosto lunga, la detenzione in un centro per rifugiati e un processo lampo, si è ritrovato sul volo da Melbourne a Belgrado. Ora la linea dura tocca Medvedev e gli altri russi, loro malgrado.

CERTO, non occorreva leggere il comunicato ufficiale dell’All England Club per intercettare il peso del governo Johnson, così vicino all’Ucraina in queste settimane, nella scelta del bando ai tennisti russi per l’invasione in Ucraina. Il primo ministro britannico spingeva da settimane per il divieto. Non era accettabile l’ipotesi della sfilata glamour di un russo sul campo centrale di Wimbledon, il giardino di Sua Maestà, il vanto inglese nel mondo, con il trofeo nelle mani e il microfono condiviso con un membro della famiglia reale. Neppure la Regina Elisabetta era entusiasta all’idea e il rischio c’era, eccome, Medvedev oscilla tra la prima e la seconda posizione mondiale. E ci sono anche altri russi, così come in campo femminile, che potevano centrare la vittoria. E quindi, nessuno sconto, anche se tra i russi c’è Rublev, numero otto mondiale, tra i pochi sportivi a schierarsi contro l’invasione putiniana, mentre Medvedev si è limitato a invocare la pace. Più volte è stato stimolato a esprimersi, non è mai arrivata l’esplicita condanna all’invasione ucraina voluta dal presidente russo.

Certo, non occorreva leggere il comunicato ufficiale dell’All England Club per intercettare il peso del governo Johnson, così vicino all’Ucraina in queste settimane, nella scelta del bando ai tennisti russi per l’invasione in Ucraina.

IL BANDO ai russi rischia di creare un big bang politico e sportivo. Il Cremlino ovviamente si è subito risentito, definendo folle l’esclusione dei tennisti russi dal torneo più importante al mondo. E si sono risentite, minacciando anche un’azione legale potenzialmente milionaria, sia l’Atp, il circuito professionistico maschile e quello femminile, la Wta, che dal via alla guerra consentono la partecipazione di russi e bielorussi ai tornei, sotto bandiera neutrale e senza inno nazionale. Entrambe in sostanza sono state depotenziate dal duo comitato organizzatore- Boris Johnson, con l’appoggio della Royal Family. Tra l’altro, l’All England Club su inviti agli atleti e l’organizzazione di Wimbledon dispone di un potere assoluto, mostrato in passato imponendo la tenuta in bianco ai tennisti, assai criticata in passato da assi come Andre Agassi.

DUNQUE, nessun ripensamento in casa Wimbledon, l’ucraina Elina Svitolina ha proposto una deroga per chi pubblicamente è pronto a dissociarsi, con una netta condanna al Cremlino. La strada è piuttosto stretta e le contraddizioni non mancano: il Roland Garros, la seconda prova del Grand Slam che precede il torneo londinese sull’erba di qualche settimana, accoglierà i tennisti russi e bielorussi ed è stato molto critico con il bando inglese ai russi. Una posizione condivisa anche dall’organizzazione degli Internazionali d’Italia, che si terranno a breve al Foro Italico.