Notte di missili a Kiev, centrato un grattacielo
Crisi ucraina Tre le vittime. Paura e spaesamento tra i sopravvissuti
Crisi ucraina Tre le vittime. Paura e spaesamento tra i sopravvissuti
Molti tra gli abitanti di Kyiv la notte tra il 23 e il 24 giugno l’hanno passata nei bagni dei loro appartamenti, seguendo la famosa «regola delle due mura». È infatti il bagno il più delle volte il luogo più sicuro. Le sirene si sono attivate e rientrate due volte, i canali Telegram hanno annunciato prima il decollo di uno o più MIG-31 russi, poi l’entrata di missili sul territorio ucraino dal Mar Nero. Alcuni razzi sorvolano Mykolaiv. Poi il silenzio. E poi le prime immagini amatoriali del 17mo piano di un palazzo in fiamme.
Verso le 7 del mattino la gente del quartiere di Solomyanskyi, a un chilometro dalla stazione centrale, si è riversata nelle strade.
I vigili del fuoco e alcuni soccorritori siedono stremati sul marciapiede. Le strade, il parcheggio, le macchine, tutto, ogni cosa totalmente ricoperta da quelli che erano gli appartamenti dei tre piani coinvolti. Il missile è entrato e li ha scaraventati fuori, facendo piovere polverizzati gli oggetti e le persone che vi erano dentro. Nel parcheggio centinaia di macchine ammaccate, tra le quali si aggirano i poliziotti e gli assicuratori che hanno un gran da fare nel raccogliere le denunce dei proprietari. Le auto vengo sigillate con teli e scotch per evitare ulteriori danni agli interni.
Un camioncino militare degli anni 70 aspetta nel parcheggio del retro del palazzo, le porte si aprono e tre infermieri gli vanno incontro con una barella, uno di loro, trattenendo il vomito con disinvoltura, chiude il telo che nasconde una delle tre vittime accertate. Le altre sono invece identificate con piccoli cartelli gialli numerati che ne identificano i brandelli. Il numero 40 si trova a un centinaio di metri dall’edificio colpito.
Gli inquilini si aggirano tra le macerie in ciabatte e pigiama. Nicolai e Katy vivono al quinto piano, erano in bagno al momento dell’impatto, hanno pensato che il palazzo sarebbe crollato su di loro. Sono scesi con i gatti che hanno affidato alla sorella, non sanno ancora quando potranno tornare a vivere nel palazzo. Sono originari di Kherson, ma la ditta dove lavorano li ha mandati a Kiev per lavorare in remoto, al sicuro. Vadim era anche lui al riparo con sua moglie, nel palazzo di fronte, i cui vetri sono esplosi, lei è andata a lavoro, lui non lavora nel week end. «Ho bevuto una birra a colazione», confessa.
C’è una grande attività da parte di chi, con grande tempismo, ha saputo rispondere all’emergenza, in questo giorno che apre una nuova fase del conflitto, totalmente sconosciuta. E che a giudicare dagli sguardi di chi affolla questo parcheggio, non sembra essere rassicurante.
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