«Non vogliamo più contare morti nel Mediterraneo»
Lampedusa, sei anni dopo la strage del 2013 Ricordate le 368 vittime del naufragio: «Dobbiamo poter dire mai più»
Lampedusa, sei anni dopo la strage del 2013 Ricordate le 368 vittime del naufragio: «Dobbiamo poter dire mai più»
«Ogni anno torniamo a Lampedusa, perché i nostri cari sono morti qui. Ma non vogliamo contare ancora altri morti nel Mediterraneo». Adal è un sopravvissuto. Ma nel mare di Lampedusa ha perso il fratello, eritreo come gran parte dei 368 uomini, donne e bambini annegati nel naufragio del 3 ottobre 2013. Pronuncia queste parole alla Porta d’Europa, opera dello scultore Mimmo Paladino per tutti i migranti morti nel Mediterraneo, davanti ad un migliaio di studenti e cittadini lampedusani, al termine della marcia della sesta Giornata della memoria e dell’accoglienza, promossa dal comitato 3 ottobre.
Insieme a lui, altri superstiti di quella notte (si salvarono in 155) e alcuni genitori, fratelli e sorelle di chi invece non c’è più. Vengono a Lampedusa per ricordare i loro parenti, ma anche per parlare con gli studenti e sognare, tutti insieme, un Mediterraneo aperto e un’Europa senza muri.
LA GIORNATA comincia quando ancora è buio. Alle 3.30, ora del naufragio, in piazza Piave viene inaugurato il memoriale «Nuova speranza», che riporta i nomi di tutte le vittime del 3 ottobre. Un’iniziativa voluta da Vito Fiorino, uno dei primi soccorritori in mare insieme ad alcuni pescatori, che per tutta la giornata lascia chiusa la sua gelateria nel centro di Lampedusa con un cartello eloquente: «Chiusi per lutto. L’indifferenza di quella notte ha fatto sì che per 368 anime l’alba non sia mai arrivata. Avvistati, ma mai soccorsi».
Alle 9, in piazza Castello, si radunano gli studenti: oltre duecento arrivati da 40 scuole italiane e 20 europee, che per tutta la settimana hanno partecipato alle attività promosse dal comitato 3 ottobre, più tutti quelli delle scuole dell’isola, dalle elementari alle superiori. Poi cittadini lampedusani, qualche turista, operatori e volontari delle ong e delle associazioni. Moltissimi indossano due magliette. Quella del comitato 3 ottobre, «Protect people not borders». E una bianca, con un salvagente legato ad un filo che compone la scritta «Io sono pescatore».
Perché, dice dal palco il sindaco di Lampedusa Totò Martello, «il codice dei pescatori non chiede i documenti o verifica il colore della pelle prima di salvare le persone in mare, sebbene il precedente governo ha voluto una legge contro chi salva le vite. Ma Lampedusa continuerà a salvare e accogliere, non possiamo cambiare la nostra ragione sociale di isola al centro del Mediterraneo, anche se spesso ci sentiamo abbandonati dall’Italia e dall’Europa».
IL GOVERNO mantiene un basso profilo, ma quest’anno, a differenza del 2018, è presente, con Peppe De Cristofaro, sottosegretario all’Istruzione, che ha annunciato il sostegno al progetto del comitato 3 ottobre anche per il 2020. «A partire dalla scuola, dobbiamo lavorare per ribaltare il paradigma: l’immigrazione non è un problema ma una risorsa. Intanto, in attesa che l’Europa cambi, noi non possiamo chiudere porte e porti o innalzare muri», dice De Cristofaro, che rilancia lo Ius culturae: «Dare la cittadinanza italiana alle ragazze e ai ragazzi che studiano nelle nostre scuole».
IL CORTEO si muove dietro lo striscione «Siamo sulla stessa barca», portato dai sopravvissuti del 3 ottobre, e raggiunge la collina sul mare dove c’è la Porta d’Europa. I parenti delle vittime ricordano i loro cari. Una donna che nel naufragio ha visto morire i suoi due bambini si allontana e prega. Gli studenti si siedono sulle rocce rivolti verso il mare.
«Non possiamo permettere che il Mediterraneo, culla di civiltà, sia ricordato come cimitero», dice Martello. «Dobbiamo poter dire presto mai più», fa eco De Cristofaro. «Oggi vogliamo ricordare tutte le vittime invisibili e lanciare un messaggio all’Europa: gli Stati parlino fra loro, come hanno fatto gli studenti europei in questi giorni», aggiunge Tareke Brhane, presidente del comitato 3 ottobre. Poi gli studenti salgono sui pescherecci che vanno verso il largo dove, da una motovedetta della Guarda costiera, i sopravvissuti depongono in mare un cuscino di fiori, per i 368 inghiottiti dal mare.
IN SERATA, nel santuario della Madonna di Porto Salvo, la commemorazione ecumenica. Ci sono i cattolici (con il cardinal Francesco Montenegro, arcivescovo di Agrigento, e don Carmelo La Magra, parroco di Lampedusa), gli evangelici e i valdesi, che a Lampedusa hanno un avamposto di Mediterranean Hope e che, insieme alle ong Open Arms e Sea Watch, lanciano la campagna «La giusta rotta» (questa sera alle 21 presentata da uno spettacolo di Davide Enia, L’abisso, sempre al santuario) che ha tre obiettivi: diritto al soccorso in mare («perché salvare vite non può essere reato»), un corridoio umanitario dalla Libia verso l’Europa e la ricollocazione europea dei migranti.
I consigli di mema
Gli articoli dall'Archivio per approfondire questo argomento