Il continente africano ospiterà, dal 6 al 18 novembre in Egitto, la 27esima Conferenza delle parti della Convenzione Onu sui cambiamenti climatici, mentre ormai il 40% della popolazione mondiale vive in luoghi molto sensibili all’emergenza in corso.

SPONSOR UFFICIALE della Cop27 sarà anche la multinazionale Coca Cola: un emblema del superfluo che inquina, per il contenuto zuccheroso e il contenitore, 120 miliardi annui solo le bottiglie di plastica, ottenute con combustibili fossili. «Così si rafforzano sia la crisi climatica che quella dei rifiuti», ha dichiarato la campagna Oceani di Greenpeace.
Intanto, alla vigilia, il Programma delle Nazioni unite per l’ambiente (Unep) torna ad avvertire: «La finestra per un’azione climatica efficace si sta rapidamente chiudendo». E una recente ricerca pubblicata su Science ha fatto il punto analizzando 200 articoli a partire dal 2008: identificati 16 eventi critici, punti di non ritorno che potrebbero verificarsi se le temperature continueranno a salire. Già contenere l’aumento entro 1,5° (ritenuti «preferibili» rispetto all’obiettivo minimo di 2°, secondo gli accordi di Parigi del 2015) non basterà mettere in salvo il pianeta. Andare oltre, poi, è suicida.

COMUNQUE IL GOVERNO del paese ospite della Cop27, al tempo stesso esportatore di combustibili fossili e vulnerabile sul piano climatico, si pone come campione degli interessi del continente. Sarà così?

«SEBBENE I PAESI AFRICANI contribuiscano solo al 4% delle emissioni globali, le previsioni dimostrano che entro il 2030 saranno 118 milioni gli africani a soffrire di grave siccità, inondazioni massicce e caldo estremo», ricorda un approfondimento su Atlante delle guerre. Nei mesi scorsi, pesanti alluvioni hanno distrutto case e campi in Nigeria, Camerun, Niger e Ciad. Nel Corno d’Africa una delle peggiori siccità degli ultimi decenni ha aggravato la crisi alimentare. Eppure, malgrado queste urgenze evidenti, i negoziati internazionali saranno probabilmente dominati dai problemi e dalle preoccupazioni di altre parti del mondo.

L’EUROPA DARA’ PRIORITA’ alla sua sicurezza energetica, con mezzi fossili, una versione curiosa della «transizione ecologica», alla faccia del clima che può aspettare, è la regola di ferro. Prima della crisi del gas russo, parevano archiviati i finanziamenti del Nord – e della Banca mondiale – ai progetti per lo sfruttamento di combustibili fossili sul suolo africano.

L’ATTUALE URGENZA di trovare altri fornitori senza intaccare gli stili di vita del Nord ha portato l’Europa a tornare in Africa e a firmare intese per approvvigionarsi altrimenti. Un aspetto centrale alla Cop27 riguarda la scarsità dell’impegno finanziario per gli sforzi dei paesi africani nell’adattamento climatico. Le promesse sono lontane dalle necessità, e ancor più i fatti. L’Africa riceve solo il 3% del finanziamento globale sul clima, mentre perde ogni anno circa 7-15 miliardi di dollari per un caos storicamente creato da altre zone del mondo.

DI FRONTE A QUESTA INGIUSTIZIA climatica e a quella socioeconomica globale, i paesi africani rivendicano più risorse ma anche la possibilità di sfruttare i propri giacimenti per il «benessere socioeconomico delle popolazioni, come ha fatto l’Occidente», secondo le dichiarazioni del presidente dell’Unione africana e del ministro degli idrocarburi della Repubblica democratica del Congo.

SI PREANNUNCIA UN ALTRO fronte, spesso negletto alle conferenza sul clima: la trasformazione dei sistemi alimentari, come ha ricordato Olivier de Schutter, già special rapporteur Onu per il diritto al cibo. Ma quale sarà la direzione?