Internazionale

Non è più una crisi interna, torna il «patio trasero» Usa

Non è più una crisi interna, torna il «patio trasero» UsaCaracas, manifestazione ieri pro-Maduro a Miraflores – Afp

Attacco al Venezuela Washington contro la «soluzione negoziata». Se non riescono a fuggire, sia Guaidó che il padrino politico López, saranno arrestati. I paesi ostili del Gruppo di Lima si sono detti contrari a un intervento armato contro Caracas

Pubblicato più di 5 anni faEdizione del 1 maggio 2019

«È l’ora» di un golpe contro il presidente costituzionale Nicolás Maduro. Il messaggio inviato ieri da Juan Guaidó proveniva direttamente da Washington, dai falchi dell’Amministrazione Trump che subito hanno chiamato all’insurrezione popolare. Entrambi i messaggi hanno fallito il loro scopo. Non vi è stato golpe, né insurrezione popolare, né spaccatura delle forze armate bolivariane.

NON PER QUESTO, però, è stata sconfitta la linea dei falchi di Washington. I quali hanno «bruciato» Guaidó per passare a un nuovo livello della loro strategia ormai chiara da settimane: abbattere il governo bolivariano di Maduro. Di soluzione negoziata della crisi venezuelana nemmeno parlarne, aveva dichiarato a Foreign Policy l’ammiraglio Craig Faller, capo del Comando Sud degli Usa, il quale ha fissato come data limite «la fine dell’anno» per un intervento militare, naturalmente per «difendere la democrazia e i diritti umani» in Venezuela.

SONO PASSATI ormai tre mesi da quando, il 23 gennaio, Juan Guaidó , fino allora un deputato dell’Assemblea nazionale (Parlamento) sconosciuto ai più, si era autoproclamato presidente ad interim. In questo lasso di tempo la situazione in Venezuela, se non fosse pericolosa e drammatica, potrebbe essere descritta come surreale. Nonostante le pressioni internazionali di Trump che hanno portato al riconoscimento di Guaidó da parte di 50 nazioni , e nonostante le durissime sanzioni economiche, finanziarie e commerciali degli Usa che stanno strangolando l’economia del Venezuela e gli attacchi cibernetici e informatici, il presidente costituzionale Maduro ha continuato a governare in pieno possesso degli attributi fondamentali dell’esercizio del potere, dal controllo dell’esecutivo e dell’amministrazione pubblica al comando delle Forze armate.

DA MESI il conflitto in corso i n Venezuela ha perso la sua condizione di «problema interno», ma è debordato e investe tutta l’America latina. Il presidente Trump ha rispolverato la dottrina Monroe e vuole riprendere il dominio del «patio trasero» – cortile di casa – degli Stati uniti e «abbattere i l socialismo» in Venezuela, come pure a Cuba e in Nicaragua. Le classi dominanti locali tentano di seppellire tutte le richieste popolari che sono emerse nella regione nella decade precedente, quando la cosidetta «marea rosa» aveva conquistato i principali paesi dell’America latina.

ANCHE A QUESTO livello, nonostante l’impegno diretto del segretario dell’Organizzazione degli stati americani (Oea) Almagro e del presidente della Colombia Iván Duque a abbattere «il presidente usurpatore» Maduro, vi è un sostanziale stallo. Anche i paesi ostili del Gruppo di Lima si sono detti contrari a un intervento armato in Venezuela. Lo dimostrano le reazioni polarizzate al tentato golpe a Caracas. Inoltre il presidente Vladimir Putin si è mostrato propenso a entrare come protagonista nella crisi in corso in Venezuela, come lo ha già fatto in Siria e di recente in Libia.

IN SOSTANZA l’«effetto Guaidó» si è sgonfiato. E il personaggio non è più utile come leader credibile del popolo venezuelano. Ma può esserlo come “vittima della repressione” del governo bolivariano. L’intervento del Tribunale supremo di giustizia contro il presidente dell’Assemblea nazionale è stato chiesto ad alta voce dai maggiori leader bolivariani, in primis dalla richiesta di Diosdado Cabello, il presidente della rivale Assemblea nazionale costituente, che «si vada fino in fondo». E che non vi sia immunità per chi promuove pubblicamente, «con un video», un golpe. La stessa indicazione è venuta dal Ministro della Difesa, Vladimir Padrino López il quale è intervenuto in diretta tv assieme allo Stato maggiore per dichiarare la fedeltà e unità delle Forze armate venezuelane e per denunciare un tentativo di golpe, attuato «in modo mediocre da un ridotto gruppo di militari e poliziotti». I responsabili di questo sollevamento sono stati definiti «terroristi».

VI SONO POCHI dubbi che, se non riescono a fuggire, sia Guaidó che il suo padrino politico López, leader della formazione di destra Voluntad Popular, saranno accusati di vari reati che prevedono l’arresto. Nell’opposizione, composta da una trentina di gruppi politici che vanno dalla socialdemocrazia alla estrema destra ( il gruppo di Guaidó), vi sono vari leader che hanno biografie più autorevoli dell’autoproclamato presidente per assumerne la leadership. E che da tempo stanno sfumando le loro posizioni per salvaguardare la loro immagine in caso di una svolta della crisi. Purtroppo,l’esito a breve scadenza di tale crisi appare più determinato dalle decisioni della Casa bianca che dalla, universalmente e ipocritamente invocata, necessità che siano le parti in causa a decidere il futuro del Venezuela.

ABBONAMENTI

Passa dalla parte del torto.

Sostieni l’informazione libera e senza padroni.
Leggi senza limiti il manifesto su sito e app in anteprima dalla mezzanotte. E tutti i servizi della membership sono inclusi.

I consigli di mema

Gli articoli dall'Archivio per approfondire questo argomento