Non è più Porto Alegre
Brasile Cambiamenti climatici, malagestione e incuria delle istituzioni hanno messo in ginocchio lo stato del Rio Grande do Sul, colpito in questi giorni da inondazioni senza precedenti. Tragico il bilancio finora: oltre 110 i morti e più di 100 i dispersi, con 435 dei 497 municipi sommersi
È la più grave tragedia climatica nella storia del Brasile. Nubifragi, acquazzoni, bombe d’acqua: forse nessuno di questi termini è davvero appropriato per spiegare la calamità naturale che ha colpito nelle ultime due settimane lo stato del Rio Grande do Sul, terra del popolo gaucho. Dal 27 Aprile, volumi di pioggia senza precedenti si sono abbattuti sulla regione, complice un’intersezione di fattori meteorologici mai vista prima: correnti intense di vento amazzonico mescolate a un’onda di umidità trattenuta nella regione da una massa di aria calda stazionante nella parte settentrionale del paese. Tale inedita combinazione è stata acuita dalla tardiva manifestazione di El Niño, ciclone portatore di piogge, normalmente in visita nei mesi di gennaio e febbraio.
TALE CONFLUENZA di fattori ha provocato il disastro: intere città rivierasche sono state spazzate via da volumi di pioggia che hanno eluso dighe e provocato un innalzamento incontrollabile delle acque, andate a ingrossare il fiume Guaiba che bagna Porto Alegre, la capitale dello stato, localizzata tra la foce del fiume e l’inizio della Lagoa dos Patos, la più grande laguna dell’America Latina che sfocia nell’oceano Atlantico quasi 300 km più a sud. L’innalzamento del livello delle acque ha superato i cinque metri totali, colpendo direttamente 86 mila case lungo 811 km di strade nell’area urbana della capitale – un volume paragonabile a 56 mila piscine olimpiche. Utilizzando una comparazione calcistica cara ai brasiliani, si stima che l’area allagata sia equivalente a 5 mila campi da calcio.
Il bilancio delle inondazioni è per adesso di oltre 110 morti e più di 100 dispersi, con 435 dei 497 municipi dello stato inondati. Tale disastro naturale, frutto di convergenze climatiche pressoché inedite, si inserisce nel quadro generale dei cambiamenti climatici, con episodi di devastazione ambientale sempre più frequenti. Già all’inizio del 2024 la città di Porto Alegre aveva sopportato una bomba d’acqua che lasciava mezza città senza luce e acqua per alcuni giorni nel mese di gennaio. A marzo una tempesta di vento ha invece spazzato via numerosi fili elettrici, lasciando mezza città senza luce per 24 ore.
AI CAMBIAMENTI climatici si aggiungono la malagestione e l’incuria delle istituzioni. Dati economici indicano un evidente declino negli investimenti per la prevenzione delle inondazioni a Porto Alegre: da 1,7 milioni di reais nel 2021 (circa 300mila euro) a 141 mila reais nel 2022, fino ad arrivare a zero investimenti nel 2023. Ciò a dispetto dell’aumento di episodi preoccupanti (come le inondazioni che nel 2023 avevano già messo in ginocchio numerose aree interne dello stato tra settembre e novembre). Troppe calamità naturali per un sistema di manutenzione antiquato risalente agli anni ’70, e una geomorfologia naturalmente soggetta a potenziali inondazioni (solo dieci metri sopra il livello del mare).
Il risultato è stato la necessità di spegnere le stazioni idriche urbane, riversando ancora più acqua in zone già allagate della città, evacuata almeno da un terzo degli abitanti. Si stima che più di quattrocentomila persone abbiano lasciato la propria casa trovando riparo sul litorale gaucho, oppure nelle alture della serra non colpite dalle esondazioni.
BENCHÉ IL QUADRO a Porto Alegre sembrerebbe drammatico, la città continua a ricevere persone sfollate da piccole cittadine dell’area metropolitana e persino da più lontano. Interi centri sportivi e altri edifici a uso sociale sono stati riconvertiti in centri di accoglienza per sfollati. Secondo i racconti di medici impegnati in prima linea, che offrono consultazioni gratuite, le necessità degli sfollati sono varie e includono il trattamento di patologie legate direttamente all’inondazione, come la polmonite, il supporto a persone in shock post-traumatico, e l’assistenza a pazienti con patologie psichiatriche croniche peggiorate dalla situazione. Spesso, le medicine sono acquistate a proprie spese. Il ristagnare delle acque funziona anche da amplificatore per epidemie di tipo batterico e soprattutto per la proliferazione delle zanzare vettrici di dengue, già ai massimi storici nella regione.
Il quadro di emergenza sociale è anche ulteriormente acuito da episodi di violenza diffusa, con bande armate intente a svaligiare case lasciate indietro dagli sfollati. In molti quartieri di periferia abitanti locali hanno rinunciato a lasciare le proprie case, nonostante i solleciti delle autorità, per paura dei saccheggi. In altri casi, un solo membro della famiglia è rimasto per difendere i propri averi. Il clima di disordine sociale colpisce anche i numerosi volontari impegnati in prima linea, spesso rapinati di barche e moto d’acqua durante tentativi di salvataggio.
E NON È FINITA. Una nuova tormenta, stavolta proveniente dall’Argentina, minaccia di rovesciare almeno altri 150 millimetri di pioggia in pochi giorni, peggiorando ulteriormente la situazione della città e della regione circostante. Si stima che nuove aree precedentemente non colpite dall’inondazione potrebbero essere raggiunte dalla marea. Il preoccupante quadro meteorologico è acuito da una nuova onda di freddo che renderà ancor più difficile la deumidificazione dell’atmosfera.
DOPO UN INIZIO in sordina, complice l’impreparazione nell’affrontare una simile emergenza, il presidente Lula ha iniziato una battaglia istituzionale per favorire lo sblocco di risorse economiche e fronteggiare l’emergenza. Nonostante il generale clima di austerità economica che da anni aleggia nei palazzi di governo verdeoro, sembra vicino un accordo per sbloccare – assai tardivamente – almeno 50 miliardi di reais brasiliani (più o meno 9 miliardi di euro) senza rendicontarli nel tetto di spesa di bilancio.
Lo stesso Lula ha promesso che rivedrà i conti dei ministeri e degli organi pubblici per racimolare più risorse possibili a stretto giro. Se non altro, un passo avanti rispetto al surfista Bolsonaro, che un paio di anni fa si dedicava a sport acquatici al largo della paradisiaca Fernando de Noronha mentre lo stato di Bahia faceva i conti con i danni ingenti provocati da una bomba d’acqua.
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