«Non chiamatelo maltempo». A Venezia, il Friday for future con gli stivali
La crisi climatica è qui ed ora. Le ragazze ed i ragazzi di Fridays for Future lo scrivono nello striscione che apre il corteo di Venezia. Portano tutti gli stivali […]
La crisi climatica è qui ed ora. Le ragazze ed i ragazzi di Fridays for Future lo scrivono nello striscione che apre il corteo di Venezia. Portano tutti gli stivali […]
La crisi climatica è qui ed ora. Le ragazze ed i ragazzi di Fridays for Future lo scrivono nello striscione che apre il corteo di Venezia. Portano tutti gli stivali ai piedi perché, nell’ex laguna dei Dogi, l’emergenza non è ancora finita. Dal codice rosso di «alta marea eccezionale», le acqua alte sono passate al codice arancio di «sostenuta». Che significa comunque un buon 30% della città a mollo. E vista con gli occhi di chi ha l’acqua alle caviglie, la crisi climatica acquista tutto un altro carattere di emergenzialità. Per tutti, tranne che per l’amministrazione comunale di Venezia e della sua maggioranza negazionista che continua a rifiutarsi di votare una mozione di emergenza climatica, come chiedono i FfF, nonostante nei giorni della acqua granda, nell’atrio di Ca’ Farsetti ci si potesse navigare in gondola.
Proprio per questo suo immobilismo, il Comune è stato il primo bersaglio dei manifestanti che lo hanno simbolicamente chiuso col nastro rosso delle emergenze. «Venezia è il perfetto paradigma della crisi ambientale che stiamo attraversando – ha spiegato Sofia Demasi di FfF -. Una città sorta su un meraviglioso equilibrio tra terra e mare che è stato progressivamente devastato da grandi opere come il Mose. Decretare la morte della laguna, sbarrandone gli accessi al mare per sei mesi all’anno, come farebbe il Mose se riusciranno un giorno a farlo entrare in funzione, non può essere una soluzione accettabile. Non possiamo pensare di sopravvivere noi, mentre crolla l’intero ecosistema. È l’intero pianeta che deve sopravvivere. Ma su questo obiettivo, i nostri politici sono assolutamente inadeguati».
Buoni solo a fare passerelle in piazza San Marco, spiegano dai loro megafoni i FfF, mentre la città è invasa da una acqua granda che non si vedeva da mezzo secolo. Ma «non chiamatelo maltempo», afferma l’hastag scelto dai manifestanti per i social. Non è l’acqua che ha devastato Venezia ma le conseguenze di uno sviluppo devastante che ha mercificato la laguna, asservendola agli interessi delle Grandi Navi e del porto industriale, scavando grandi vie d’acqua incompatibili con la morfologia del fondale.
Ma se Venezia rimane comunque una città sotto i riflettori del mondo, i ragazzi di FfF non hanno dimenticato che i fenomeni meteorologici estremi, che oggi sono straordinari ma che domani saranno ordinari, hanno colpito anche aree che non godono della stessa attenzione mediatica. Cartelle e striscioni in solidarietà con la Liguria, la Toscana, il Trentino, la Sicilia e la Basilicata sono stati appesi in campo San Geremia, davanti ala sede della rai Regionale. «Ma non chiamatelo maltempo – conclude Sofia -. Siamo nel bel mezzo di una crisi climatica e ne usciremo solo cambiando il sistema».
I consigli di mema
Gli articoli dall'Archivio per approfondire questo argomento