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Non c’è bavaglio. Ma per i cittadini è anche peggio

Enrico Costa, foto AnsaEnrico Costa – foto Ansa

Giustizia Con l’approvazione dell’emendamento Costa sarà vietata la pubblicazione integrale o per estratto delle ordinanze che applicano misure cautelari. Una premessa: esagera chi pensa sia stato messo un bavaglio alla stampa: […]

Pubblicato 10 mesi faEdizione del 23 dicembre 2023

Con l’approvazione dell’emendamento Costa sarà vietata la pubblicazione integrale o per estratto delle ordinanze che applicano misure cautelari. Una premessa: esagera chi pensa sia stato messo un bavaglio alla stampa: la notizia di un arresto potrà essere sempre data e potranno esserne anche indicati, riassuntivamente, i motivi. Un divieto assoluto sarebbe illiberale e forse incostituzionale.

La norma è stata presentata con lo scopo di prevenire la gogna mediatico giudiziaria, ma in realtà serve a poco ed anzi può essere dannosa proprio per i cittadini indagati od imputati. Infatti, le notizie degli arresti circoleranno comunque ma senza il supporto delle motivazioni che li giustificano.

In questo modo si favorisce la diffusione di ricostruzioni parziali, illazioni, mezze verità che certo non fanno bene alla riservatezza ed al principio di non colpevolezza. Per garantire, anche sulla scena mediatica, la presunzione di innocenza non servono divieti ma solo investire nella professionalità di magistrati, difensori e giornalisti. E magari invocarla sempre, non solo per i colletti bianchi ma anche nel caso del «mostro» di turno, contro il quale si accaniscano, per giorni, programmi televisivi e giornali, addirittura accompagnati da fiaccolate guidate da esponenti politici di varie fazioni.

I fautori della norma hanno esultato per avere interrotto il circuito comunicativo fra inquirenti e stampa, che sarebbe il patto fondativo del «governo delle toghe». Ma neanche questo obiettivo sembra raggiunto, anzi c’è il rischio contrario. I cittadini conosceranno solo le notizie diffuse nelle conferenze stampa degli inquirenti o dei difensori, che racconteranno la loro versione dei fatti, inevitabilmente di parte. Mentre non potranno leggere le motivazioni del giudice, che – terzo rispetto alle parti- ricostruisce la vicenda in modo più imparziale. Si conosceranno solo gli arresti che le procure della Repubblica e le forze dell’ordine vorranno comunicare.
Così davvero si corre il rischio di un improprio condizionamento delle vicende politico amministrative e di opachi rapporti privilegiati fra media ed inquirenti.

C’è poi una vittima incolpevole: l’opinione pubblica che ha il diritto di essere informata in modo trasparente e corretto anche tramite la citazione diretta delle fonti. Solo così i cittadini potranno fondarsi un’opinione matura ed autonoma sui fatti, oggetto di accertamento giudiziario.

Il problema riguarda soprattutto i reati dei colletti bianchi. Sappiamo che, per fortuna, i confini del giudizio politico o di disvalore sociale non coincidono con quelli del giudizio penale. Solo conoscendo i fatti ed i motivi delle decisioni, i cittadini possono farsi un’autonoma opinione politica o morale, scissa dall’accusa penale, su chi viene arrestato.

Basti pensare a Mimmo Lucano. Se fossero stati noti solo i reati a lui contestati, senza conoscere i fatti e gli argomenti giuridici posti a fondamento della misura cautelare, non sarebbe stato travolto dall’ondata internazionale di affetto e solidarietà che è stata mossa proprio dalla benevola valutazione, da parte della collettività, della sua vicenda e della sua effettiva gravità. Ma l’opinione pubblica non solo ha il diritto di conoscere i fatti sui quali si indaga ma anche quello di verificare come viene esercitato il potere giudiziario.

I magistrati rappresentano un potere dello Stato. Un potere terribile, che può togliere la libertà ai cittadini. Un potere particolare, che trova il suo fondamento, non già sul consenso (come per anni e da qualcuno malamente inteso) ma sulla fiducia popolare. Sulla fiducia che venga esercitato nel rispetto delle leggi, della Costituzione e dei diritti fondamentali. Sulla fiducia che venga esercitato nei confronti di tutti i cittadini, allo stesso modo, senza discriminazioni o favoritismi.
Solo conoscendo come i magistrati esercitano il potere a loro affidato, ossia come motivano i loro provvedimenti, i cittadini potranno o meno rinnovare la fiducia verso i magistrati. Questo percorso però non può che passare da un’informazione sana, completa ed obiettiva.

*L’autore è giudice a Bari e segretario di Area democratica per la giustizia

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