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Non aprite quell’anagrafe

Non aprite quell’anagrafeSarajevo 1996, casa abbandonata nella parte serba del quartiere di Grbavica – Mario Boccia

Storie Al via, in un clima pre-elettorale, in Bosnia Erzegovina il primo censimento della popolazione dalla fine della guerra e della Jugoslavia. Il timore è che mostri la vittoria della pulizia etnica e il fallimento della pace di Dayton

Pubblicato circa 11 anni faEdizione del 1 ottobre 2013

Da oggi fino al 15 ottobre si terrà in Bosnia Erzegovina il censimento generale della popolazione. L’ultimo censimento è stato effettuato nel 1991, quando ancora esisteva la Jugoslavia, e da allora non era più stato possibile svolgerlo, per contrasti tra le forze politiche bosniache. Dopo il 1991, in Bosnia Erzegovina ci sono stati la pulizia etnica e il genocidio. Per differenti motivi, nessuno voleva vedere certificata su carta la vittoria dei nazionalisti che, durante la guerra 1992-1995 e negli anni successivi, sono riusciti a sovvertire la composizione etnica del paese. Ora, nel quadro del percorso di integrazione europeo, il governo bosniaco è obbligato a raccogliere e rendere noti i dati della popolazione. La Commissione Europea vuole sapere quanti sono i bosniaci, quale il loro livello di istruzione, l’età media, la distribuzione sul territorio, la ripartizione di genere e le altre informazioni che nel resto d’Europa vengono normalmente censite ogni 10 anni. In Bosnia Erzegovina però, al centro del dibattito sul censimento, non ci sono questi dati, ma tre domande: la 24, la 25 e la 26. La prima chiede ai cittadini di indicare la propria nazionalità, la seconda la religione e la terza la lingua materna.

L’opzione civica

«Abbiamo avuto enormi pressioni», ammette Zdenko Milinovic, direttore dell’Istituto Nazionale di Statistica della Bosnia Erzegovina (BHAS), responsabile dell’organizzazione del censimento sotto la supervisione dell’IMO, un organismo internazionale. «Tutte le critiche che abbiamo ricevuto riguardavano le domande 24, 25 e 26. Noi abbiamo cercato di trovare una mediazione tra i diversi approcci, tra domande aperte o chiuse. Un cittadino potrà dunque segnarsi come appartenente ad uno dei tre popoli costitutivi, che in base alla Costituzione di Dayton sono serbi, croati e bosgnacchi, e barrare la casella corrispondente. Oppure potrà scrivere per esteso la propria nazionalità in una casella aperta. Tutte le risposte entreranno nel database».
Il paradosso, in un paese che si chiama «Bosnia Erzegovina», è che non ci sarà una casella con scritto «bosniaco erzegovese». «Abbiamo solo tre popoli costitutivi», spiega Milinovic. «Se uno vuole segnarsi come bosniaco erzegovese può farlo, ma dovrà scriverlo nella casella aperta».

Zlatko Dizdarevic, caporedattore di Oslobodenje nella Sarajevo assediata e poi ambasciatore della Bosnia Erzegovina in Croazia e Medio Oriente, farà così. «Come faccio a definirmi solo serbo, o croato o musulmano? Io scriverò che sono un cittadino della Bosnia». Dizdarevic però è consapevole di appartenere ad una minoranza. «Oggi effettivamente le forme di identificazione prevalente sono quelle etniche. Con tutto quello che è accaduto negli ultimi 20 anni, non è più possibile immaginare un paese che sia solamente dei suoi cittadini, è troppo tardi. Per questo progetto avremmo bisogno dei prossimi 20 anni, ma servirebbero un sistema educativo, politico e un sistema dell’informazione completamente diversi da quelli attuali».

Oggi però chi sceglie di identificarsi con un’opzione «civica», rifiutando quella etnica, oltre ad essere una minoranza è anche un cittadino di seconda categoria. Secondo la Costituzione stabilita con gli accordi di pace di Dayton, infatti, gli appartenenti ai «tre popoli costitutivi», serbi, croati e bosgnacchi (bosniaco musulmani), hanno più diritti degli altri, in particolare per quanto riguarda l’accesso ad alcune cariche elettive. Un meccanismo di rappresentanza etnica sovrintende anche all’impiego pubblico, con quote basate su proiezioni che si rifanno al censimento del 1991. La versione «etnica» della democrazia è uno degli aspetti che rendono particolarmente delicato il censimento attuale. «Il timore (dei partiti nazionalisti) è che la nuova fotografia demografica del paese possa portare a perdere posizioni», afferma Senad Pecanin, giornalista sarajevese già direttore del settimanale Dani. «Se ad esempio dovesse emergere che in Republika Srpska non ci sono più bosgnacchi, potrebbe venire messa in discussione la quota di bosgnacchi presenti lì nelle istituzioni o negli impieghi pubblici, e lo stesso in Federazione».

Uguaglianza

La questione però, secondo Pecanin, non può essere risolta con una semplice redistribuzione di quote. «Il problema è il fatto che in Bosnia l’elemento etnico è fonte di legittimità, in base a quanto stabilito a Dayton. Fino a quando sarà così, ci verrà preclusa ogni speranza di progresso».

Jednakost (Uguaglianza), una coalizione di circa 25 associazioni e gruppi della società civile bosniaca, condivide la necessità di de-etnicizzare la Bosnia. «Vogliamo abolire dalla costituzione e dal sistema legale della Bosnia Erzegovina ogni forma di discriminazione basata sull’appartenenza etnica», afferma Darko Brkan, uno dei portavoce. «Per quanto riguarda il censimento, io credo che le domande 24, 25 e 26 non avrebbero dovuto esserci. Una volta inserite, il nostro sforzo è stato rivolto a fare in modo che almeno le domande fossero poste in maniera aperta, e in questo credo che abbiamo avuto in parte successo».
Secondo Brkan, dopo il censimento andrà cambiata la Costituzione bosniaca abolendo o limitando le prerogative dei tre popoli costitutivi. «Oggi i rappresentanti dei tre gruppi costituenti utilizzano la clausola dell’interesse nazionale per intervenire su tutto, anche su argomenti che non riguardano l’etnicità, bloccando l’attività delle istituzioni. Cosa c’entra la questione etnica con il prezzo dell’elettricità? Invece ogni norma deve passare per l’approvazione della Camera dei Popoli, in cui siedono i rappresentanti di serbi, croati e bosgnacchi. Questo non ha senso».

Nel dibattito etno-politico che ha preceduto il censimento, una delle questioni meno considerate è stata quella delle dimensioni della popolazione. Eppure la conta dei residenti potrebbe far emergere dati scioccanti.

Il numero dei bosniaci

I bosniaci erano circa 4 milioni e 400.000 nel 1991. Nella guerra 1992-1995 sono state uccise quasi 100.000 persone, mentre oltre 2 milioni e 200.000 sono stati costretti ad abbandonare le proprie case per la pulizia etnica, e nessuno sa con certezza quanti siano ritornati. Secondo le stime delle Nazioni Unite, i bosniaci residenti nel paese sarebbero oggi 3 milioni e 800.000, 600.000 meno di 20 anni fa. Per Zdenko Milinovic tuttavia, il dato della perdita di popolazione potrebbe essere ancora più rilevante : «Tutte le nostre stime ci portano a situare il numero della popolazione attuale tra i 3,3 e i 3,5 milioni. Il fatto è che sinora ci sono state stime diverse, con l’utilizzo di metodologie differenti rispetto a quelle dell’Istituto Nazionale di Statistica. Questa è una delle ragioni per cui il censimento è così necessario».

Per quanto riguarda la distribuzione sul territorio, infine, il censimento potrebbe mostrare il fallimento del processo di ritorno di profughi e sfollati dopo la pulizia etnica degli anni ’90. Le istituzioni internazionali hanno cercato di sostenere i ritorni con una serie di programmi che, in parte, sono ancora in corso. Se il censimento mostrerà la fotografia di una Bosnia Erzegovina ormai divisa in città, cantoni, regioni etnicamente omogenee, questo equivarrà a certificare il fallimento degli sforzi internazionali. Affermando la vittoria dei nazionalisti, venti anni dopo.

www.balcanicaucaso.org

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