No Tav in Val Maurienne bloccati dalla polizia
Francia Rispondendo all’appello lanciato dal movimento ecologista francese Les Soulèvements de la Terre e dai NoTav italiani, circa 5000 persone hanno manifestato nella valle alpina
Francia Rispondendo all’appello lanciato dal movimento ecologista francese Les Soulèvements de la Terre e dai NoTav italiani, circa 5000 persone hanno manifestato nella valle alpina
«La montagna si solleva», recitava lo striscione dei manifestanti che hanno sfilato ieri in mezzo al Val Maurienne, dall’altro lato delle Alpi rispetto alla Valsusa, contro il Tav Torino-Lione. Per una volta, la montagna si è sollevata dal lato francese, all’estremo sud della Savoia, là dove – in teoria – dovrebbe sbucare il famigerato tunnel dell’alta velocità.
Rispondendo all’appello lanciato dal movimento ecologista francese Les Soulèvements de la Terre e dai NoTav italiani, oltre a una decina di altre organizzazioni, partiti e sindacati italiani e francesi, circa 5000 persone (3000 secondo la prefettura della Savoia) hanno manifestato nella valle alpina.
La prefettura aveva vietato ogni iniziativa in ben nove comuni della valle. In mattinata, alla frontiera, circa 250 manifestanti provenienti dall’Italia erano stati bloccati dalla polizia francese. Secondo le autorità, alcuni degli attivisti italiani sarebbero stati sottoposti a una particolare forma di foglio di via, la «interdizione amministrativa dal territorio», una misura diramata direttamente dal ministero degli interni francese. Il 6 giugno scorso, tre militanti milanesi erano stati arrestati in occasione di un weekend antifascista a Parigi proprio sulla base di questa misura, e detenuti per più di 48 ore in un Cie, prima di essere espulsi in Italia.
Malgrado i divieti, il corteo è comunque riuscito ad avviarsi, anche se ben lontano dal cantiere del Tav. Dopo pochi minuti, bloccati da un plotone della Gendarmerie schierata su di un ponte, i manifestanti hanno tentato di negoziare la prosecuzione del corteo – invano. Ai lacrimogeni hanno fatto seguito delle sassaiole, mentre attorno i cespugli prendevano fuoco incendiati dai gas della polizia. Degli attivisti hanno brevemente occupato i binari della linea locale, giusto a fianco della strada, mentre altri raggiungevano l’autostrada attraversando il fiume dall’altro lato. Il tutto è durato qualche ora, prima che il corteo si ritirasse verso il campeggio nel comune di La Chapelle.
I movimenti intendono fermare il progetto «prima che i lavori e i danni» causati dal cantiere per la foratura del tunnel di base non diventino «irrimediabili», hanno scritto in un comunicato. Il tunnel della Tav, lungo 57km, sarebbe il più grande d’Europa – un’opera faraonica, concepita ormai trent’anni fa, portata avanti costi quel che costi in barba a tutti gli argomenti avanzati tanto dai movimenti ecologisti quanto dai numerosi esperti critici dell’opera. Secondo i manifestanti, una follia: «il trasporto di merci è stagnante dal 1994 e la linea già esistente è utilizzata appena al 20% delle sue capacità».
Le stesse autorità francesi, in questi anni, si sono mostrate più che scettiche di fronte al costo mirabolante dell’opera (vicino ai 30 miliardi) e alla sua dubbia utilità. Lo scorso gennaio, il Consiglio d’orientamento sulle infrastrutture, un organismo del ministero dei trasporti francese, aveva consigliato di rinviare i lavori al 2045, privilegiando le linee ferroviarie locali alla grande opera per «far fronte all’aumento del trasporto ferroviario quotidiano». Un punto di vista condiviso a più riprese dalla Corte dei conti transalpina, che ha regolarmente criticato la «pertinenza» del Tav italo-francese in una serie di rapporti sin dal 2014. Persino l’attuale prima ministra Élisabeth Borne, a febbraio, si era detta favorevole a un rinvio dei cantieri a data da destinarsi.
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