«No basi, no guerra»: in piazza a Cagliari, “invasa” dalla Nato
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«No basi, no guerra»: in piazza a Cagliari, “invasa” dalla Nato

2 giugno in Sardegna Non solo poligoni, l’isola obbligata ad ospitare il 60% delle aree militari chiuse d’Italia
Pubblicato più di un anno faEdizione del 3 giugno 2023

No basi, no guerra, no Nato: così sugli striscioni alla testa del corteo pacifista e antimilitarista che ieri pomeriggio ha attraversato le vie di Cagliari. Alla manifestazione – organizzata da A Foras, il collettivo che da decenni si batte per la chiusura dei poligoni – hanno aderito almeno una ventina di associazioni, tra le quali Arci, Anpi, Europe for peace Sardegna, Tavola sarda per la pace, Cagliari Social Forum, Rete War Free, Unione sindacale di base. Dai partiti, adesione ufficiale solo da Potere al popolo e Rifondazione.

Buona la partecipazione: in 1500 si sono ritrovati alle 17 nel piazzale del porto di Marina piccola. Sul palco, prima della partenza del corteo, gli interventi dei portavoce delle sigle che hanno risposto all’appello di A Foras. Alle 18 la partenza del serpentone, pacifico e colorato, che si è snodato lungo le vie del centro del capoluogo regionale sardo.

DAI MILITANTI di A Foras è venuta la conferma di un no senza appello ai poligoni e ai giochi di guerra di cui la Sardegna continua a essere teatro: «Nell’isola si sono appena concluse, concentrate tra aprile e maggio, tre grandi esercitazioni: Noble Jump, Joint Star e Mare Aperto, con forze Nato e nazionali. Di fronte all’arrivo sul nostro territorio di migliaia di militari e mezzi da guerra, stavolta abbiamo deciso di puntare l’attenzione su Cagliari.

Non esistono, infatti, soltanto i poligoni di Quirra e di Capo Teulada. Anche una grande parte del territorio delle città è occupata militarmente. Perché non tutte le zone di Cagliari sono accessibili? Perché i colli che circondano il capoluogo regionale sono chiusi da filo spinato con i cartelli “Area militare: zona invalicabile?”. L’occupazione militare della Sardegna è un problema politico e noi vogliamo portarlo all’ordine del giorno, nell’isola e a livello nazionale. Per questo oggi siamo in piazza».

SULLA SCELTA della data del 2 giugno per il corteo antibasi, si è soffermato Franco Uda, vicepresidente di Arci Sardegna: «Il 2 giugno è la Festa della Repubblica e la nostra è una Repubblica che, con la sua Carta costituzionale, ripudia la guerra, quindi la data è senz’altro quella giusta. Siamo sempre stati contro la sproporzionata presenza di basi e di poligoni in Sardegna: il sessanta per cento delle aree militari chiuse di tutto il Paese si trova sull’isola e la parte di interdizione marina ha una superficie uguale a quella dell’intera regione: un’enormità. Sono molto gravi le conseguenze ambientali e di salute pubblica che derivano dallo sfruttamento intensivo e violento di queste terre, dall’uso di armi con contenuto di uranio impoverito, dalle scorie che le esercitazioni producono ormai da diverse decine di anni.

Chiediamo che i fondi del Pnrr siano spesi per bonificare le aree militari in Sardegna: è un compito necessario e urgente, che produrrebbe un numero significativo di posti di lavoro per i prossimi decenni e lascerebbe ai nostri figli una regione più pulita e sana e libera dallo sfruttamento a fini bellici».
UN RICHIAMO alla Costituzione è venuto anche dai militanti di Rete Warfree: «Celebrare con la Festa della Repubblica i princìpi della Carta, che ha una ispirazione di pace, mentre sul teatro del conflitto in Ucraina, senza porre le basi per una soluzione politica, si offre a una parte belligerante il supporto in armi necessario per portare avanti una guerra, è per lo meno contraddittorio.

Siamo contrari a ogni azione di guerra. Con lo stesso spirito diciamo no alle esercitazioni militari sul territorio sardo nelle migliaia di chilometri quadrati sottratti alla disponibilità dei cittadini e continuamente devastati da missili, bombardamenti e combattimenti simulati, con distruzione irreversibile dei suoli e diffusione di sostanze tossiche spesso mortali. Esercitazioni quest’anno ulteriormente preoccupanti, non soltanto perché ancora più invasive del solito, ma anche perché apertamente collegate, dagli stessi comandi militari italiani e Nato, con la guerra in atto in Ucraina».
PARTITO INTORNO alle 18, il corteo ha percorso un paio di chilometri passando accanto alle caserme dell’esercito in viale Poetto. Conclusione in piazza San Bartolomeo con un concerto. Un pomeriggio di lotta, un pomeriggio di festa per la pace.

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