Il 25 novembre il generale nigerino Abdourahamane Tiani, presidente del Consiglio nazionale per la protezione della patria (Cnsp) salito al governo dopo il colpo di Stato del 26 luglio scorso, ha firmato l’ordinanza che abroga la legge 36/2015 che criminalizza il traffico illecito dei migranti. Su pressioni europee, la legge fu approvata nel maggio 2015 ed entrò in vigore nel 2016, stabilendo una reclusione da 5 a meno di 10 anni e una multa da 1 a 5 milioni di franchi CFA per coloro che avrebbero fornito risorse e/o documenti falsi, favorito l’ingresso e/o l’uscita illegale dal Niger a persone residenti e non, «al fine di trarne direttamente o indirettamente un vantaggio economico o materiale». Con la legge 36, il Niger diventava il nuovo hub delle politiche europee di esternalizzazione delle frontiere.

Soprannominata «Legge La Valletta» dai nigerini, con riferimento al summit che nel novembre 2015 riunì nella capitale maltese i capi di Stato e di governo europei e africani per fortificare la cooperazione Ue-Africa in materia di migrazione, questa fu ben accolta e sostenuta dall’Unione europea. Grazie alla legge, il Niger – così come altri paesi africani noti per essere rotte migratorie verso l’Europa – potè beneficiare delle risorse messe in campo dal Fondo fiduciario di emergenza dell’Ue per l’Africa (1,8 miliardi di dollari nel 2015, 5 miliardi nel 2022 di cui 2,21 miliardi destinati alla regione del Sahel e Lago Ciad) che lanciò la Commissione europea durante il vertice.
«Questa legge approvata nel 2015, sotto l’influenza di alcune potenze straniere ha stabilito e criminalizzato come traffico illecito alcune attività di carattere regolare. Era in palese contraddizione con le nostre regole comunitarie e non teneva conto degli interessi del Niger e dei suoi cittadini», si legge nel comunicato stampa del Segretariato generale del governo con a capo Tiani.

La notizia è stata ben accolta da organizzazioni come Alarm Phone Sahara (APS), che da sempre denuncia le condizioni disumane e precarie in cui vivono le persone migranti che restano bloccate in Niger respinte dalla Libia e deportate dall’Algeria nel desertico «Point Zero», a 15 km dalla piccola città settentrionale di Assamaka. «Accogliamo con favore questa iniziativa molto vantaggiosa per la nostra regione», ha detto il Consiglio regionale di Agadez. L’entusiasmo del Consiglio è dovuto al fatto che, all’indomani dell’entrata in vigore della legge 36, la regione – storicamente territorio di transito per chi dal West Africa è diretto verso il Nord Africa – ha visto un progressivo impoverimento: l’economia locale, infatti, si poggiava su attività e servizi di trasporto offerti alle persone migranti. Impieghi lavorativi che dal 2016 hanno cominciato a essere perseguiti nell’ipotesi di favoreggiamento alla migrazione illegale, come spiega l’Associazione per gli studi giuridici sull’immigrazione (ASGI) nell’articolo Agadez: frontiera d’Europa.

Nel settembre 2022, l’Association Malienne des Expulsés e l’Association Jeunesse Nigérienne au Service du Développement Durable fecero ricorso alla Corte di giustizia dell’Ecowas contro la legge 36/2015 per aver minato il diritto alla libera circolazione nell’area dell’Africa occidentale e aver esposto a violenze, abusi e torture le persone migranti che attraversano la regione. L’Asgi, che sostenne l’impresa legale, col progetto Sciabaca&Oruka ha svolto missioni in Niger per analizzare l’evoluzione delle politiche migratorie. Nel suo lavoro, ha constatato come l’Ue e «La Valletta» abbiano reso il Niger il «gendarme» della mobilità. Una situazione che ora si appresta a essere ribaltata.