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Niente palco ai delegati Pal, così i dem rimuovono Gaza

Niente palco ai delegati Pal, così i dem rimuovono GazaManifestazione davanti alla Convenzione nazionale democratica allo United Center di Chicago – foto Ap/Noah Berger

Elezioni USA La convention di Chicago decide: nessun intervento dei rappresentanti «uncommitted»

Pubblicato 3 mesi faEdizione del 23 agosto 2024

Il fantasma di Gaza è aleggiato attorno alla convention sceneggiata e coreografata attorno alla “gioiosa” campagna Harris che da domani affronterà quella del recidivo golpista che torna ad insidiare la democrazia Usa. Lo ha fatto con le manifestazioni che, pur tenute a distanza dallo United Center, sono sfilate in ognuno dei giorni del congresso. E lo ha fatto con la presenza dei delegati “con riserbo”, gli uncommitted che nell’appello stato per stato hanno espresso opposizione votando “presente”.

È stata, all’interno del partito, la manifestazione del movimento che da quasi un anno ha espresso nelle piazze, sui campus e in una miriade di proteste, l’obiezione di coscienza alla strage genocida a Gaza. Alla fine la richiesta del movimento si è concretizzata nella richiesta di un intervento dal palco del palasport. Il negoziato con la dirigenza è proseguito fino agli ultimi minuti (e dopo questa scrittura) ma salvo clamorosi capovolgimenti la decisione del partito è stata negativa. «Nella notte ci erano stati dati segnali ottimisti», ha detto Abbas Alawieh, capo della delegazione uncommitted del Michigan che con una dozzina di compagni aveva inscenato un sit-in all’esterno del palasport.

«Alcuni di noi avevano preparato un intervento da fare in caso di assenso». La decisione invece sembra essere stata che l’argomento palestinese fosse troppo scottante e potenzialmente “lesivo dell’unità” di partito, così attentamente proiettata a Chicago. I singhiozzi di Alaweieh hanno raccontato l’impatto devastante che questo ha avuto sui molti palestinesi che hanno sempre sostenuto il partito.
Eppure, mercoledì, nel penultimo giorno di programma, sul palco sono saliti i genitori di Hersh Goldberg Polin, uno degli ostaggi rapiti da Hamas e tuttora prigioniero dal 7 ottobre. La loro dolorosa storia ha umanizzato la tragedia degli ostaggi. Paradossalmente è stata l’unica menzione delle vittime innocenti della guerra – di tutte le parti. Il padre di Polin ha detto di «pregare per un accordo che porti a casa gli ostaggi e ponga fine alla sofferenza dei civili inermi di Gaza». Ed è toccato a lui esprimere una semplice verità sulla strage non solo di esseri umani, ma di umanità, in corso a Gaza: che «nella competizione del dolore non vi sono vincitori».

La tragedia non è però non è un disastro naturale ma un’operazione militare e di vendetta, attuata dal governo Netanyahu e finanziata dall’amministrazione Usa attualmente in mano al partito riunito allo United Center. Alla tragedia umanitaria si somma dunque la decisione prettamente politica di rimuovere le vittime da parte del governo Dem che ancora pochi giorni fa ha autorizzato altri 20 miliardi di dollari in armi e munizioni destinati in gran parte a cadere su ospedali, scuole e campi profughi nella striscia di Gaza.

Una postura moralmente equivoca che oltre ad incrinare forse definitivamente i rapporti fra partito ed elettori che potrebbero risultare decisivi in alcuni stati chiave, ha rimosso la possibilità di elaborare il trauma ed il lutto che da un anno da Gaza irradiano nel mondo (una prima associazione, la Muslim Women for Harris-Walz, ha già annunciato la cessazione delle attività).

La richiesta ancora reiterata nella conferenza stampa di ieri del coordinamento del movimento era semplicemente l’inclusione di una voce americana-palestinese per «raccontare la storia del vittime della guerra». La loro esclusione ha invece trasmesso il messaggio inequivocabile che il partito “di sinistra” dell’unica nazione col potere di fermare il fanatismo omicida, ha deciso che l’argomento non è strategico alla campagna.

Ha commentato Ta-Nehisi Coates: «Persone le cui famiglie sono state cancellate dalla violenza (a Gaza) sono state ora cancellate anche da palco di Chicago». «Rimuovere le loro storie dalla nostra piattaforma», ha aggiunto Alexandria Ocasio Cortez, «è partecipare alla deumanizzazione dei Palestinesi».

In questo senso si è trattato dell’atto finale di un anno di censura di inaudita veemenza contro chi ha reclamato un residuo di umanità contro la barbarie di cui tutti siamo testimoni, un silenzio imposto con cariche di polizia, commissioni parlamentari, licenziamenti, leggi liberticide. Come ha detto, mentre veniva espulso dal palasport, Liano Sharon, il delegato ebreo del Michigan che durante il discorso di Biden con alcuni altri aveva esibito uno striscione che chiedeva “Basta armi ad Israele”. «Stiamo finanziando un genocidio e questo deve finire. Come ebreo sono cresciuto nella consapevolezza che mai più significasse mai più per nessuno, mai».

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