«Niente intoccabili». L’Europa vara nuove sanzioni di ferro
Riunione dei ministri dell'Economia Annunciato il quarto «potente pacchetto» di misure anti-Mosca. Nel mirino acciaio, beni di lusso, import di petrolio e oligarchi
Riunione dei ministri dell'Economia Annunciato il quarto «potente pacchetto» di misure anti-Mosca. Nel mirino acciaio, beni di lusso, import di petrolio e oligarchi
La Ue sta «finalizzando» l’adozione di «un potente pacchetto» di sanzioni, il quarto, ha annunciato ieri l’Alto rappresentante per la politica estera, Josep Borrell, che verrà applicato nelle prossime ore. La Gran Bretagna dovrebbe seguire a ruota. Il pacchetto è stato messo a punto sabato scorso dagli ambasciatori ed è quello deciso dal G7: riguarda il blocco dell’import di acciaio e ferro, colpisce i beni di lusso esportati da Mosca, mette fine all’import di petrolio e si allunga la lista degli oligarchi e responsabili politici colpiti dalle restrizioni su proprietà e spostamenti. «Nessuno è intoccabile» dice il vice-presidente della Commissione, Valdis Dombrovskis.
OGGI, ALLA RIUNIONE dei ministri dell’Economia a Bruxelles, il francese Bruno Le Maire arriva con una nuova lista di «diverse decine» di personalità russe, che hanno proprietà in Francia (ieri è stata occupata brevemente a Biarritz la villa dell’ex genero di Putin). Al Consiglio di Versailles, nel fine settimana, Emmanuel Macron aveva affermato: «Non ci sono tabù» sulle sanzioni, approvate, secondo un sondaggio della Fondation Jean Jaurès, dal 72% dei francesi. Ma per il momento il gas (e le banche che sono legate) restano fuori, anche se cresce la polemica su acquisti che portano nelle casse di Putin intorno ai 700 milioni di euro quotidiani, e permettono di finanziare la guerra all’Ucraina. Il commissario Paolo Gentiloni ha avvertito: le sanzioni avranno un impatto «non trascurabile» sull’economia europea, le previsioni di crescita per quest’anno, che erano intorno al 4%, dovranno essere riviste al ribasso (da -0,6% a -1%).
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Sanzioni europee, in arrivo la terza ondataSULLE SANZIONI continua a esistere una realtà molto opaca. Ieri, il sito d’inchiesta Disclose ha rivelato che dal 2015 al 2020, cioè quando già la Russia era sotto embargo Ue a causa dell’annessione della Crimea, due industrie di punta francesi degli armamenti, Thales e Safran, hanno venduto a Mosca per 152 milioni di materiale militare. Oggi un migliaio di carri armati russi sono dotati di video termici made in France (Catherine FC e Catherine XP per Thales, Matis STD per Safran). La Francia ha anche fornito alla Russia dei sistemi di navigazione aerea Tacan (Thales) e Sigma 95N (Safran). Thales e Safran hanno come primo azionista lo stato, rispettivamente al 25,7% e all’11,2%.
«Flusso residuale» per il ministero della Difesa. «Rispettiamo il regolamento Ue» si sono limitate a dichiarare ieri le due società. Le sanzioni Ue del 2014 non erano retroattive, i contratti già firmati erano esclusi, ma la Francia aveva rifiutato la consegna della portaelicotteri Mistral, un contratto del 2011 per 1,2 miliardi (poi venduta all’Egitto). Oggi Total, gigante dell’energia, che ha bloccato nuovi contratti con Mosca, continua a rispettare quelli firmati prima dell’aggressione.
BORRELL ERA IERI NEI BALCANI e ha affermato che la guerra in Ucraina è «un momento per rafforzare il processo di allargamento». Serbia e Montenegro stanno già negoziando l’adesione (è un processo lungo, può durare anche una decina di anni), mentre non è ancora iniziato l’iter con Albania e Macedonia del Nord, a causa del veto della Bulgaria su quest’ultimo paese. Per Borrell, questi due negoziati però «devono iniziare il prima possibile».
In settimana, i ministri della Difesa Ue discutono della parte dell’«Agenda di Versailles», approvata al vertice, che riguarda l’autonomia strategica, in attesa di decisioni precise a metà maggio. Devono venire indentificate le debolezze e avviata una cooperazione per accrescere la capacità di difesa. La Danimarca organizza tra qualche settimana un referendum sulla difesa europea. In Finlandia, cresce l’adesione della popolazione all’entrata nella Nato (62% di favorevoli), anche se per il presidente, Sauli Niinistö, bisogna conservare «la testa fredda».
E MENTRE OLAF SCHOLZ era ad Ankara per incontrare Erdogan e parlare di sanzioni (la Turchia non vi aderisce), la Germania ha confermato un aumento della spesa militare superiore al 2% del pil (e l’acquisto di F35 dagli Stati uniti).
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