Nessuno si salva da solo, chiuso nei propri confini
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Nessuno si salva da solo, chiuso nei propri confini

Migranti bloccati dal muro polacco al confine con la Bielorussia – foto LaPresse

Immigrazione I migranti sono diventati un’arma di battaglia per i paesi dove governano i nazionalisti, la narrazione dominante è ormai la loro

Pubblicato circa un anno faEdizione del 23 settembre 2023

L’immigrazione «potrebbe essere una forza disgregante per l’Ue», più della Brexit, che in realtà è «stata un vaccino» e nessun paese membro ormai pensa di seguire la strada della Gran Bretagna. Lo ha affermato il capo della diplomazia europea, Josep Borrell, in un’intervista al Guardian. Per Borrell, c’è una responsabilità europea, che non è riuscita finora «a concordare una politica migratoria comune»: le tensioni sono al massimo in questo periodo, mentre l’obiettivo della Commissione – arrivare a concludere il Patto Asilo Immigrazione prima delle elezioni europee del prossimo giugno – potrebbe fallire. Con il rischio che il risultato di queste elezioni allontani ancora di più la possibilità di un accordo, poiché le previsioni sono di un prossimo europarlamento spostato a destra, mentre i governi nazionalisti si moltiplicano.

Svezia, Finlandia, Italia hanno già coalizioni con l’estrema destra, in Francia Marine Le Pen non ha neppure bisogno di intervenire per far aumentare i consensi (alza di più la voce la sfidante all’estrema destra Marion Maréchal, la nipote, testa di lista per il partito di Zemmour), in Germania l’Afd miete successi nei sondaggi e nelle elezioni locali non solo più all’est. In Olanda, dove si vota a novembre per le legislative, le previsioni sono a favore di una nuova formazione, Bbb, un partito agrario di estrema destra, arrivato in testa alle ultime elezioni locali. In Polonia, il Pis usa persino l’Ucraina, contraddicendo la politica seguita finora, per non perdere voti nel mondo rurale e per navigare sull’onda di un inizio di rifiuto dei rifugiati di Kyiv. Con delle buone intenzioni, persino il presidente Mattarella, punta il dito contro gli accordi di Dublino, che sono «preistoria» e che effettivamente non funzionano (e hanno sempre funzionato male).

Ma più che per «colpa» della Ue, sono i costi della «non Europa» a causare l’impasse attuale. Ogni stato si chiude in quelle che presenta come proprie prerogative di «sovranità». Ungheria e Polonia hanno voltato subito le spalle ai progetti di «solidarietà» per l’accoglienza dei migranti, al punto che la Commissione ha proposto l’alternativa di contropartite finanziarie per i paesi che rifiutano di aderire alle ricollocazioni di esiliati, solo «volontarie».

I migranti sono diventati un’arma di battaglia per i paesi dove governano i nazionalisti, la narrazione dominante è ormai la loro, che il Ppe ha adottato e da cui ormai non riescono ad allontanarsi neppure i paesi più liberal, anche i socialisti danesi o i verdi tedeschi si sono convertiti alla «fermezza», per non parlare del governo francese che non sembra avere la forza per far passare una legge che include la regolarizzazione degli stranieri che lavorano nei «settori in tensione»: termini come «invasione», «sommersione», «push-back» sono moneta comune. In un periodo di alta inflazione, che sta scuotendo le basi economiche di gran parte della popolazione, il migrante si trasforma nel facile capro espiatorio foriero di tutte le colpe dei disordini sociali, la recente rivolta delle banlieues francesi ha fatto il giro d’Europa, in Polonia il Pis ha usato le immagini per la propaganda elettorale: «non vigliamo diventare come la Francia». Gli stati si scaricano a vicenda il «fardello» attraverso le frontiere interne della Ue.

Ieri, Bruxelles ha sbloccato una prima tranche di aiuti alla Tunisia, 127 milioni di euro, per il subappalto al di fuori dei suoi confini dei respingimenti, navi, guardiacoste, rimpatri, video termici ecc. Come era già stato fatto con la Turchia. «Non c’è altra soluzione» dice il Ppe. I socialisti stanno praticamente zitti. Gli europei hanno paura, viene detto. Eppure, di recente sono stati assorbiti senza troppe tensioni 8 milioni di rifugiati ucraini. Gli industriali, che hanno bisogno di manodopera, non hanno il coraggio di prendere posizione con decisione. Ma l’Europa invecchia, è un dato e non sono i convegni di Orban a Budapest con l’estrema destra europea che rilanceranno la demografia. La Ue ha 448,2 milioni di abitanti, aumentati nel 2022 di 2,8 milioni grazie agli immigrati.

È questa popolazione, presente nelle fabbriche, negli ospedali, nei servizi, nell’agricoltura, che ha aiutato la Ue a frenare il declino, l’Europa che invecchia sta diventando più povera rispetto agli Usa, il reddito pro capite, una volta non troppo distante ora si allontana. Il papa condanna «l’indifferenza», ma la battaglia morale può ancora essere vinta? Intanto, è l’isterizzazione del dibattito che la Ue dovrebbe contribuire a calmare, per tornare alle origini della costruzione europea, un’idea che può anche essere romantica, ma che è prima di tutto razionale: da soli, i piccoli stati non ce la faranno in un mondo sempre più conflittuale, chiusi dentro le proprie frontiere.

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