Green, la svolta che non c’è
Attenti ai dinosauri La rubrica digitale su ambiente e transizione ecologica a cura della Task Force Natura e Lavoro
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Dopo l’accordo tra i rappresentanti di Parlamento Europeo, Commissione e Consiglio sui punti principali della riforma ( 2023 – 2027 ), della Politica agricola comune ( PAC) , siamo all’ultimo giro di boa: manca un ultimo passaggio nel Parlamento Europeo per porre fine ad un negoziato che è durato tre anni ed ha rischiato più di una volta il naufragio. Quello approvato è un documento complesso che dovrà essere letto bene, ma sul quale è già possibile esprimere una valutazione generale.
Dopo il documento “from farm to fork” della Commissione, dopo le dichiarazioni sul Green deal europeo i 350 miliardi (tanto è il budget destinato alla politica agricola comune ,30% del bilancio comunitario), quanto finora deciso non rappresenta un passo avanti nella direzione della “Transizione ecologica” della quale tanto e spesso i vertici dell’Unione Europea hanno parlato e continuano a parlare. Non vi è la svolta green che era lecito attendersi, la lotta al cambiamento climatico resta un auspicio e ancora una volta si consegna alle grandi aziende che praticano l’agricoltura intensiva e un modello di produzione insostenibile la gran parte delle risorse finanziarie. Come nel passato il meccanismo del finanziamento per ettaro andrà a tutto vantaggio dei grandi proprietari, sacrificando così le piccole aziende e i piccoli produttori.
Né le cose vanno meglio sulla coerenza fra gli obiettivi concreti di questa Pac e la strategia del Green deal europeo che ha al centro il clima, l’ambiente e la biodiversità. Le misure destinate alla protezione degli ecosistemi sono poco cosa, solo il 25% del bilancio del primo pilastro e con diverse flessibilità e solo a partire dal 2025.
L’auspicio di Eleonora Evi, europarlamentare di Europa Verde, è che il parlamento europeo nel suo ultimo atto riesca “ ad emanciparsi dalla lobby dell’agricoltura industriale e ad ascoltare quei cittadini e quelle associazioni che da mesi contestano i contenuti di questa riforma”.
All’Italia vanno 34 miliardi che potranno diventare 50 miliardi con il cofinanziamento. Entro il 31 Dicembre il nostro paese dovrà, come gli altri paesi, definire il piano strategico nazionale. È un’ultima occasione per volgere al meglio le zone grigie del documento di riforma e tentare di introdurre qualche miglioramento.
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