Nepal, le sopravvissute alla tratta
Nepal Il peggioramento della vita provocato dal terremoto rischia di aumentare il numero di giovani che finiscono tra le mani dei trafficanti. Ma c’è chi riesce a salvarsi, dando vita a una ong unica al mondo
Nepal Il peggioramento della vita provocato dal terremoto rischia di aumentare il numero di giovani che finiscono tra le mani dei trafficanti. Ma c’è chi riesce a salvarsi, dando vita a una ong unica al mondo
«Coraggio e pazienza». Sono queste le virtù invocate dal primo ministro nepalese Sushil Koirala nel suo tardivo discorso alla nazione dopo le due violente scosse di terremoto che oltre agli edifici, hanno fatto crollare anche le speranze.
Coraggio e pazienza per ripartire, per non cedere alla disperazione e fronteggiare il pericolo di un nuovo- violento- sciame sismico. Coraggio e pazienza per resistere all’inganno di chi promette una vita migliore.
Oltre agli oltre 8 mila morti, ai 18 mila feriti e alle 300 mila case che si sono sbriciolate, il terremoto ha acuito il rischio che sempre più giovani donne cadano nella rete dello sfruttamento sessuale e del traffico di esseri umani, un crimine molto comune in Nepal.
A lanciare l’allarme è stata l’ong locale Shakti Samuha, la prima organizzazione nel mondo ad essere costituita da sopravvissute alla tratta. Il peggioramento delle condizioni di vita provocato dai danni del terremoto rischia di aumentare il numero di giovani che finiscono per affidarsi a chi, fingendo di portare aiuto, le avvicina promettendo un futuro, magari un matrimonio e un lavoro a patto di seguirlo oltre frontiera. In Nepal il mercato delle donne ha origini lontane e risale all’epoca della monarchia Rana quando il sovrano, in cerca dell’appoggio del governo britannico, regalava all’India le ragazze nepalesi, da sempre considerate tra le più belle della regione, perché intrattenessero le truppe.
Le ragazze vendute
Col passare degli anni e il fiorire della globalizzazione e del settore dell’intrattenimento, sono sempre di più le ragazze che, anche per una manciata di dollari, vengono vendute. Non solo in India ma anche in Cina, nelle Filippine, in Corea, in Sud Africa. Il distretto di Sindhupalchok, a nord di Kathmandu, si trova nei pressi dell’epicentro del sisma dello scorso 25 aprile ed è li che si registrano i danni più evidenti: la maggior parte delle case sono state rase al suolo, le persone dormono all’aperto o si riparano con quello che trovano.
Mancano cibo e acqua e lo stato delle strade non permette ai soccorsi di raggiungere quelle zone. «La totale assenza di alternative che si respira in contesti del genere – ha spiegato Aashish Dulal, uno dei capo progetto dell’organizzazione – rende le ragazze ancora più vulnerabili ed esposte al pericolo di finire a lavorare in qualche bordello di Bangkok, Karachi o Nuova Delhi».
L’Ong, attiva in 11 distretti del Paese, dal 1996 lavora non solo sulla prevenzione e sulla protezione ma anche, attraverso un percorso di educazione, sul riassorbimento del trauma. Thapatali è uno degli slum più problematici di Kathmandu, si trova alla periferia orientale della città ed è uno dei primi quartieri in cui l’organizzazione ha iniziato a lavorare quando, nel 2012, circa 200 case, per ordine del Governo, sono state demolite all’interno di un progetto di riqualificazione dell’area.
Riassorbimento del trauma
Da allora sono circa 2 mila le persone che vivono in alloggi di fortuna. In situazioni di questo tipo i trafficanti agiscono con facilità perché, per molte donne senza prospettive, rappresentano l’unica soluzione possibile. Il rischio in questo momento, secondo l’Ong, è che le zone più colpite dal terremoto diventino il terreno in cui far lievitare i numeri del mercato dello sfruttamento. La portata del flusso di donne è difficile da definire. Gli ultimi dati disponibili risalgono all’anno 2012- 2013 quando la Commissione nepalese per i diritti umani ha elaborato delle stime che parlano di circa 13 mila giovani- tra i 12 e i 19 anni- sparite oltre confine e di altre 16 mila che hanno denunciato di essere state vittima di tentativi di rapimento.
La paura è che il prossimo rapporto contenga cifre di gran lunga superiori e che siano sempre di più le ragazze che passano clandestinamente la frontiera. La povertà e la mancanza di alfabetizzazione agevolano il raggiro. Infatti, in proporzione, il numero di ragazze (e di famiglie) che, seppur all’oscuro, si affidano volontariamente ai trafficanti attratte dall’illusione di una vita migliore è di gran lunga superiore ai casi di rapimento. Amnesty International, in un rapporto sullo sfruttamento sessuale, ha fotografato le condizioni ideali per il lavoro dei trafficanti: miseria e disagio, scarso- quando non inesistente – accesso all’educazione, la mancata conoscenza della lingua di un paese straniero, gettano le basi per una dipendenza fisica e psicologica delle ragazze che, passando la frontiera senza documenti, non sanno, qualora riescano a fuggire, come tornare indietro.
Miseria e disagio
Nelle prime settimane la gestione dell’emergenza si concentra sul portare aiuti di prima necessità. «Per cercare di trattenere il maggior numero di donne dal compiere una scelta sbagliata- ha spiegato Dalal- insieme a cibo e tende stiamo cercando anche di portare generi di conforto femminili come assorbenti e spazzolini da denti».
Centrale nell’attività dell’ong è il supporto psicologico offerto alle ragazze a rischio sparizione. Le giovani sopravvissute alla tratta, portano la loro testimonianza in giro per le aree più critiche. Alcune sono state rapite appena adolescenti e recuperate dopo anni costrette a prostituirsi o a trascorrere la notte con facoltosi uomini d’affari in vacanza. Vanno in giro per le macerie dei distretti e raccontano quanto sia stato caro il prezzo che hanno pagato. Un prezzo doppio. Quello dell’inganno e della schiavitù.
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