«Con sforzi straordinari, abbiamo prevalso su difficoltà e sfide senza precedenti. Ma siamo ora entrati in una nuova fase della risposta al Covid in cui rimangono sfide difficili».

NEL DISCORSO di fine anno, Xi Jinping ha definito il nuovo indirizzo della strategia nazionale in merito al coronavirus, dopo il passaggio dalle draconiane restrizioni della strategia Zero Covid a un disordinato «libera tutti» che ha causato un’ondata di contagi e, secondo diverse stime, potrebbe portare a milioni di morti durante l’inverno.

E lo ha fatto rivendicando i successi della politica smantellata lo scorso 7 dicembre, nonostante una forte pressione su ospedali, obitori e farmacie e la decisione del governo di non comunicare più i dati giornalieri dei casi di Covid. Scelta che ha alimentato le speculazioni internazionali sulla poca trasparenza dei numeri di contagi e decessi trasmessi dalle autorità sanitarie cinesi.

La Repubblica popolare però non resta indifferente all’impennata di contagi e implementa la rete di monitoraggio. L’attività di sorveglianza epidemiologica del coronavirus nelle acque reflue urbane, già presente in diverse città, è finalmente entrata nelle direttive nazionali cinesi sulla gestione del Covid-19: i governi locali dovranno così sorvegliare le acque reflue per ottenere un sequenziamento genomico utile a individuare la comparsa di nuove varianti del virus.

La decisione sembra rispondere al timore espresso dalla comunità scientifica internazionale e ribadito nell’incontro virtuale di ieri tra gli esperti dell’Oms e i funzionari della sanità cinese.

GLI SCIENZIATI dell’Organizzazione di Ginevra hanno invitato le autorità cinesi a fornire un «quadro realistico» della situazione epidemica nel paese. C’è poi il tema della condivisione dei valori delle sottovarianti di Omicron, a cui Pechino ha risposto poco prima dell’incontro con l’invio al database internazionale GISAID dei dati sulla sequenza del genoma di centinaia di casi di Covid-19 recentemente campionati in tutto il paese: dalla raccolta non emerge la presenza di una nuovo lignaggio.

Il peggio sarebbe passato almeno nei grandi centri urbani. Stando a uno studio prodotto dai ricercatori cinesi e pubblicato il 1° gennaio sul Global Times, in diverse città metropolitane cinesi, tra cui Pechino, Shanghai e Guangzhou, è stato raggiunto il picco di infezione da Covid-19.

Proprio a Shanghai, città che ha vissuto un duro lockdown tra aprile e maggio scorso, circa il 70% dei 25 milioni di residenti potrebbe essere stato infettato, stando a quanto affermato al Quotidiano del Popolo da Chen Erzhen, vice presidente dell’importante ospedale cittadino Ruijin e membro del gruppo consultivo di esperti Covid di Shanghai. L’emergenza sanitaria è però tutt’altro che finita secondo il medico del Ruijin, dove i casi urgenti sono circa 1.600 al giorno, l’80% dei quali costituito da pazienti anziani e fragili.

I cittadini cinesi hanno tuttavia ripreso in mano le proprie abitudini, confermando la tesi dello studio pubblicato sulla testata in lingua inglese vicina al Partito comunista. Gli abitanti delle 11 città più grandi della Cina sono tornati ad affollare i treni della metro e le strade urbane: segno, questo, di un calo delle infezioni.

I FUNZIONARI SANITARI si preparano ora ad affrontare il picco di contagi nelle zone rurali e nelle piccole città che si registrerà a fine mese, in concomitanza con il Capodanno lunare (che quest’anno cade il 22 gennaio).

Le prossime settimane, che precedono la festività cinese, saranno una finestra importante per valutare come il sistema sanitario dei piccoli centri urbani reggerà all’impatto del picco dei contagi: si teme infatti che l’arrivo di parenti e amici dalle zone metropolitane possa esporre a rischi sanitari i fragili e gli anziani, che rappresentano una grossa fetta di persone non vaccinate contro il virus. Le conseguenze anche sociali del drastico cambio di passo sulla strategia Zero Covid potrebbero essere ancora più evidenti nelle zone rurali.

SECONDO diversi esperti menzionati dal Financial Times, la sollevazione delle restrizioni anti-virus farà emergere le disuguaglianze scolastiche tra studenti delle grandi città e quelli delle aree rurali. Prima che la pandemia colpisse il paese, il governo aveva infatti investito nelle aree rurali nel tentativo di ridurre il gap scolastico con le grandi città.

Come accaduto altrove durante la pandemia, anche qui la didattica si è spostata sulle piattaforme digitali, ma diversi studenti, non potendo disporre di una rete internet abbastanza potente, hanno registrato una regressione del livello di apprendimento. Una conseguenza che nei prossimi anni peserà su Xi e il Pcc, che devono già fare i conti con l’alta disoccupazione giovanile.