Nella Repubblica democratica del Congo scoppia la rivolta: morti 3 caschi blu e 12 civili
Africa La protesta Congo contro la missione delle Nazioni unite Monusco, «inutile» contro la violenza dei gruppi armati
Africa La protesta Congo contro la missione delle Nazioni unite Monusco, «inutile» contro la violenza dei gruppi armati
Le province orientali della Repubblica democratica del Congo, in particolare Nord e Sud Kivu e Ituri, sono da tre giorni un calderone che ribolle di dolore, rabbia e rancore verso le Nazioni unite. Ieri la polizia congolese è stata dispiegata in forze in diverse città delle tre province: Goma, la più importante, ma anche a Butembo, Sake, Beni, dove da lunedì si svolgono manifestazioni rabbiose e a tratti violente per chiedere la fine della missione delle Nazioni unite Monusco, accusata di essere inefficace nella lotta contro i gruppi armati.
I MANIFESTANTI hanno saccheggiato un magazzino della Monusco a Goma, dove c’è il quartier generale Onu, distrutto le strutture della Monusco a Butembo e Nyamilima, lanciato pietre e bastoni contro i caschi blu. Il bilancio della giornata di martedì è invece tragico: 15 vittime, di cui 12 manifestanti e tre caschi blu, due indiani e un marocchino, e decine di feriti, anche da colpi di arma da fuoco. L’agenzia Reuters, ieri mattina, riportava diverse testimonianze di manifestanti che accusano i caschi blu di avere fatto fuoco sulla folla con proiettili veri, accuse negate dal comando della Monusco.
SE A GOMA ieri regnava una relativa calma nella città di Beni, nel nord del Kivu settentrionale, gruppi di giovani hanno barricato con le macerie le strade del centro direzionale, dove negozi e attività commerciali erano chiusi, costringendo polizia e militari congolesi a dispiegarsi in forze in città e pattugliare le principali strade per tutto il giorno, in particolare lungo la statale 4 che conduce alle basi Onu. A Sake, 30 chilometri da Goma, dei manifestanti che volevano assaltare un campo militare della Monusco sono stati dispersi con i gas lacrimogeni dalla polizia.
Domenica sera l’ala giovanile del partito Unione per la Democrazia e il Progresso Sociale, il partito politico del presidente congolese Felix Tshisekedi, ha annunciato una manifestazione per la mattina successiva, quando nonostante il divieto delle autorità locali una nutrita folla si è radunata di fronte alla base Onu di Goma, in Sud Kivu. La giornata di lunedì, a parte i toni e qualche scaramuccia, è trascorsa relativamente tranquilla ma in realtà è stata solo un frugale antipasto del giorno successivo, quando è esplosa una violenza durissima che ha portato, a Butembo, addirittura alla morte di tre caschi blu. Martedì a Goma i manifestanti hanno assaltato il comando e gli uffici della Monusco, ma anche diversi magazzini, che sono stati saccheggiati e poi dati alle fiamme: diversi video visionati dal manifesto mostrano i manifestanti che portano via materassi, transenne e persino stendipanni, oltre beni di ogni tipo. Tra i quali, si teme, vi siano armi e munizioni: I caschi blu «erano sottoposti a una pressione tremenda, le persone li hanno spinti all’estremo per raggiungere questi magazzini e si sono trattenuti» dal fare fuoco contro di loro, ha dichiarato martedì sera Kassim Diagne, il vice capo missione Onu in Rdc. In altri video si vedono funzionari Onu, elmetto in testa e giubbotto antiproiettile indossato, che trasferiscono documenti ed effetti personali fuori dagli uffici, in una rapida operazione di evacuazione coadiuvata dall’esercito congolese, che ha messo loro a disposizione un convoglio per lasciare Goma.
LA RABBIA dei congolesi è frutto di 20 anni di promesse di maggior sicurezza da parte della politica, ma anche della presenza “inefficace” della missione Onu, che oggi meno che mai riesce a garantire un minimo di sicurezza alla popolazione. Negli ultimi mesi si assiste infatti a una recrudescenza delle violenze dei gruppi armati, con il più sanguinario, l’M23, che è tornato in forze come un incubo ricorrente, dopo che lo si credeva sconfitto da almeno un decennio. Sulla falsariga della missione Minusma in Mali, molto contestata dalle popolazioni locali, anche la Monusco sembra non sapere più da che parte girarsi per fronteggiare le violenze.
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