Bisogna accontentarsi: è quanto di più vicino a un confronto diretto passerà il convento. Giorgia Meloni ed Elly Schlein a due ore di distanza l’una dall’altra, stesso palco, quello del festival dell’Economia di Trento, intervistatori diversi, Maria Latella per la premier, Ferruccio De Bortoli per la segretaria del Pd. Uno sforzo in più scegliendone uno solo gli organizzatori potevano pur farlo. Peccato che sia un confronto senza’anima. Senza le facce, senza le espressioni, le interruzioni, gli sbotti resta solo un simulacro. Più precisamente restano solo le cose che le due hanno da dire e che si riducono a spot elettorale. Silvio Berlusconi, almeno, si teneva sempre in serbo una sorpresa per il finale delle campagne elettorali. Conosceva i media. I due spot di Trento invece si ripetono a loop da settimane.

«O LA VA O LA SPACCA», carica l’intera posta sul tavolo verde del premierato Giorgia Meloni e in effetti un referendum o lo si vince o lo si perde. Intende dire che lei potrebbe anche galleggiare senza rischiare niente, ma che gusto ci sarebbe: «Per me vale la pena di fare questa vita se quando hai finito puoi guardarti alle spalle e dire che ne valeva la pena». Non precisamente un modello di retorica ateniese ma il concetto è chiaro. Per magnificare la sua riforma, come fa già da un paio di settimane, mette da parte il populismo e guarda al portafogli: «L’elezione diretta è una misura democratica ma anche economica perché rafforza ogni possibilità di far crescere l’economia».

La risposta di Schlein arriva puntuale e puntualmente tira fuori il capo dello Stato, come se il problema delle istituzioni e il guaio della riforma ruotassero solo intorno al Colle: «La forzatura dell’elezione diretta fa saltare l’equilibrio tra i poteri. Quelli del presidente non vanno toccati». Del parlamento ne parliamo un’altra volta, tanto già conta zero e che vuoi che sia in una Repubblica parlamentare?

Meloni al Festival dell’Economia di Trento Ansa
Meloni al Festival dell’Economia di Trento Ansa

LE LAME INCROCIATE fanno scintille sul lavoro. Attacca la premier: «Schlein parla di lavoro povero? Così ci ricorda i disastri della sinistra al governo». Segue succinto elenco. La leader dem non nega: «Se avessimo fatto tutto bene una come me non sarebbe segretaria del Pd. Però dopo 19 mesi di governo le chiedo per quanto tempo intenda scaricare le responsabilità sui governi precedenti anziché assumersi le proprie». Hanno ragione entrambe. Pari e patta.

L’imbarazzo maggiore, per la donna che governa l’Italia, si chiama redditometro. Infatti farfuglia. «Ho sospeso la norma perché la voglio vedere meglio». Sembra un’ovvietà e lo è. Insomma, «bisogna capire quale norma sia più efficace contro la grande evasione e per garantire il cittadino». Lei però non ha cambiato idea: «Contraria al redditometro ero e contraria sono». Come sia spuntato dal cilindro del suo governo non lo dice.

Il governo «è confuso e ha dimostrato grande incoerenza», rintuzza Schlein. Come darle torto? Poi glissa e sfugge correndo al riparo dei «19 condoni in 19 mesi». Il repentino cambio d’argomento è strategico. In effetti il governo è senza dubbio confuso ma il Pd cosa pensi del redditometro sembra deciso a non dirlo neppure con la tortura. Attaccarlo vuol dire inimicarsi una base che reclama la guerra contro gli evasori. Per difendere uno strumento di assoluta impopolarità a un passo dalle urne ci vuole però un coraggio da leone.

LO SCAMBIO DI BATTUTE finisce qui. Per il resto Elly Schlein attacca a tutto campo con particolare cura per la battuta a effetto: «Toti che non si dimette è ’Il silenzio degli indecenti’». La premier segnala l’esistenza di punti in comune tra lei e Marine Le Pen, e chi l’avrebbe mai detto, ma non significa che l’unificazione dei due eurogruppi sia possibile. Non se ne parla nemmeno anche perché lo scontro tra le due primedonne della destra farebbe sembrare quello con la rivale del Pd una chiacchierata tra amiche. Meloni esalta anche l’accordo sui migranti con Edi Rama, negando che il premier albanese sia invece perplesso, e coglie l’occasione per ironizzare: «Io e Rama ci siamo chiusi in una stanza e non ci hanno visto arrivare». Oh ma allora la battuta di Schlein le piace? «Altroché». Nessuno è profeta in patria. Il grande successo Lisa Levenstein, autrice nel 2020 di They Didn’t See us Coming, lo ha trovato in Italia. Peccato che non lo sappia nessuno.