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«Negligenze di Stato contro il disastro ambientale»

«Negligenze di Stato contro il disastro ambientale»

Clima e giustizia «Inerzia al potere». Ma il Tribunale di Roma se ne lava le mani

Pubblicato 7 mesi faEdizione del 14 marzo 2024

Omissione rispetto ai doveri assunti a livello internazionale, inadempienza e minaccia al godimento dei diritti fondamentali. Sarebbero queste le responsabilità del nostro Paese in ambito climatico secondo quanto documentato nel rapporto «Inerzia al potere – Gli obblighi climatici e la persistente negligenza dello Stato italiano», parte integrante della campagna Giudizio Universale.

A REALIZZARLO È L’ASSOCIAZIONE A SUD, capofila nel contenzioso climatico intentato presso la seconda sezione del Tribunale civile di Roma da 203 attori, tra cui 24 associazioni e 179 individui, di cui 17 minori, che la scorsa settimana è giunto a sentenza con la dichiarazione di inammissibilità per difetto assoluto di giurisdizione. I ricorrenti avevano richiesto di dichiarare lo Stato responsabile «di inadempienza nel contrasto all’emergenza climatica» e di obbligarlo a «mettere in atto tutte le misure necessarie a garantire la stabilità climatica, innalzando in maniera adeguata i target di riduzione delle emissioni».

LA QUESTIONE PERÒ È STATA RITENUTA politica e non giuridica. È proprio sul piano politico e legislativo che il rapporto «Inerzia al potere» denuncia le inadempienze perpetrate in ambito climatico. L’Italia, tra i 20 paesi maggiormente responsabili delle emissioni di CO2 tra il 1850 e il 2021 per attività antropica, non starebbe attuando tutti gli sforzi di mitigazione necessari, nonostante siano già stati accertati per eventi climatici estremi 22 mila vittime e 111 miliardi di euro di danni tra il 1980 e il 2022 (stime Agenzia europea per l’ambiente), 122 morti solo tra gennaio e maggio 2023. Se altri Paesi seguissero l’andamento delle politiche italiane, scrivono gli autori, «ciò porterebbe a un riscaldamento globale senza precedenti di oltre 3°C entro la fine del secolo». Al Belpaese mancherebbe anzitutto una legge quadro sul clima.

«L’Italia – avvertono – è tra i 5 paesi europei con il bilancio peggiore in ambito di azioni per la protezione del clima e tra i paesi con i risultati più bassi in assoluto a livello globale». È stata proprio l’inadempienza climatica a motivare l’avvio del contenzioso nel 2021, sulla scorta di altre cause intentate nel resto d’Europa, che hanno portato – contrariamente al caso nostrano – a esiti diversi.

La richiesta di condanna dello Stato – hanno chiarito i ricorrenti – non prevedeva un risarcimento economico, bensì l’obbligo – sulla base dell’Accordo di Parigi sul clima – di abbattere drasticamente le emissioni di gas serra entro il 2030, contenendo il riscaldamento globale entro 1,5°C e al di sotto dei 2°C a fine secolo. Quella perpetrata dal nostro Paese, «responsabile di non perseguire una politica climatica conforme alle acquisizioni scientifiche più avanzate», costituirebbe – a loro avviso – una condotta illecita. Questo contenzioso non sarebbe il solo: l’Italia è tra i 33 Paesi accusati nel 2023, da sei giovani portoghesi, di inazione climatica dinanzi alla Corte Europea dei diritti dell’uomo (caso Duarte).

LA CONSEGUENZA DELL’INAZIONE CLIMATICA – denuncia A Sud – sarebbe la violazione di diritti fondamentali, come quello alla salute, alla vita, alla cultura, all’abitazione, al cibo, all’acqua e ai servizi igienico-sanitari. «L’Italia – si legge nel rapporto Inerzia al potere – ha contribuito, e continua a farlo, in modo grave e sproporzionato all’emergenza climatica in corso, pur essendo una delle economie mondiali dotate di maggiori capacità finanziaria e tecnologica utili per intraprendere un reale processo di decarbonizzazione in tutti i settori rilevanti della società».

LE ONDATE DI CALORE, I NUBIFRAGI, gli allagamenti, lo scioglimento dei ghiacciai verificatisi di recente in proporzioni molto più elevate rispetto al passato, come dimostrato dai dati scientifici, rendono sempre più evidente il ruolo di hotspot climatico che il nostro Paese ricopre. In accordo con i principi di equità e responsabilità differenziate sottoscritti in sede internazionale, per adempiere alla propria quota equa (fair share), l’Italia – chiariscono gli autori – «dovrebbe perseguire una riduzione delle emissioni di CO2 del 92% al 2030 rispetto ai livelli del 1990 (o del 114% entro il 2030 rispetto ai livelli del 2010)».

Sorprende che sia proprio lo Stato italiano nel 2021 ad aver riconosciuto, dinanzi alla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, l’esistenza di un «obbligo positivo di proteggere le persone sotto la sua giurisdizione da possibili danni alla loro salute e alla loro sfera personale dovuti al cambiamento climatico».

TUTTAVIA, NONOSTANTE LA RIFORMA costituzionale del 2022 in materia di tutela ambientale, le politiche energetiche sono rimaste vincolate ai combustibili fossili. «Nel 2020 – spiegano i ricercatori di A Sud – l’Italia è risultata il secondo paese per consumi di gas a livello europeo. Nel 2022 lo Stato ha destinato 63 miliardi di dollari per sussidi ai combustibili fossili». Sarebbero di fatto inadeguate molte delle misure adottate, dal Pniec di cui si denuncia la mancata trasparenza al rilascio di nuove concessioni petrolifere.

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