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“Negli stadi del Qatar condizioni da schiavi”

Operai al lavoro in un cantiere in Qatar (Reuters)Il lavoro di alcuni operai edili in Qatar – Reuters

Edili Protesta dei sindacati davanti alla Figc: "La Fifa e i governi si interessino degli operai che lavorano ai Mondiali 2022". Fino a 16 ore in cantiere, nessun diritto né tutela, privati del loro passaporto: ne sono morti già 1200

Pubblicato più di 9 anni faEdizione del 15 aprile 2015

Fino a 16 ore di lavoro al giorno per paghe da fame, nessun diritto di associazione sindacale, 1200 morti tra incidenti e infarti: è il quadro tracciato dai sindacati edili mondiali sulla condizione degli operai che stanno costruendo stadi e infrastrutture in Qatar, in vista del mondiale di calcio 2022. La gran parte sono immigrati, da Paesi asiatici come India, Filippine, Nepal o Bangladesh, e a moltissimi di loro viene applicato il cosiddetto sistema della Kafala, ovvero il ritiro del passaporto da parte dell’impresa utilizzatrice. In questo modo non possono protestare, restano perennemente prigionieri e sono costretti a dire di sì a qualsiasi richiesta dei caporali.

Per dire basta a questo sfruttamento la federazione dei sindacati mondiali degli edili, la Bwi, con la sua struttura europea (la Efbww), ha lanciato una campagna dal titolo “Cartellino rosso alla Fifa”, per sensibilizzare prima di tutto il committente dei Giochi. E ieri, a Roma, Fillea Cgil, Filca Cisl e Feneal Uil hanno manifestato davanti alla Figc, ramo italiano della Fifa. I tre segretari generali, che hanno scritto anche al premier Matteo Renzi, sono stati ricevuti dal responsabile rapporti istituzionali della Figc, che ha preso l’impegno di studiare il materiale presentato dal sindacato e parlarne con la Fifa.

E dire che il Qatar ha il Pil pro capite più alto del mondo, ma come spiegano Fillea, Filca e Feneal, la sua popolazione è formata da due milioni di persone, dei quali solo il 10% è originario di quel Paese. C’è una grandissima quantità di lavoratori migranti, si stima che siano oggi 1,2 milioni addetti alla costruzione di Qatar 2022, e che potrebbero raddoppiare entro la data dei mondiali. “Per l’organizzazione della Coppa del Mondo sono stati stanziati diversi milioni di dollari – dicono i sindacati – ma gli operai edili guadagnano soltanto tra i 96 e i 300 dollari al mese, lavorando più di 12 ore, spesso anche fino a 16, per 6 giorni alla settimana”.

“Per molte ore della giornata gli edili sono costretti a lavorare sotto il sole cocente, con temperature fino a 50 gradi – spiega il segretario della Fillea Cgil, Walter Schiavella – E dire che per i calciatori e gli spettatori si stanno mettendo in piedi le migliori condizioni di accoglienza, con tanto di condizionatori e altri servizi”. Altissimo il numero delle morti per malore o infarto, i sindacati stimano fino a 900 dei 1200 operai che hanno perso la vita finora: e entro il 2022 si potrebbe arrivare a 4 mila vittime totali. Non esistono stime ufficiali, perché questi lavoratori sono come “fantasmi” sia per le imprese che li utilizzano, sia per lo stesso Qatar: i dati vengono da alcune organizzazioni non governative che riescono a operare sul posto e da una ispezione svolta dal sindacato nei cantieri.

I sindacati chiedono al governo del Qatar di abolire il sistema del Kafala e il visto di uscita richiesto a chi lascia il Paese: venendo sequestrati i passaporti di chi lavora, è praticamente impossibile per tutti questi operai lasciare lo Stato del Golfo. Inoltre, alle imprese utilizzatrici – che spesso si appoggiano ad agenzie interinali che fanno base nei paesi di origine dei migranti – si chiede di assumere direttamente gli edili, di retribuirli con contratti regolari, inclusa anche un’assicurazione medica. Tutela di cui sono sprovvisti, come non esistono ispettori del lavoro: praticamente gli stadi e le infrastrutture vengono costruiti da personale in stato di schiavitù.

La stessa campagna i sindacati degli edili la stanno mettendo in campo anche per i mondiali del 2018, che si giocheranno in Russia: anche in questo caso, ci sono denunce di condizioni di lavoro molto pesanti, con pochi diritti e tutele per gli operai impegnati. “Le campagne di sensibilizzazione e sindacalizzazione possono cambiare le cose – spiegano Fillea, Filca e Feneal – In Sud Africa più di 30 mila lavoratori si sono iscritti ai sindacati prima della Coppa del Mondo Fifa 2010, e prima dei mondiali 2014, in Brasile, i sindacati sono stati in grado di mobilitare circa 130 mila lavoratori in 26 scioperi, che hanno portato a un aumento dei salari e a condizioni di lavoro più sicure”.

Non solo lavoro: anche le condizioni di vita degli operai del Qatar sono più che precarie, visto che vengono alloggiati in baracche senza luce, gas, elettricità, acqua corrente e servizi igienici, piene di topi, con il rischio di contrarre malattie. “Speriamo davvero che la Figc si faccia portavoce della nostra protesta alla Fifa – dice Domenico Pesenti, segretario della Filca Cisl – Noi continuiamo a stare in piazza, e il 29 maggio faremo un presidio a Zurigo, proprio nel giorno in cui la Fifa eleggerà i suoi vertici”. “I social e i mezzi di informazione ci possono aiutare molto in questa battaglia – conclude Vito Panzarella, segretario Feneal Uil – Abbiamo scritto anche a Renzi, perché non può mancare l’interessamento dei singoli governi dei Paesi che parteciperanno ai giochi”.

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