Navi hot spot tra vergogna e propaganda
La scelta del governo di risolvere con le «navi quarantena» i problemi legati all’accoglienza di persone che arrivano via mare dal nord Africa in periodo di covid è, oltre che […]
La scelta del governo di risolvere con le «navi quarantena» i problemi legati all’accoglienza di persone che arrivano via mare dal nord Africa in periodo di covid è, oltre che […]
La scelta del governo di risolvere con le «navi quarantena» i problemi legati all’accoglienza di persone che arrivano via mare dal nord Africa in periodo di covid è, oltre che sbagliata dal punto di vista sanitario, davvero poco comprensibile.
L’unica spiegazione possibile è che, agendo così, il governo intenda lanciare agli italiani e alle italiane un messaggio politico-propagandistico, dimostrando cioè di mettere al primo posto la loro salute, tenendo lontani i potenziali «untori» che arrivano dal mare.
Quali sono i problemi provocati dalle navi quarantena?
Innanzitutto accogliere centinaia di persone in un unico luogo genera promiscuità non solo tra persone che non dovrebbero stare insieme, ad esempio adulti e minori non accompagnati, ma tra eventuali positivi e non, favorendo così il contagio e contravvenendo a quel principio del distanziamento che ci viene proposto dall’inizio dell’emergenza sanitaria.
Agli italiani che rientrano in Italia da Paesi a rischio o agli stranieri che arrivano da quei Paesi viene fatto il tampone e, in attesa dell’esito, vengono collocati in quarantena fiduciaria in strutture del territorio o nelle loro case, se ce ne sono le condizioni.
Perché per gli stranieri richiedenti asilo, o potenziali richiedenti asilo, si attiva una procedura diversa da quella applicata a tutti gli altri? Ma c’è di più.
Da alcune settimane queste navi ospitano anche quei richiedenti asilo accolti all’interno del sistema di accoglienza che sono risultati positivi al covid e che evidentemente il Viminale, anziché reperire alloggi idonei, trova più comodo spedire su queste navi che diventano così inevitabilmente focolai del virus.
Senza essere sottoposti a nessun provvedimento limitativo della libertà personale adottato dalle autorità preposte, queste persone sono prelevate, trasferite e trattenute coattivamente, mentre per gli italiani che non rispettano la quarantena, sono previste soltanto sanzioni pecuniarie.
L’Arci ha ricevuto diverse segnalazioni relative a richiedenti asilo ospitati in CAS che, risultati positivi al covid, sono stati trasferiti, nottetempo e senza spiegazioni, con mezzi della Croce Rossa, in presenza di personale di polizia, da Roma in Sicilia e poi fatti salire su due delle navi quarantena operative.
Queste persone sono state di fatto rinchiuse, private della libertà, al di fuori e contro ogni norma di legge, subendo un trattamento illegale e discriminatorio. Alcuni di loro hanno subito anche un ulteriore danno.
Fatti sbarcare dalla nave, sono tornati a Roma e qui si sono visti sbattere la porta in faccia dal centro nel quale erano ospitati. Non solo. È stato loro consegnato un documento, dalla Questura del luogo di «dimissioni/rilascio» in Sicilia, che li obbligava, pena la perdita della regolarità del soggiorno, a presentarsi in Questura a Roma.
Così, alla fine di quest’assurda odissea, si ritrovano a dormire per strada, contro qualsiasi norma che regola il diritto d’asilo e dopo aver subito un trattamento che con la sicurezza sanitaria non ha nulla a che fare.
C’è poi un’ultima questione, forse la più grave fra quelle indicate finora. Centinaia di persone tradotte sulle navi quarantena subito dopo il loro arrivo sulle nostre coste, sono rimaste chiuse in questi veri e propri hot spot galleggianti per i giorni previsti dalla quarantena, ricevendo poi un provvedimento di rimpatrio basato solo sulla loro nazionalità, senza aver ricevuto, come sarebbe stato loro diritto, nessuna informazione sulla procedura d’asilo.
Una scelta dettata dalla constatazione che si tratta in gran parte di tunisini e che la Tunisia sarebbe un Paese sicuro. La stessa spiegazione che ci veniva data quando, prima delle primavere arabe, c’era Ben Ali.
Eppure, dalle statistiche sui riconoscimenti della protezione internazionale, sappiamo che una, sia pur piccola, percentuale di tunisini hanno ottenuto l’asilo.
Come si fa a decidere a priori chi ne ha diritto e chi no, senza consentire di accedere alla relativa procedura? E il principio di non refoulement, il cui mancato rispetto da parte dell’Italia è stato più volte censurato, come viene garantito?
Sono domande che ci piacerebbe porre al governo e alla maggioranza che lo sostiene, oltre che al Viminale e al Ministero della Salute, sperando che con l’obiettivo dichiarato di contenere il virus non si producano altri danni e che si possa chiudere velocemente questa brutta pagina delle navi hotspot.
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