Naufragio in Grecia, prime ammissioni della Guardia costiera
Ecatombe «Lanciata una corda per legare la motovedetta al peschereccio» Una manovra azzardata compiuta prima della tragedia
Ecatombe «Lanciata una corda per legare la motovedetta al peschereccio» Una manovra azzardata compiuta prima della tragedia
EcatombeIl comunicato della Guardia costiera greca arriva nel primo pomeriggio di ieri, a fare crollare il precario castello delle ricostruzioni diffuse fino a quel momento da Atene: «Circa tre ore prima dell’affondamento, una motovedetta della Guardia costiera greca si è avvicinata al peschereccio e ha lanciato una corda per accertarsi delle condizioni della nave e dei suoi occupanti. Durante l’avvicinamento le imbarcazioni sono state legate per evitare che si allontanassero mentre avveniva la comunicazione tra il capitano della motovedetta e i migranti sul ponte esterno. Questa procedura è durata alcuni minuti e poi, dopo che l’imbarcazione è stata slegata dagli stessi migranti» la motovedetta si è allontanata e ha osservato il peschereccio «da una distanza ravvicinata». Nelle ore successive al naufragio – le cui vittime accertate sono 78, ma sono centinaia i dispersi – si erano accumulate le testimonianze dei sopravvissuti che parlavano del tentativo della Guardia costiera di trainare con una corda il peschereccio rimasto con il motore fuori uso. A seguito dell’intervento, secondo alcuni superstiti, la nave si sarebbe ribaltata.
MA FINO A IERI il portavoce della Guardia costiera, Nikos Alexiou, aveva smentito la ricostruzione, spiegando durante un’intervista con l’emittente Ant, che delle corde potevano semmai essere state lanciate da alcune navi cargo per rifornire di viveri i naufraghi. Già nella mattina di ieri il portavoce del governo a interim Ilias Siakantaris, intervistato da Ert, aveva offerto un’altra ricostruzione. «Una corda è stata lanciata per avvicinare il peschereccio e vedere se i migranti volevano aiuto, ma loro hanno rifiutato», aveva ribadito, ricordando comunque che «c’era tensione a bordo». Poche ore dopo, il comunicato della Guardia costiera stravolge la ricostruzione, e il governo prende tempo. «Stabilire le circostanze e le cause del fatale rovesciamento richiede un’indagine approfondita e complesse valutazioni tecniche», ha fatto sapere l’ufficio stampa del premier Ioannis Sarmas, ribadendo che spetterà poi alla magistratura esprimere «un giudizio istituzionale definitivo».
INTANTO nel porto di Kalamata, nel magazzino dove erano stati alloggiati i superstiti del naufragio, rimangono solo i materassini e qualche sacco della spazzatura a testimonianza del loro passaggio. In 71, ieri mattina, sono stati imbarcati nei pullman, sotto gli occhi della polizia impegnata a prevenire ogni contatto con i giornalisti, per essere trasferiti nel centro di accoglienza di Malakasa, a nord di Atene, dove verranno portate avanti le procedure di identificazione. L’unico momento di gioia, in una mattina segnata dall’angoscia, è quando Fadi, rifugiato siriano arrivato dall’Olanda in cerca dei propri familiari, riconosce il fratello 18enne tra i superstiti. «Grazie al cielo sei vivo» gli dice mentre bacia il suo volto, stringendolo oltre le sbarre della recinzione che separa il magazzino dove sono alloggiati i superstiti dal resto del molo. Ventisette dei sopravvissuti rimangono ricoverati nell’ospedale di Kalamata, in buone condizioni di salute: l’unico a destare preoccupazioni è un ragazzo di 16 anni con problemi respiratori che pure, secondo i dottori, è in via di miglioramento.
A largo sono continuate per tutta la giornata di ieri le operazioni di soccorso, ma il mare non ha restituito altri corpi. «I sopravvissuti insistono sul fatto che a bordo dell’imbarcazione c’erano 700-750 persone: non si sa quante donne e bambini si trovassero nella stiva della nave, ma, secondo le testimonianze, al momento dell’incidente molte donne e bambini stavano dormendo», ha spiegato Christina Nikolaidou, responsabile della comunicazione dell’Oim Grecia, al sito del giornale greco «Efsyn». Tra i passeggeri, almeno 120 sarebbero siriani, molti dei quali risultano ora dispersi.
Ieri un candidato di Nea Dimokratia, Spilios Kriketos, aveva commentato che se le vittime si fossero salvate «sarebbero andate a rubare nelle piazze del centro di Atene». Kriketos è stato espulso dal suo partito ma Alexis Tsipras ha commentato dicendo che «tutto il partito della destra è costituito da gente come Kriketos. Se al posto del peschereccio ci fosse stato un panfilo in pericolo tutti i meccanismi di soccorso sarebbero scattati».
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