Nasrallah: «La rappresaglia è assicurata»
L'ammazzapersone Mentre il leader di Hezbollah parla al Paese, reduce da due giorni di esplosioni, i caccia israeliani volano a bassa quota su Beirut
L'ammazzapersone Mentre il leader di Hezbollah parla al Paese, reduce da due giorni di esplosioni, i caccia israeliani volano a bassa quota su Beirut
Volano a bassissima quota i caccia israeliani su Beirut durante il discorso del capo di Hezbollah Hassan Nasrallah. Sono le 17 e mezza locali e si sentono due esplosioni fortissime sulla capitale. Non si capisce in un primo momento se siano bombe o l’ormai radicata consuetudine di terrorizzare il popolo libanese con questa tecnica. Poi cominciano a girare i video degli aerei.
Il discorso di Nasrallah, molto atteso dopo gli attacchi di martedì e mercoledì, ha fornito pochi, ma importanti elementi su cosa c’è da aspettarsi adesso, almeno da questo lato della guerra. Il ministero della Salute libanese ha aggiornato i dati: 12 morti e 2323 feriti martedì, 25 morti e 608 feriti mercoledì. Oltre cinquecento colpiti agli occhi, 300 dei quali hanno completamente perso la vista.
«NON ESISTE alcun dubbio che l’aggressione subita sia un’aggressione importante e senza precedenti, che sarà controbattuta con delle rappresaglie severe e una giusta punizione, dove se lo aspetta (Israele, ndr) e dove no. Permettetemi di cambiare metodo: non parlerò né del momento né del luogo della risposta. Ma sicuramente il castigo arriverà. Quando e come? Lo saprete quando sarà il momento. Non ne parleremo qui. Siamo adesso nel momento più preciso, sensibile e profondo del confronto». Pur ammettendo di aver subito un «colpo duro e severo», Nasrallah ribadisce la posizione di sempre: «Il fronte libanese non arretrerà finché la guerra a Gaza non sarà finita» e probabilmente il cambio di strategia comunicativa pone l’accento sulla questione più importante all’interno della milizia-partito, quella della comunicazione interna. È molto probabile infatti che ci siano state delle infiltrazioni o delle talpe che hanno fatto in modo che i cercapersone esplosi martedì e i walkie talkie scoppiati mercoledì fossero manomessi (l’ipotesi più accreditata) e arrivassero ai membri politici, militari e logistici di Hezbollah. Si è senza dubbio resa necessaria una stretta all’interno della fila del Partito di Dio. E infatti il leader non manca di parlarne: «Abbiamo costituito una commissione d’inchiesta tecnica e securitaria e stiamo studiando tutte le ipotesi. Non siamo ancora arrivati a una conclusione, ma il dossier è ancora in fase di investigazione e di analisi minuziosa, per ciò che riguarda l’azienda, la fabbricazione, il trasporto, le procedure in Libano e la distribuzione. Quando avremo tratto una conclusione, misure appropriate saranno prese di conseguenza». Il New York Times mercoledì ha pubblicato un articolo secondo il quale la compagnia ungherese Bac che avrebbe prodotto gli apparecchi -e a cui la taiwanese Gold Apollo avrebbe subappaltato la fabbricazione- sarebbe una compagnia di copertura utilizzata dal Mossad.
«IN QUESTA NUOVA fase della guerra ci sono delle opportunità significative, ma anche dei rischi. Hezbollah si sente perseguitato, ma la serie di azioni militari continuerà. Il nostro obiettivo è quello di far tornare in sicurezza le comunità del nord (di Israele, ndr) nelle loro case. Con il passare del tempo, Hezbollah pagherà un prezzo sempre più caro» ha dichiarato il ministro alla Difesa israeliana Gallant dopo il discorso.
La diplomazie occidentali sono a lavoro e ieri si sono incontrate a Parigi. Il segretario di stato americano Antony Blinken ha affermato che non vuole «vedere nessuna escalation né da una parte né dall’altra perché ciò renderebbe ancora più difficile un cessate il fuoco a Gaza». «La Francia e gli Usa sono unanimi nel chiedere una de-escalation in medio oriente, specialmente in Libano». Il ministro britannico degli affari esteri David Lammy ha espresso la sua solidarietà al premier libanese uscente Najib Miqati per gli attentati.
OGGI LA RIUNIONE straordinaria delle Nazioni unite per parlare della questione libanese. Il ministro degli Esteri di Beirut Abou Habib ha in un comunicato ha fatto sapere che dirigerà «la delegazione libanese per condannare questo crimine terrorista, chiedere conto a Israele ed esercitare tutta la pressione possibile affinché fermi la sua aggressione contro i civili senza difesa, in tutto rispetto delle leggi e delle convenzioni internazionali»
I BOMBARDAMENTI da una parte e dall’altra del confine sono stati molti e violenti, tutta la giornata di ieri. L’esercito israeliano ha detto di aver ucciso due persone «che tentavano di mettere una bomba» presso un avamposto militare alla frontiera. Secondo il portavoce dell’esercito, i due sono stati uccisi da dei tiri di cannone e da scariche aeree. Poche ore prima aveva annunciato la morte di due suoi soldati per mano di Hezbollah. Nel pomeriggio Tel Aviv ha colpito per la prima volta dall’8 ottobre villaggi come Deir Kanoun el-Nahr, Mjadel, Markaba, Qabrikha, Bani Hayan, mentre in mattinata ha bombardato la periferia di Marjayouneh, Bint Jbeil, e ha dichiarato di aver fatto saltare un deposito di armi di Hezbollah a Khiam.
HEZBOLLAH ha invece ripetutamente attaccato le posizioni israeliane di Ramia e Zar’it, in particolare le caserme di Liman, Yaara e Adamit. In mattinata ha rivendicato due bombardamenti con «droni kamikaze, in risposta alle ostilità a Kfar Kila (Marjayouneh)». Che la guerra arrivi adesso a Beirut è una possibilità e i libanesi lo sanno. Il colpo inflitto a Hezbollah è stato anche un tentativo sia di lacerare il partito-milizia dall’interno, che di dimostrarne la pericolosità per gli altri libanesi e dividere ancora i suoi sostenitori dai detrattori all’interno del paese.
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