Nanni Moretti: «È un film dove mi metto a nudo e mi carica di energia»
«Non abbiamo nessuna novità». Esordisce così Nanni Moretti nell’incontro stampa ieri all’’Italian Pavillion. La proiezione ufficiale di Il sol dell’avvenire è prevista di lì a poche ore, la sera, è emozionato lo ammette, e felice. Insieme a lui ci sono Margherita Buy, con la quale il regista romano scherza sul suo esordio da cineasta:- «Si chiama Volare, ma lei ha paura dell’aereo, è arrivata in macchina», mentre Silvio Orlando non c’è, impegnato sul set di Virzì.
Intanto cerca sul telefonino i messaggi tra lui e il produttore Domenico Procacci, sull’ultima scena, girata ai Fori imperiali di Roma, e ripetuta molte molte volte con enormi sforzi e una magnifica disponibilità di Procacci. Applausi. Il sol dell’avvenire, secondo titolo italiano in concorso, che in Italia dove è già uscito con speciale «dispensa», come è spesso accaduto coi film di Moretti fatta eccezione per il precedente Tre piani, continua a andare molto bene in sala. Se lo aspettava Moretti?
«È un film diverso da quello che si vede di solito, pieno di cose, in cui mi metto a nudo. Nelle presentazioni in giro c’erano tanti giovani, mi hanno detto che Il sol dell’avvenire li aveva colpiti, che ha dato loro fiducia in ciò che ancora si può fare al cinema. Capita anche a me, un film che mi piace mi dà nuova energia».
In un’intervista che ho nel cassetto con Ingrao gli chiedo se il Pci poteva andare altrove. Mi ha guardato come se fossi un ingenuo: non era possibile in quel momento.
SI PARLA di cinema, dei giovani che gli piacciono «chi fa film che costano poco e che non sono modaioli, presento i loro lavori nella mia rassegna, ’Bimbi belli’». «C’è un problema nell’industria commerciale, si parla di ’film fatti per il pubblico’ che la gente non va a vedere. Penso che la vitalità di un’industria solida debba lavorare al meglio sui film commerciali».
Dei suoi ricordi al festival di Cannes, di cui è tra gli autori preferiti, dove è stato spesso da regista, premio per la migliore regia nel 1993 con Caro Diario, e Palma d’oro nel 2001 con La stanza del figlio. E come giurato, due volte, la prima insieme a Tim Burton – «persona sempre sorridente tranne quando ci hanno chiusi alla fine in una villa per deliberare». Allora la presidente della giuria era Isabelle Adjani, quindici anni dopo era lui stesso. «Mi piace fare parte delle giurie, è divertente, ci sono stato due volte anche a Venezia».
L’esordio sulla Croisette è stato nel 1978, lui era sbarcato giovane e sconosciuto con Ecce Bombo e una giacca gialla. «Quando sono stato premiato per Caro Diario era anche la prima volta facevo un film in cui interpreto me stesso, ma visto il personaggio e ciò che racconta, la malattia, sarebbe stato assurdo nascondersi. Caro Diario e questo sono i miei film in cui più di tutti c’è la mia persona, la differenza rispetto allora è che dopo Caro diario, nel quale ero arrivato alle riprese poco pronto, scrivo sempre la sceneggiatura con qualcuno» dice.
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Nanni Moretti, «La morte e il mio rapporto con il cinema»LE DOMANDE si accavallano, la conversazione continua. Niente attualità politica italiana però. Moretti si limita a a un laconico: «La destra fa la destra, la sinistra ricomincerà a fare la sinistra. Mi ha impressionato in questi giorni la reazione delle persone in Romagna, la loro totale mancanza di vittimismo».
Torniamo a vecchio ex- Pci, allora, che è al centro di Il sol dell’avvenire, e che ritorna spesso nella sua opera anche in modo diretto – pensiamo a La Cosa (1990) sulla rifondazione del partito guidata a Achille Occhetto, o a Aprile (1998) – e a quel remoto 1956 dell’invasione di Ungheria coi carro armati sovietici. Se il partito comunista italiano avesse fatto un’altra scelta, rompere cioè con Mosca, saremmo stati davvero tutti più felici? «In una intervista che ho nel cassetto Pietro Ingrao quando gli ho chiesto se cioè il Pci poteva andare altrove mi ha guardato come se fossi un ingenuo. Non era possibile in quel momento, mi piace però l’idea di creare qui, nel film, una realtà migliore specie di fronte a tanti registi che sbattono in faccia allo spettatore cose orrende compiacendosi di farlo».
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