Stefano Musolino, procuratore aggiunto a Reggio Calabria e segretario di Magistratura Democratica, il consiglio dei ministri ha dato il suo ok e i test psicoattitudinali per i magistrati sembrano essere sul punto di diventare realtà.
I magistrati hanno accolto questa notizia con disagio. E questo disagio va inserito in un contesto generale. Veniamo da attacchi personali anche molto duri, come nel caso di Iolanda Apostolico; veniamo da gravi iniziative disciplinari, come quella per il caso di Artem Uss contro i magistrati di Milano; veniamo da una situazione di palese inefficienza sul versante del processo telematico, che non sta funzionando. Veniamo insomma da una serie di iniziative che denotano soltanto intenti denigratori verso la magistratura. Questi test altro non sono che l’ennesimo tentativo di minare l’affidabilità dei magistrati davanti all’opinione pubblica. Il problema, a volerlo prendere sul serio, è far funzionare meglio i sistemi di valutazione già esistenti, che peraltro hanno tra i loro presupposti proprio l’equilibrio del magistrato.
A questi test si è anche arrivati senza un vero percorso.
La proposta dei test, in effetti, non era nella delega data al governo dal parlamento. Dunque non c’è stata alcuna vera discussione né tra le forze politiche né nell’opinione pubblica. Alla fine tutto questo sembra soltanto il tentativo di dare uno schiaffo alla magistratura, presentandola come un insieme di soggetti inaffidabili. Non dubito, per il resto che qualsiasi magistrato potrebbe superare questi test. E non perché tutti i magistrati siano perfetti, ma perché la capacità di equilibrio giurisdizionale è una materia molto diversa e molto più complessa rispetto all’equilibrio, diciamo, personale.
Non è la prima volta che si parla dei test psicoattitudinali, già ai tempi dei governi Berlusconi c’era chi li proponeva.
Sì, se ne parlava mentre alcune trasmissioni televisive creavano servizi come quello sui calzini di un giudice sgradito al governo (Raimondo Mesiano, ndr) per far passare l’idea che non fosse una persona equilibrata. Questo fatto ci ricorda quanto il discorso sui test possa anche essere pericoloso…
La Costituzione dice che in magistratura si accede per concorso e non per test psicoattitudinali. Come vede la questione da questa prospettiva?
Davanti alla Corte costituzionale si va solo in via incidentale e probabilmente nessuno avrà bisogno di fare ricorsi di questo genere perché i test non avranno capacità selettiva. La verità è che non avranno alcun effetto concreto e servono soltanto a cercare di screditare la magistratura. Mi dispiace che tutto questo sia nato da due magistrati che sono al governo (Nordio e Mantovano, ndr), che dovrebbero conoscere bene l’organismo giurisdizionale e che dovrebbero sapere che molti dei paesi che avevano misure del genere le hanno abolite da tempo.
Tra qualche giorno l’Anm deciderà se indire o meno uno sciopero. Cosa ne pensa?
Per noi lo sciopero è sempre l’extrema ratio. Ne abbiamo fatti sempre e solo quando ci sono sembrati in pericolo gli interessi dei cittadini, non abbiamo mai partecipato a scioperi corporativi. Dovrà esserci una valutazione unitaria di tutte le componenti dell’Anm.
A maggio ci sarà il congresso dell’Anm a Palermo. Magistratura Democratica come arriva a questo appuntamento?
La nostra speranza è che sarà un congresso aperto e che venga superata l’attuale fase in cui mi pare che alcune correnti, parlo di Magisratura Indipendente e di Area Democratica per la Giustizia, siano più che altro interessate ad avere attenzione mediatica a scapito degli interessi unitari della magistratura. Serve quindi maggiore consapevolezza dell’importanza di rivendicare l’unità della magistratura. L’obiettivo è questo.
Questo governo spesso utilizza le istituzioni come un manganello, da ultimo ad esempio abbiamo il caso De Caro a Bari con l’ipotesi di sciogliere il consiglio comunale a due mesi dalle elezioni. Questa durezza, però, talvolta finisce per compattare quelli che il governo ritiene essere suoi nemici. Tra le toghe, al Csm, c’è concordia nel respingere l’idea dei test. Possiamo dire che, paradossalmente, Meloni sta aiutando l’unità della magistratura?
È evidente che le divisioni vengono meno davanti a certi attacchi smodati.
Dicevamo prima che gli attacchi cominciano ormai ad essere un bel numero…
C’è una tendenza a voler indebolire le istituzioni di garanzia. E va bene che la magistratura ha un evidente profilo di contropotere, ma non è un vero potere: non possiamo inventarci o modificare le norme. Possiamo sollevare questioni costituzionali o individuare norme sovranazionali a cui rifarci, come nel caso Apostolico. Noi siamo un’istituzione di garanzia chiamata ad avere un controllo di legalità. E il governo deve avere rispetto di questo spazio.