Alias Domenica

Musei Vaticani, non dimenticare Paolo VI e Matisse

Arte Moderna e Contempornea ai Musei Vaticani: Sala dei Pontefici, dedicata a Marino MariniArte Moderna e Contempornea ai Musei Vaticani: Sala dei Pontefici, dedicata a Marino Marini

Un volume 1973-2023 50 anni di aggiornamenti della Collezione di arte moderna e contemporanea, nel segno di una sublime tradizione

Pubblicato 4 mesi faEdizione del 7 luglio 2024

Libero De Libero, un poeta a torto dimenticato che al seguito di Ungaretti, insieme a Sinisgalli, Gatto e Carrieri ha svolto, per mezzo secolo, un’intensa attività di critico d’arte, diceva che se fosse rinato, per sentirsi contemporaneo nel mondo che correva sempre più veloce, avrebbe dedicato la sua nuova vita a sfogliare i cataloghi dei musei. Molti ne aveva raccolti, dal tempo della Galleria della Cometa, complice Mimì Pecci Blunt che era sempre in giro, tra l’Europa e l’America.

Quei cataloghi, in buona parte, sono andati dispersi dopo la sua morte, nel 1981, ma Libero aveva avuto il tempo di sfogliare attentamente, nel 1964 Tesori della Pinacoteca Vaticana, pubblicato da Martello a cura di Mons. Ennio Francia, del quale era amico da tempo, e nel 1974 quello pubblicato da Silvana Editoriale e dedicato, per le cure di Mario Ferrazza e Patrizia Pignatti, alla Collezione Vaticana d’Arte Religiosa Moderna. A questi, nel 2000, seguirà un’altra fatica di Ferrazza, Collezione d’Arte Religiosa Moderna, e nel 2003 il volume di Micol Forti I Musei Vaticani e l’arte contemporanea, pubblicato da De Luca.

Ecco oggi un corposo volume di 360 pagine, dedicato a Contemporanea 50 La Collezione. Arte Moderna e Contemporanea dei Musei Vaticani 1973-2023 (Edizioni Musei Vaticani, euro 40,00, 600 ill. b/n e a colori), ovvero alla crescita, trasformazione e ricchezza di un’istituzione «incastonata – come scrive il Card. Gianfranco Ravasi – all’interno di un monumentale e glorioso complesso di arte e fede quali sono i Musei Vaticani».

Il libro, a partire dalla copertina con un particolare della Grande aura di Guido Strazza, oltre a sollecitare la visita al museo attraverso i testi introduttivi (di Barbara Jatta, del Card. José Tolentino de Mendonça e del Card. Ravasi, il Discorso di Paolo VI del 23 giugno 1973 per l’inaugurazione della Collezione, il testo di Ferrazza del 1988, i saggi di Forti, Rosalia Pagliarani e Francesca Boschetti) e gli apparati, diventa fonte di consultazione e di nuove notizie riguardanti anche le tante mostre organizzate in questi anni (da Acquisizioni della Collezione Vaticana d’Arte Religiosa moderna, Braccio di Carlo Magno 1980, alle partecipazioni alle Biennali di Venezia del 2013 e del 2015, con l’ingresso in collezione, nel 2016, dell’intera installazione di Studio Azzurro), e le varie vicende espositive, le trasformazioni dei percorsi e degli allestimenti, i seminari e i convegni, le celebrazioni, i progetti internazionali che fanno della Collezione qualcosa di mobile e flessibile, illuminandone i caratteri così come si sono man mano modificati e incrementati: un museo nel Museo ricco di oltre novemila opere, dove tradizione e innovazione trovano una perfetta sintesi, tanto da essere diventate reciprocamente indispensabili. Senza mai dimenticare la Lettera agli Artisti di Giovanni Paolo II del 2000, il discorso di Benedetto XVI del 2009, l’Esortazione Apostolica di Papa Francesco del 2013 e l’Incontro con gli artisti, del 23 giugno 2023, nella Cappella Sistina, per il 50° anniversario dell’inaugurazione della Collezione.

Le immagini riportate nel volume, attraverso questa attività che le compone e le scompone costruendo ciò che si chiama necessità della Storia, fanno il resto, perché attualizzandosi stimolano la memoria, non solo di chi c’era. Chi di voi riesce a immaginare, anche solo attraverso le foto dei giornali dell’epoca, la grande emozionante assise nella Cappella Sistina del 7 maggio 1964, con Paolo VI di fronte al mondo dell’arte, Paolo VI davanti al Crocifisso di Matisse, l’incontro del Papa con Jean Guitton, con Giuseppe Ungaretti e, poi, con Giacomo Manzù, davanti a quel capolavoro assoluto che è la Cappella della Pace realizzata per Don Giuseppe de Luca nel 1961 e dal 1973 nell’itinerario della Collezione? Luogo privato di preghiera di Don Giuseppe, conserva intatta, per chi sa soffermarsi in silenzio e vedere, tutta l’abilità dello scultore bergamasco nel tradurre visivamente i suggerimenti iconografici del prete lucano ma anche l’intensità di quelle preghiere.

Il dialogo con gli artisti, dal 1964, non è mai cessato, anzi si è fatto impegno morale, lungimiranza che sa di passione vera per una materia viva, tanto da farmi richiamare la frase di Mons. Francia per il lavoro compiuto in questi decenni dai nomi già citati, e che continua a portare avanti Micol Forti: «Amo gli artisti perché sono stati loro ad insegnarmi ad amare di più Dio… mi glorio di essere stato con loro se non proprio uno di loro; mi hanno aiutato a vivere, a capire le cose e la natura come la realtà di Dio, la vita come dono stupendo e talora straziante e la presenza dell’arte come la presenza dello Spirito».

Lo si nota benissimo anche nella scelta delle opere, che campeggiano a piena pagina nel volume e ci aprono al mondo di Vukadinov, Giuliani, Fila, Paladino, Festa, Kokoschka, Armstrong, Accardi, Almagno, Tito, Azuma, Basilico, Bialobrzeski, Biasucci, Burri, Calatrava, Carroll, Ceroli, Cintoli, Cole, Fleischer, Folon, Ghitti, Gioli, Hayter, Francesco e Mimmo Jodice, Kawauchi, Lazzari, Mancini, Marussig, Morandini, Morbiducci, Perilli, Portoghesi, Grenon, Thayaht. Questo breve elenco non solo illumina ciò che Paolo VI aveva chiamato «il canto libero e potente, di cui gli artisti sono capaci», ma mette anche in evidenza come la Collezione si sia aperta a linguaggi diversi, lontana, quindi, da pregiudizi nell’accettazione di donazioni che miravano a essere qui e non altrove, da quella di Arnaldo Ginna a quella di Franco Nobili. Quest’ultima collezione, tutta dedicata agli autoritratti, è la più singolare e difficile. L’autoritratto è sguardo interiore, è interrogazione che cerca in se stessa una risposta, è confessione. Non è un caso, quindi, che sia entrata nella Collezione Vaticana. Ha alcuni capolavori (Balla, Bartoli) e una serie di dipinti, disegni, incisioni e litografie di Accatino, Cocteau, De Chirico, Ferrazzi, Gentilini, Guidi, Levi, Maccari, Ortega, Pirandello, Rosai, Semeghini, Stradone, Tomea, Vespignani, Viviani, Ziveri, che mettono in luce le connessioni tra i vari movimenti del ventesimo secolo e il loro rapido ramificarsi.

E neppure mancano le acquisizioni dalla Biblioteca dei Musei Vaticani o dal Magazzino Privato, dalla Floreria Apostolica, dalla Segreteria di Stato, dall’Appartamento Pontificio Privato, da lasciti testamentari, a riprova, anche qui, di un vero e proprio recupero di opere donate ai Pontefici, da Pio XII a Giovanni XXIII, a Paolo VI, a Giovanni Paolo II, a Benedetto XVI, a Papa Francesco. Con occhio sempre vigile nello spulciare documenti, tanto da non sottrarsi neppure all’acquisto, presso una casa d’aste fiorentina, dello Studio per la decorazione della nuova scala dei Musei Vaticani di Antonio Maraini, del 1931-’32.

Cade a proposito, allora, il verso di Edward Cummings che il Card. de Mendonça ha posto a esergo del suo testo: «La funzione dell’amore è fabbricare lo sconosciuto».

ABBONAMENTI

Passa dalla parte del torto.

Sostieni l’informazione libera e senza padroni.
Leggi senza limiti il manifesto su sito e app in anteprima dalla mezzanotte. E tutti i servizi della membership sono inclusi.

I consigli di mema

Gli articoli dall'Archivio per approfondire questo argomento