Un’ecologia integrale verso la pace, il monito del Papa
La lettera A Terra Madre consegna il suo pensiero in difesa della biodiversità. E agli Stati: «Necessari onorevoli compromessi»
La lettera A Terra Madre consegna il suo pensiero in difesa della biodiversità. E agli Stati: «Necessari onorevoli compromessi»
Esiste un’agricoltura «malata», «strumentalizzata dalla logica del profitto» che la trasforma in un mezzo per «inquinare la terra, sfruttare i lavoratori e impoverire la biodiversità». È il cuore di una lettera privata che Francesco ha mandato lo scorso 20 settembre ai partecipanti dell’edizione 2024 di Terra Madre Salone del Gusto e che ieri, all’apertura dell’evento, l’attrice Lella Costa ha letto in pubblico. Dall’enciclica Laudato Si’ – lettera «verde» del pontificato uscita nel 2015 – a oggi la visione del Papa è chiara: crisi climatica e crisi sociale viaggiano di pari passo. Nel mezzo troppi approfittatori, chi usa l’ambiente e le sue ricchezze per fare soldi. Per questo occorre agire, attraverso una Weltanschauung che porti a «difendere la biodiversità, interrompere la deforestazione, eliminare gli sprechi, e passare velocemente a risorse rinnovabili». Il che significa anche «perseguire la strada della pace, vera urgenza di questo periodo storico».
IL TESTO del Papa, di fatto un documento programmatico con un risvolto politico ben definito, ha avuto una eco ieri anche in Lussemburgo, prima tappa di un viaggio di tre giorni del vescovo di Roma nel cuore dell’Europa. Davanti alle autorità riunite al Cercle Cité, Francesco ha insistito – è un leitmotiv che a conti fatti tiene assieme ogni conflitto in corso, Gaza e Ucraina compresi – sulla necessità di fermare le guerre cercando «onorevoli compromessi» altrimenti non potranno esserci che «inutili stragi». È sempre una strada terza rispetto alle polarizzazioni, quella che chiede di percorrere Bergoglio, «una visione sistemica che pochi politici oggi hanno», l’ha definita il fondatore di Slow Food, Carlo Petrini.
COSÌ IL PAPA a Terra Madre: appurati gli effetti disastrosi della crisi climatica, ossia «della siccità, della desertificazione, di fenomeni atmosferici sempre più violenti, della scarsità di risorse, ma anche dei conflitti e quindi delle migrazioni», è necessario tornare ai «limiti imposti dalla naturale lentezza dell’evoluzione biologica». E ancora: esiste una «biodiversità culturale che oggi va portata in salvo».
FU NEL 2007 che l’allora cardinale Bergoglio, da arcivescovo di Buenos Aires, comprese fino in fondo l’urgenza della salvaguardia del clima e dell’ambiente. Partecipava come relatore del documento finale a una conferenza dell’Episcopato Latinoamericano in Brasile, ad Aparecida. Arrivarono proposte sull’Amazzonia, dedicate a combattere la deforestazione e a salvaguardarne l’ambiente. Lui, tuttavia, le mal sopportava perché non comprendeva cosa c’entrasse l’Amazzonia con l’evangelizzazione. Poi è avvenuta quella che lui stesso ha definito una «conversione», ovvero la consapevolezza, come ha detto nel testo scritto per Terra Madre, che è proprio attraverso la difesa dell’ambiente che «passa molto della sorte di questo pianeta». E più in particolare, passa molto anche della sorte dell’attuale sistema alimentare, «incardinato sul profitto», ha detto non a caso ieri Barbara Nappini, presidente di Slow Food Italia. È tempo di «abbandonare questo approccio, per abbracciarne uno finalmente incardinato sulla vita», ha continuato.
BERGOGLIO ha ricordato ancora il Brasile e la sua foresta, «cuore biologico del pianeta, in cui vivono 33 milioni di persone, di cui circa 2,5 milioni di indigeni». Questi ultimi, ha scritto in uno dei passaggi più forti del testo, sono spesso «costretti a subire le decisioni di chi basa il suo unico credo sulla tecnocrazia e sul denaro». A fronte di ciò è necessario «intraprendere tutti, nessuno escluso, un percorso comune che mira verso un’ecologia integrale e una conversione ecologica secondo cui tutto è intimamente connesso». Perché il pianeta, «tutto quello che ci circonda, è un dono e noi tutti abbiamo il dovere di rispettarlo e preservarlo». Tutti, è la sostanza del messaggio del Papa, possono assumere il ruolo di «custodi della casa comune», «stimoli determinanti nel costruire un mondo migliore».
LA STRADA TRACCIATA da Francesco non piace a tutti. Per le sue parole in difesa dell’ambiente e contro le lobby che sfruttano il territorio in nome del profitto si è guadagnato l’appellativo, nato negli ambienti conservatori statunitensi, di «Papa comunista». Lui, tuttavia, non si sente tale. La sua battaglia è semplicemente in difesa degli ultimi e contro coloro che nel nome del «dio denaro» sono disposti a tutto.
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