Dopo il via libera al piano d’emergenza Ue sul gas la Germania registra la seconda stretta del tubo preannunciata da Mosca. Ieri Cascade, gestore della stazione di arrivo del Nord Stream nel Mecleburgo-Pomerania, ha confermato la riduzione del volume fino al 20%, ufficialmente per lo spegnimento di un’altra turbina.

ORA ATTRAVERSO la pipeline sotto al Baltico passano solamente 1,28 milioni di metri cubi di gas all’ora, metà esatta della quantità che Gazprom aveva ricominciato a pompare sei giorni fa dopo la pausa di manutenzione.
Tutto mentre il prezzo del gas non si schioda dai massimi storici: ieri alla borsa energetica di Amsterdam l’“oro blu” è stato scambiato alla stratosferica cifra di 196 euro al megawattora, con buona pace degli ottimisti fiduciosi della promessa del portavoce del Cremlino, Dmitri Peskov: «Man mano che i lavori del Nord Stream verranno eseguiti, Gazprom sarà tecnicamente in grado di pompare di più gas». Precede la chiosa russa diventata ormai quotidiana dall’inizio dell’embargo Ue: «La responsabilità, però, è delle sanzioni europee che rallentano l’arrivo dei pezzi di ricambio», è la versione di Mosca.

Accusa trasmessa in stereo insieme al numero due di Gazprom, Vitaly Markelov, pronto a puntare il dito su Siemens, incaricata della riparazione delle turbine del gasdotto. «Già lo scorso maggio l’impresa tedesca ci doveva consegnare la turbina revisionata, a oggi non l’abbiamo ancora vista» specifica il vice-amministratore delegato del colosso energetico russo. Innescando la puntuale smentita del governo Scholz, che denuncia il «gioco di potere di Mosca sul gas».

DEL RESTO, i messaggi sono all’attenzione soprattutto della Germania sempre appesa a Gazprom, anche se martedì a Bruxelles ha incassato la (sua) proposta Ue di ridurre del 15% il consumo di gas nel continente. Mentre ieri a Roma il ministro della Transizione ecologica, Roberto Cingolani, ha fatto il conto esatto di quanto costerà all’Italia. «Si tratta di risparmiare il 7% di circa 55 miliardi di metri cubi del periodo agosto-marzo, pari a 4 miliardi di metri cubi all’anno. Sommando il risparmio energetico alle nuove forniture, nella seconda metà del 2024 saremo totalmente indipendenti dal gas russo», è il calcolo di Cingolani, obbligato ad aggiornare il piano energia del governo uscente: «Nel breve periodo l’obiettivo è superare il prossimo inverno diversificando le importazioni e riempiendo i depositi di stoccaggio; nel medio, invece, puntiamo a predisporre i nuovi rigassificatori galleggianti accelerando sulle rinnovabili».

A RIGUARDO da Snam fanno sapere di avere pompato nella rete nazionale 2 miliardi di metri cubi di gas nel primo semestre, come di avere firmato l’accordo per l’acquisto dei due rigassificatori galleggianti citati da Cingolani. Per ora, sulla carta, è questa la strategia dell’Italia per la «sicurezza energetica nel nuovo contesto geopolitico» come spiega Stefano Venier, amministratore delegato di Snam. In una cornice governativa che sarà comunque diversa, almeno per Cingolani. Ieri ha messo così le mani avanti sul proprio futuro politico: «Nel prossimo esecutivo non sarò ministro, per mia scelta personale» anticipa, mentre ammette che l’aumento del gas «è un po’ artificiale a causa di un modello economico speculativo».

Prima di informare sullo stato dell’arte del «price-cap» sul gas, già cavallo di battaglia europeo del governo Draghi. «Al momento si stanno facendo scenari. Resta ancora da capire se il limite può essere temporaneo oppure se bisognerà applicarlo solo ad alcune forniture».