«Hanno sganciato su Gaza migliaia di tonnellate di bombe. A Gaza city, la distruzione inflitta alle abitazioni e alle infrastrutture è intorno al 90%, la stessa percentuale di Khan Yunis». Muhammad Al Mughair, responsabile per l’equipaggiamento della Protezione civile di Gaza al telefono snocciola le cifre di una distruzione che non conosce soste.

«Nel nord – aggiunge – a Beit Hanoun, Beit Lahiya, Jabaliya e i campi profughi, il 95% delle case è in macerie, le infrastrutture sono distrutte al 100%. Mi aspetto che sarà simile anche a Rafah sotto attacco israeliano, già ora il governatorato è distrutto per oltre il 70%». Al Mughair ricorda che sotto quelle macerie sono scomparse migliaia di persone.

«Sono 20mila – afferma – di cui 7.000 a Gaza city e nel nord, 3.000 nei governatorati di Khan Yunis e del centro. Di 2.000 martiri non sappiamo nulla, i loro corpi probabilmente sono stati disintegrati dalle temperature elevate delle esplosioni di razzi e bombe. Di altre 8.000 persone sappiamo solo che erano nella zona settentrionale di Gaza, la loro sorte è ignota». Quando finirà la guerra, prevede, «ci vorranno mesi, forse anni per avere i numeri precisi di questo gigantesco massacro». Tra le vittime ci sono 255 membri della Protezione Civile.

È un lungo, interminabile aggiornamento di uccisi, feriti e distruzioni ciò che arriva ogni giorno dalla Striscia. L’agenzia Wafa ieri riferiva di 50 morti in 24 ore tra lunedì e martedì. Persone di ogni età uccise da bombe e missili a Gaza City, Al-Bureij, Deir Al Balah, Nuseirat e Rafah.

Ieri è proseguita la fuga da Shejaiah, Sabra e Tel Al-Hawa di migliaia di civili sotto il fuoco israeliano mentre i carri armati si addentravano nel cuore di Gaza city, nel secondo giorno della nuova offensiva militare nella città che, avverte Hamas, potrebbe mettere a repentaglio i colloqui per il cessate il fuoco. I filmati diffusi sui social media mostrano famiglie su carretti trainati da asini e sul retro di camion carichi di materassi mentre scappano dopo gli ordini di evacuazione israeliani.

«Non ne possiamo più, ne abbiamo abbastanza di morte e umiliazione. Basta con la guerra, adesso», ha detto a giornalisti locali Umm Taher, una donna sfollata già sei volte assieme alla sua famiglia.

A Nuseirat, riferiscono fonti palestinesi, un attacco aereo israeliano nelle prime ore di ieri ha ucciso 17 persone, tra cui 14 bambini e una donna. Nel pomeriggio almeno 10 palestinesi sono stato uccisi in un raid sulla scuola Al-Awda di Khan Yunis piena di sfollati. Da giorni si ripetono gli attacchi aerei agli edifici scolastici. Israele sostiene che sono «usati dai terroristi».

Da parte loro Hamas e Jihad affermano che i loro combattenti stanno impegnando i soldati israeliani in scontri di intensità mai vista negli ultimi nove mesi con mitragliatrici, colpi di mortaio e missili anticarro. I comandi israeliani confermano i combattimenti ravvicinati ma più di tutto sostengono che nell’ultima settimana sono stati messi fuori combattimento più di 150 uomini di Hamas e distrutti edifici con armi ed esplosivi all’interno. La Mezzaluna rossa palestinese intanto ha dovuto chiudere tutti suoi ambulatori a Gaza city a causa degli ordini di evacuazione.

A Gaza city case e infrastrutture distrutte al 90%

Nove mesi di guerra e di sfollamento hanno significato anche una crisi alimentare e la morte di bambini per malnutrizione (sono più di 30 ora). Secondo un gruppo di esperti delle Nazioni unite, tra cui Michael Fakhri, Relatore speciale dell’Onu sul diritto al cibo, e Francesca Albanese, Relatrice per i diritti umani nei Territori occupati, la morte di un numero crescente di bambini palestinesi a causa della fame non lascia dubbi sul fatto che la carestia si sia diffusa in tutta Gaza.

«Fayez Ataya, che aveva appena sei mesi, è morto il 30 maggio 2024 e Abdulqader Al-Serhi, 13 anni, è deceduto il 1° giugno 2024 all’ospedale Al-Aqsa di Deir Al-Balah. Ahmad Abu Reida, 9 anni, è morto il 3 giugno 2024 nella tenda che ospitava la sua famiglia sfollata ad Al-Mawasi. Tutti e tre sono morti per malnutrizione e mancanza di accesso a un’assistenza sanitaria adeguata. Non c’è dubbio che la carestia si sia diffusa dalla Gaza settentrionale alla Gaza centrale e meridionale», scrivono gli esperti.

«La campagna di carestia intenzionale e mirata di Israele contro il popolo palestinese è una forma di violenza genocida e ha causato la fame in tutta Gaza…il mondo intero avrebbe dovuto intervenire prima per fermare la campagna genocida di carestia di Israele e impedire queste morti». Il governo Netanyahu ha condannato il rapporto. «Il signor Fakhri e molti cosiddetti esperti che si sono uniti a lui sono tanto abituati a diffondere disinformazione quanto a sostenere la propaganda di Hamas e a proteggere l’organizzazione terroristica dall’esame», ha scritto in un comunicato la missione israeliana presso le Nazioni Unite a Ginevra.

Le speranze degli abitanti di Gaza di una fine dell’offensiva israeliana erano risorte la scorsa settimana quando Hamas ha o avrebbe rinunciato – non è chiaro – a chiedere un cessate il fuoco immediato e totale prima dei colloqui.

Il premier israeliano Netanyahu, quindi, ha posto cinque condizioni, tra cui la continuazione della guerra dopo a liberazione degli ostaggi, complicando la trattativa. I colloqui riprenderanno domani a Doha secondo i media arabi. E una delegazione egiziana si recherà nella capitale del Qatar per facilitare i colloqui.