ExtraTerrestre

«Molto meglio l’energia eolica e fotovoltaica»

Intervista Per il professor Luca Basile, docente a Bologna ed esperto in processi sostenibili per la chimica e l’energia, per parlare di economia circolare non basta stipare la CO2 sotto il mare. «Serve molto più, bisogna dire come si riutilizza il gas catturato»

Pubblicato circa 4 anni faEdizione del 17 settembre 2020

Una cosa bisogna dirla subito. «Stando a quanto dichiarato da Eni, per Ravenna non si potrà parlare di economia circolare perché la CO2 non viene riutilizzata ma semplicemente messa sotto il mare. Per non parlare del versante della sicurezza, che necessiterebbe di un presidio indipendente capace di dare risposte a tutti gli interrogativi che già stanno sorgendo».

Quando si tratta di valutare il progetto Eni di fare di Ravenna la «capitale mondiale» della tecnologia Ccs, e cioè della cattura e stoccaggio di anidride carbonica, il professore Luca Basile è molto cauto nei giudizi. «Per fare economia circolare non basta dichiarare di volere stipare l’anidride carbonica sotto il mare, serve molto di più», spiega Basile, docente dell’Università di Bologna, esperto in processi sostenibili per la chimica e l’energia e referente per l’Italia su clima e energia e mobilità nel programma di ricerca della Commissione europea Horizon Europe.

Professore, perché per il progetto Eni su Ravenna non si può parlare di economia circolare?

Manca la parte di riutilizzo dell’anidride carbonica. I progetti di Ccs (Carbon capture and storage), lo dice il nome stesso, si occupano di catturare e immagazzinare la CO2. Per avere un ciclo virtuoso bisogna riutilizzare quel gas per creare una nuova economia. In gergo si parla di Ccu, Carbon capture and utilization. A Ravenna, stando alle informazioni disponibili al momento, c’è il rischio di vedere all’opera un progetto che si limiterà a stoccare l’anidride carbonica negli ex pozzi sotto il mare.

Cosa ne pensa della tecnologia Ccs?

Stiamo parlando di una tecnologia che avrebbe dovuto dare il suo apporto tempo fa, ora mi pare un po’ tardi. Sul piano ambientale gli investimenti in eolico e fotovoltaico restano più efficaci.

Eni ha dichiarato di essere in grado di riempire i giacimenti esauriti nel Medio Adriatico con quasi 500 milioni di tonnellate di Co2.

Si tratta di un progetto capace, da quel che sappiamo, di pompare nel sottosuolo 5 milioni di tonnellate di anidride carbonica all’anno, solo un centesimo delle emissioni prodotte in Italia. Nell’ottica della decarbonizzazione investimenti in eolico e fotovoltaico per la produzione di energia sono sicuramente più efficaci, anche se non possono essere usati per tutti gli scopi.

C’è il tema dei costi, la Norvegia valuta di fare marcia indietro sulla decisione di finanziare un maxi progetto di Ccs al largo del Mare del Nord.

Ogni caso va valutato a partire dalle sue caratteristiche specifiche. Se però vogliamo ridurre la CO2 la stella polare dovrà essere quella di farla finita con le fonti fossili. Detto questo più che di progetti che sotterrano la CO2 serviranno progetti in grado di riutilizzarla.

Ci faccia un esempio di riutilizzo virtuoso della CO2 allora.

Ci sono settori dell’industria dove l’elettrico non è ancora una soluzione. Penso alla chimica o alcune industrie pesanti. Come facciamo in questi casi ad evitare che quell’anidride carbonica prodotta entri in circolo? Catturandola e combinandola con l’idrogeno green, cioè prodotto in maniera sostenibile. Tecnicamente si tratta di power to gas, e il risultato sarà metano sintetico. Utile ad esempio per alimentare un forno industriale. Oppure si potranno produrre gli e-fuel per navi o aerei. Un ciclo virtuoso perché l’anidride carbonica reimmessa sarà equivalente a quella precedentemente catturata. Infine bisogna ricordare che idrogeno e metano potrebbero funzionare da accumulo stagionale, perché le energie eoliche o solari non sono programmabili e non se ne può sempre garantire un afflusso costante durante tutto l’anno.

Il riutilizzo dell’anidride carbonica può essere considerato un tassello di una futura economia green?

Se parliamo di riutilizzo, e se l’idrogeno è green, allora sicuramente sì. A proposito di circolarità: per quel che Eni vuole realizzare a Ravenna sarebbe ottimale immaginarsi anche un forte sviluppo dell’eolico nell’Adriatico. Perché l’energia del vento, rinnovabile e non inquinante, potrebbe essere utilizzata per la produzione di idrogeno green a partire dall’acqua. Idrogeno magari da combinare con l’anidride carbonica che Eni promette di catturare. L’annuncio su Ravenna del progetto di Saipem che prevede un parco eolico lascia sperare che ci sia lo spazio per l’integrazione di queste tecnologie.

Che ne pensa allora della contrarietà della Regione Emilia-Romagna all’installazione di un parco eolico al largo di Rimini e Cattolica?

Non posso che essere sorpreso da questa scelta. Quel parco eolico creerà energia pulita e potrebbe essere proprio una soluzione per arrivare all’idrogeno. Una risorsa, non un problema.

Il professor Vincenzo Balzani ha lanciato l’allarme: potrebbero esserci problemi sismici in caso di iniezione della Co2 al largo di Ravenna.

Non sono un geologo, però questo è un tema importante. Dico che bisognerebbe creare un comitato di esperti indipendenti per vigilare. Ma sopratutto: Eni valuti la possibilità di convertire quel progetto in una vera sfida tecnologica: invece di mettere Co2 sotto terra riutilizzi quell’anidride carbonica e crei le basi per una nuova industria. Certo, prima di tutto servirà un imponente sviluppo delle fonti rinnovabili, ma ricordiamoci anche che, in tutto il mondo, la Co2 industriale a cui purtroppo mancano alternative va dal 16 al 25% del totale dell’anidride carbonica nell’atmosfera. Dunque per preparare la transizione di quei settori l’idrogeno sarà decisivo.

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