L’epoca di Kyriakos Mitsotakis, alla guida della Grecia dal 2019, potrebbe concludersi in patria prima del tempo, se la candidatura di Ursula von der Leyen alla presidenza della Commissione europea naufragasse? A sentire il premier, dato come il principale negoziatore del Ppe, l’idea che il suo nome possa sostituire quello della politica tedesca è da escludere. «Se mi venisse proposto direi di no. Credo di aver costruito un legame di fiducia con il popolo greco che mi impedirebbe di accettare qualsiasi altra carica», ha già spiegato.

Difficile dire se la carriera di Mitsotakis sarà longeva quanto quella del padre, Konstantinos, che ha occupato un seggio in Parlamento fino al 2004, alla veneranda età di 85 anni. Ma per ora il premier greco dorme sonni tranquilli: Nea Dimokratia è tra i partiti di destra al potere in Europa con il più alto numero di consensi e in questa tornata dovrebbe rimanere salda al comando con oltre il 30%. Syriza si aggira intorno al 15% e non convince: lo psicodramma della sua crisi di identità, dopo le dimissioni di Tsipras e l’entrata in scena dell’outsider Kasselakis ha lasciato il segno e i fuoriusciti di Nea aristerà (Nuova sinistra) puntano a occupare almeno un seggio nell’Europarlamento. Chi invece sta con il fiato sul collo di Syriza è il Pasok, che dopo essere stato quasi seppellito dalla crisi del debito accarezza ora l’ambizione di tornare a essere il primo partito di opposizione.

A Bruxelles Mitsotakis può puntare su un’immagine rassicurante di chi ha fatto tornare i conti in regola, ha garantito il ‘ritorno alla stabilità’ e ha sbaragliato la sinistra radicale. Fiducioso di questo suo biglietto da visita, può lavare nel fiume europeo i panni sporchi degli scandali politici di cui sono stati costellati i suoi cinque anni di governo: le «gravissime minacce allo Stato di diritto e alla libertà di stampa» denunciate in una risoluzione dall’Europarlamento, il caso tuttora irrisolto delle intercettazioni di politici e personaggi pubblici per mano di un centro di spionaggio occulto, l’incidente ferroviario di Tebi in cui sono morte 57 persone, e il naufragio di Pylos che è costato la vita a più di 500 migranti. Ma in questi ultimi giorni di campagna elettorale la preoccupazione dei greci chiamati a eleggere 21 eurodeputati è rivolta agli scaffali dei supermercati, e all’inflazione alimentare.

La Grecia, la “grande guarita”, come viene spesso rappresentata nel dibattito europeo, si trova al penultimo posto nell’Unione per quanto riguarda il potere di acquisto: peggio di lei c’è solo la Bulgaria. Nell’aprile scorso i prezzi dei beni alimentari sono aumentati del 5% e i consumatori ellenici si trovano a dover fronteggiare una situazione in cui l’olio cretese costa meno in Francia che sugli scaffali dell’isola greca, a causa del potere dei distributori di imporre le tariffe da loro stabilite.

Sul voto di giugno, con soglia di sbarramento al 3%, peserà anche l’astensione (già un anno fa alle nazionali votò il 53%) e Kasselakis cerca di recuperare la fiducia dei più giovani, attaccando Mitsotakis su temi a loro cari, come la crisi abitativa nelle grandi città e la rottura del silenzio sulla strage a Gaza. Con questo spirito il leader della sinistra si è recato in Cisgiordania, due settimane fa, dove ha visitato il campo profughi di Aida in compagnia del ministro del Turismo dell’Autorità palestinese, e ha esortato il governo greco a riconoscere lo Stato della Palestina.

Con la sinistra in affanno, l’unica preoccupazione per Mitsotakis arriva dall’estrema destra: la candidatura alle europee del partito nato dalle ceneri di Alba Dorata, Spartiates, è stata bocciata dalla Corte suprema, ma un altro partito, Ellinikì lisi (Soluzione greca), già presente in parlamento con 12 seggi, potrebbe soffiare ai comunisti del Kke (dati intorno all’8%) il quarto posto. Al grido di «rendere l’Europa di nuovo cristiana», e libera dall’«ideologia gender» Ellinikì lisi, fondata da un ex venditore televisivo di “lettere autografe di Cristo”, punta a raccogliere i voti degli elettori di Nea Dimokratia delusi dalla recente legge sui matrimoni omosessuali, e da un partito che, pur accogliendo al suo interno esponenti della galassia nera, non rinuncia alla sua immagine di ‘destra liberal’.