Missili, droni e propaganda. Tiro incrociato sul conflitto ucraino
Il limite ignoto Lontano da Roma, un’altra ordinaria giornata di guerra tra raid, scambi di accuse e di prigionieri. Zelensky ringrazia per le nuove e vecchie forniture di armi: droni kamikaze Usa in arrivo, mentre l’Iran alla fine ammette di avere fornito i suoi a Mosca
Il limite ignoto Lontano da Roma, un’altra ordinaria giornata di guerra tra raid, scambi di accuse e di prigionieri. Zelensky ringrazia per le nuove e vecchie forniture di armi: droni kamikaze Usa in arrivo, mentre l’Iran alla fine ammette di avere fornito i suoi a Mosca
Lontano da Roma, sui campi di battaglia ucraini e nelle parole dei tanti attori coinvolti, il 254mo giorno di guerra si è consumato sotto il tiro incrociato dei missili e dei bilanci di propaganda contrapposti, tra razionamenti energetici, nuove e vecchie forniture di armi, ambigue aperture e mezze ammissioni.
Di buon mattino la mappa dell’Ucraina si colora tutta di rosso sull’applicazione del ministero degli Affari digitali di Kiev, che dirama l’allarme aereo sull’intero territorio nazionale «Crimea esclusa». Nella notte erano già stati registrati raid nella regione di Zaporizhzhia: bersaglio fisso le infrastrutture e la rete elettrica, nuovi danni e nuovi blackout programmati a Kiev e in sette diverse regioni. Colpi di artiglieria pesante su Nikopol nell’oblast di Dnipropetrovs, nella regione meridionale di Mykolaiv e in quella orientale di Donetsk, dove prosegue peraltro l’interminabile battaglia per Bakhmut. E dove alla lunga scia di attentati contro personalità filo-russe si aggiunge quello che ha ridotto in fin di vita il giudice della Corte suprema Alexander Nikulin, già nel panel che a giugno aveva condannato a morte due foreign fighters britannici e un marocchino.
LE FORZE UCRAINE dall’altra parte non sono state a guardare. Impiegati sia su Svatovo, nella regione di Lugansk, sia sul fronte sud, sono entrati in azione i missili statunitensi Himars, che restano il top dell’aiuto militare internazionale fornito all’Ucraina, in attesa dei sistemi di difesa aerea promessi e di nuovo evocati ieri come priorità assoluta nel suo videomessaggio dal presidente ucraino Volodymyr Zelensky.
Fonti locali riferiscono che due missili avrebbero colpito in particolare la stazione degli autobus di Kherson e sfiorato un centro di raccolta e coordinamento dell’evacuazione sull’altra riva del fiume Dnipro e oltre dei civili, che procede con le buone o con le cattive, a seconda delle versioni, al ritmo di 5mila persone al giorno. I soldati di Mosca che vanno ad occupare le case lasciate vuote degli abitanti, come racconta un residente all’Ap, avvalorano la tesi che i russi si stiano preparando a uno scenario strada-per-strada quando gli ucraini entreranno in città.
SUCCESSI MILITARI quantificati con le perdite a due zeri inflitte all’avversario sono stati comunicati anche ieri dai due ministeri della Difesa. Zelensky ha espresso «sincera gratitudine» a Olanda, Usa e Repubblica Ceca per la recente fornitura di 90 carri armati T-72. Oltre mille droni kamikaze Phoenix Ghost saranno invece inclusi nei 400 milioni di dollari in nuovi aiuti militari annunciati venerdì dal Pentagono.
Droni che vanno, vengono e a volte riaffiorano dalla memoria. Nel nuovo atto del balletto di accuse e smentite sui droni iraniani usati dalla Russia il ministro degli Esteri di Teheran, Hossein Amirabdollahian, ha ammesso per la prima volta che una fornitura «in numero limitato» effettivamente c’è stata, ma è avvenuta mesi prima dell’invasione. Se ora per una sfortunata coincidenza dovessero emergere le prove che tali droni sono stati impiegati nel conflitto, dice in pratica Amirabdollahian, il governo della Repubblica islamica «non resterebbe indifferente».
Il ministro ha poi raccontato degli sforzi piuttosto di pace compiuti dall’Iran, ostacolati a suo dire dalla linea dura della Nato, ma ormai il titolo forte ai giornali di tutto il mondo era stato servito. Se l’intenzione di Teheran è quella di assumere una postura disinvolta sul modello della Turchia, che i droni li ha forniti all’Ucraina senza per questo guastarsi i rapporti con il Cremlino, non sembra avere chance di successo.
L’UNICO CANALE RIMASTO APERTO tra le parti in tutto questo tempo è quello che regola gli scambi di prigionieri. Ieri sono tornati in libertà 268 militari della guardia nazionale ucraina. Per il resto, che tutte le guerre finiscono al tavolo negoziale e non sul campo lo hanno ricordato ieri con parole e in contesti diversi l’ambasciatore russo a Washington Anatoly Antonov e Michael Kretschmer, capo del governo regionale della Sassonia. La Thailandia ha già detto che è pronta a ospitare il meeting. Un po’ poco per dire che è fatta.
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