Nei primi mesi del 2024 gli scontri nelle regioni orientali della Repubblica democratica del Congo (RdC) si sono riaccesi. Tra la fine di gennaio e la prima metà di febbraio l’M23 è riuscito a conquistare la città di Sake, a 25 chilometri da Goma. Dall’inizio del nuovo anno a oggi più di 200mila persone sono state costrette a lasciare la propria casa.

IL DIRETTORE del Comitato internazionale della Croce rossa (Icrc), Robert Mardini, in visita a Goma la scorsa settimana, ha avvisato la comunità internazionale che il precipitoso innalzamento del numero di feriti da armi pesanti sta minacciando il funzionamento di strutture sanitarie già quasi al collasso. Il 40% dei nuovi feriti arrivati all’ospedale di Ndosho a Goma, sono stati colpiti da pesanti bombardamenti: «I civili si trovano sulla linea di fuoco» ha detto Mardini a Africanews, esortando le parti in conflitto a «rispettare le regole di guerra, il Diritto internazionale e la Convenzione di Ginevra. Non è un’opzione – ha aggiunto – è un obbligo».

A livello regionale la tensione tra Ruanda e Rdc sta degenerando. Kigali, ripetutamente accusata da Kinshasa di supportare militarmente la milizia M23, ha alzato i toni dello scontro accusando la RdC, e i contingenti della South African Development Community (Sadc), di voler creare una minaccia alla sicurezza nazionale ruandese a fianco delle milizie hutu. Le accuse di sostegno all’M23, sempre negate da Kigali, sono però state confermate dagli osservatori dell’Onu, da Stati uniti e Francia, che hanno chiesto al governo ruandese di ritirare tutto il proprio personale militare dalla RdC e cessare di sostenere i ribelli.

MA CON L’ARRIVO dei contingenti della Sadc da Malawi, Tanzania e Sudafrica, in sostituzione delle forze dell’Eeastern African Community (Eac), le intenzioni di Kigali sembrano sempre meno pacifiche. In occasione del 37mo Summit dell’Unione africana (Ua) di metà febbraio il ministro degli Esteri ruandese, Vincent Biruta, ha rilasciato commenti incendiari riguardo le forze della Sadc, considerate non neutrali e a «sostegno dell’atteggiamento belligerante verso il Ruanda del governo della RdC, appoggiato dalle milizie hutu» ha dichiarato a The Africa Report. Un pensiero ribadito questa settimana da Biruta in una lettera al presidente della Commissione dell’Unione africana, Moussa Faki Mahamat, in cui esprime «grande preoccupazione» per la scelta dell’Ua di sostenere il dispiegamento delle forze della Sadc, che porterebbe al peggioramento del conflitto.

UN INCONTRO TRA LE PARTI sembra ad ora impossibile. A margine della riunione dell’Ua di febbraio il presidente angolano João Lourenço, incaricato come mediatore per il conflitto nell’est della RdC, ha provato a far sedere allo stesso tavolo i due presidenti Tshisekedi e Kagame, i quali dopo un’ora di colloquio si sono lasciati tra gli insulti. Il 20 febbraio la crisi della RdC è stata trattata anche in una seduta apposita del Consiglio di sicurezza dell’Onu, dato il vertiginoso innalzamento delle tensioni regionali. Lourenço intanto continua a mediare e due settimane fa il presidente della RdC in visita a Luanda ha dichiarato di «volere un incontro con il presidente Kagame», ma una data e soprattutto una conferma da parte di Kigali ancora mancano.

La posizione delle forze occidentali rimane incerta e fortemente criticata dalla popolazione congolese, che nelle prime settimane di febbraio è scesa per le strade di Kinshasa per denunciare il silenzio internazionale riguardo il «genocidio» del Congo e la mancata presa di posizione contro il Ruanda. Anche la missione Onu in RdC, Monusco, che come da accordi con Kinshasa dovrà ritirare i suoi effettivi entro il 2024, è stata molto criticata per l’incapacità di proteggere i civili.

SI CONTINUA INFATTI A FUGGIRE dal fronte in cerca di riparo nei campi profughi alla periferia di Goma, dove si trovano a vivere in condizioni devastanti più di mezzo milione di persone. «Siamo qui dal 15 febbraio e nessuno ci aiuta, non c’è né acqua né cibo» ha detto ad Africanews Julienne Beetsa, giovane fuggita da Sake e diventata una delle oltre 7 milioni di persone sfollate nel Paese.

Se da una parte le potenze internazionali continuano ad accusare Kigali di sostenere l’M23, dall’altra non smettono di stringere accordi con il Ruanda sulla commercializzazione di minerali grezzi, parte dei quali provengono, secondo anche delle indagini delle Nazioni unite, dalla vicina RdC. Alcuni rappresentanti di Lucha (Lutte pour le changement), associazione giovanile nonviolenta della RdC, si sono detti indignati per «la compiacenza nei confronti del Ruanda che aggredisce e saccheggiale risorse naturali congolesi».