Migranti, un patto e un Fondo per fermarli
Alla conferenza voluta dalla premier Meloni i capi di Stato e di governo di 21 paesi del Mediterraneo. Con l’incognita Libia e Tunisia
Alla conferenza voluta dalla premier Meloni i capi di Stato e di governo di 21 paesi del Mediterraneo. Con l’incognita Libia e Tunisia
I diritti umani restano sullo sfondo, tanto che quando le si fa notare che in Tunisia, paese che ha appena firmato un memorandum di intesa con Bruxelles, i migranti muoiono nel deserto al confine con la Libia, Giorgia Meloni taglia corto: «Parlatene con l’Unione europea. L’accordo è tra l’Ue e la Tunisia», dice la premier dimenticando di essere stata proprio lei uno dei principali sponsor di quell’intesa.
Del resto non erano i diritti umani la questione principale della conferenza internazionale su sviluppo e immigrazione che si è tenuta domenica alla Farnesina su iniziativa italiana. Presenti, oltre ai vertici delle istituzioni europee, 21 paesi (assente la Francia, non invitata) che nelle intenzioni di Palazzo Chigi dovrebbero diventare i principali interlocutori di una nuova collaborazione con la sponda sud del Mediterraneo nonché l’avvio di quello che è stato chiamato il «Processo di Roma», una sorta di proseguimento del sempre annunciato ma finora mai visto Piano Mattei per l’Africa con in più l’istituzione di un Fondo per creare investimenti nei paesi di origine. «L’obiettivo dei nostri lavori deve essere anche il reperimento delle risorse necessarie per realizzare iniziative di sviluppo», spiega la premier nel suo intervento introduttivo della conferenza. Un Fondo per l’Africa nel quale l’Italia sarebbe pronta a impegnare quasi un miliardo di euro in attesa di un conferenza dei Paesi donatori da tenersi nel prossimo autunno. Senza far mancare una nota sovranista nella promessa che saranno i paesi destinatari dei finanziamenti a decidere quanti e quali investimenti fare.
Quattro, comunque, i filoni sui quali lavorare e che riguardano il contrasto all’immigrazione illegale con un maggior coordinamento tra le varie polizie, i rimpatri, la migrazione legale attraverso il decreto flussi e corsie preferenziali per i paesi che collaborano nell’accelerare il rimpatrio dei propri cittadini e, infine, il sostegno a profughi e rifugiati anche attraverso aiuti ai Paesi più prossimi come, ad esempio, Libano e Giordania.
La conferenza è l’ultima tappa del percorso avviato da Meloni da quando le è stato chiaro che gestire le migrazioni è qualcosa di più complicato degli spot lanciati quando era all’opposizione. Come testimoniano gli 86.132 sbarchi registrati dal primo gennaio al 24 luglio, più del doppio rispetto allo stesso periodo del 2022. O la decisione di mettere almeno temporaneamente da parte la guerra alle navi delle ong, chiamate ormai a dare una mano nelle operazioni di soccorso anche se i porti di destinazione restano lontani. Meglio quindi spostare l’attenzione sull’altra sponda del Mediterraneo, provando a portarsi dietro l’Unione europea. Manovra finora riuscita, visto che ancora domenica la presidente del Commissione Ue Ursula von der Leyen parlava dell’intesa raggiunta con la Tunisia come un «modello» da esportare anche in altri paesi.
Proprio Kais Saied del resto è stato uno dei protagonisti principali della conferenza, accolto da Meloni con tutti gli onori. Cosa che non ha impedito all’autocrate tunisino di ribadire di non avere nessuna intenzione, come invece vorrebbe Bruxelles, di trasformare la Tunisia in un punto di raccolta dei migranti che hanno attraversato il paese e sono entrati illegalmente in Europa. Così come non pensa di avviare le riforme economiche chieste da mesi dal Fondo monetario internazionale per sbloccare u prestito da 1,9 miliardi di dollari che darebbe un po’ di ossigeno alle casse del paese. Una sfilza di no conclusa con la richiesta fatta all’Onu di un nuovo Fondo al quale attingere. Una linea che Saied condivide anche con il premier libico Abdel Hamid Al Dbeibah e che rischia di allungare un’ombra pesante su quelli che potrebbero essere gli sviluppi reali del summit di domenica.
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