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Migranti, un codice europeo per Stati Ue e navi delle Ong

Migranti, un codice europeo per Stati Ue e navi delle Ong

Europa Lo ha chiesto Lamorgese al vertice Gai di Bruxelles. Critiche le organizzazioni umanitarie

Pubblicato quasi 5 anni faEdizione del 3 dicembre 2019

«Non è in discussione il ruolo in prima linea dell’Italia nelle operazioni di salvataggio delle vite umane in mare», ma «servono regole più sicure e norme di condotta valide per tutti gli Stati, compresi quelli di bandiera» delle navi impegnate nei soccorsi.

A Bruxelles per il vertice dei ministri dell’Interno Ue, la ministra Luciana Lamorgese arriva con una proposta che punta alla creazione di un codice di comportamento per le operazioni Sar (ricerca e salvataggio) nel Mediterraneo. In sostanza qualcosa di simile al Codice Minniti che l’allora ministro Pd chiese – non senza suscitare polemiche – alle ong di sottoscrivere, esteso però agli Stati nella speranza di riuscire a vincolarli sia ai meccanismi di redistribuzione dei migranti, che nella certificazione delle navi private che svolgono attività di soccorso «in modo esclusivo e preminente». Definizione che, pur senza nominarle mai direttamente, lascia intravvedere nuove possibili restrizioni per le navi delle organizzazioni umanitarie. «Ci sarà un confronto tra tutti gli Stati che hanno dimostrato sensibilità su questi temi» ha spiegato la titolare del Viminale al termine del vertice.

Ogni decisione è rimandata al prossimo summit dei ministri dell’Interno previsto per gennaio. Nel frattempo si lavora per «responsabilizzare» soprattutto gli Stati di bandiera delle navi nelle operazioni di sbarco e successiva redistribuzione dei migranti. Stati di bandiera che devono impegnarsi anche nell’inquadrare sul piano giuridico l’attività delle imbarcazioni private, disciplinando con norme comuni a tutti i Paesi membri i «riferimenti tecnici» che devono possedere per poter svolgere attività di ricerca e salvataggio.

Non si tratta, quest’ultima, di una novità. Nei mesi passati Spagna e Olanda, ad esempio, hanno fermato ong come Open Arms e Sea Watch chiedendo loro di adeguare le rispettive navi alle nuove esigenze dettate soprattutto dalla politica italiana dei porti chiusi, che costringeva migranti ed equipaggi a lunghe attese in mare prima di potersi recare verso un porto sicuro. Adeguamenti tecnici che le ong hanno più volte contestato, spiegando di non essere traghetti o navi da crociera che devono provvedere a lunghi periodi di permanenza a bordo ma, per l’appunto, mezzi di soccorso che una volta effettuati i salvataggi devono far sbarcare al più presto i naufraghi. E anche ieri le prime reazioni alle notizie in arrivo da Bruxelles sono andate in questa direzione. «Un codice già esiste, è il diritto internazionale e le ong sono le sole che lo rispettano», spiega ad esempio Marco Bertotto, responsabile Affari umanitari di Medici senza frontiere. «Se l’Italia intende vincolare gli Stati al rispetto del codice internazionale siamo d’accordo, se invece il tentativo è quello di ostacolare le navi delle organizzazioni umanitarie allora stiamo andando nella direzione sbagliata». Sulla stessa linea anche l’avvocato Salvatore Fachile dell’Asgi, l’Associazione studi giuridici sull’immigrazione, per il quale «non si può chiedere alle ong di investire in tecnologie soldi che non hanno, soprattutto a quelle italiane. Farlo significa rendere impraticabile il soccorso in mare».

Al vertice non si è parlato della riforma di Dublino ma la necessità di modificare il sistema di asilo europeo, sponsorizzata in modo particolare dalla Germania che nei giorni scorsi ha presentato una sua bozza di nuovo regolamento, è stata comunque presente. Come confermato dalle parole di Margaritis Schinas, nuovo commissario all’Immigrazione, che ha incontrato il ministro dell’Interno tedesco Horst Seehofer insieme alla commissaria per gli Affari Interni Yilva Johanson: «Siamo totalmente in sintonia con la Germania», ha assicurato Schinas. «Abbiamo bisogno di questo accordo e lavoreremo sodo per ottenerlo».

Infine l’accordo di Malta sulla distribuzione dei migranti. Lamorgese si è detta soddisfatta dei progressi ottenuti. «Attualmente – ha spiegato – sono 10-11 i Paesi che hanno dato adesione a questo tipo di protocollo e negli ultimi sbarchi è accaduta una cosa che non era accaduta prima, vale a dire che la Commissione europea ha fatto la richiesta di redistribuzione in Europa dei migranti pervenuti sulle coste italiane».

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