Europa

Migranti, l’Italia alza il tiro e affossa il vertice dell’Ue

Migranti, l’Italia alza il tiro e affossa il vertice dell’UeEmmanuel Macron e Giuseppe Conte

Alla deriva Stop al documento finale. Il presidente francese Macron tenta di raggiungere un accordo. Conte: «Prima la riforma di Dublino»

Pubblicato più di 6 anni faEdizione del 29 giugno 2018

Se l’Unione europea sarà riuscita oppure no a passare la nottata si saprà probabilmente solo questa mattina, al termine della lungo vertice che ieri a Bruxelles ha tenuti inchiodati durante la notte i 28 capi di Stato e di governo alla ricerca di una soluzione comune per la gestione dei flussi migratori. Fino alla comunicazione, più volte ventilata, che l’Italia non avrebbe firmato il documento finale del vertice, ultimo atto di una giornata passata dal premier Giuseppe Conte a respingere ogni proposta di mediazione. Facendo però attenzione a non chiudere del tutto la porta, lasciando anzi aperto uno spiraglio a una possibile trattativa notturna quando, dopo aver bocciato la proposta francese di aprire in Italia nuovi hotspot finanziati dall’Unione europea, dalla delegazione italiana si è fatto trapelare un possibile consenso all’iniziativa di Parigi a patto che altrettanti hotspot vengano aperti anche in Spagna, Francia e Grecia. Se la richiesta venisse accettata sarebbe un modo per l’Ue di andare incontro alla volontà di Roma che chiede una maggiore condivisione tra gli Stati della responsabilità dei richiedenti asilo e porti europei dove far sbarcare le persone salvate nel Mediterraneo.

Si sapeva che il vertice non sarebbe stata una passeggiata per nessuno. In mattinata, prima ancora di salire sull’aereo che l’avrebbe portata a Bruxelles e fiutando il possibile fallimento, la cancelliera Angela Merkel aveva messo le mani avanti parlando dell’ipotesi di mettere insieme un gruppo di Paesi disponibili ad accogliere in modo volontario quote di richiedenti asilo. Una «coalizione dei volenterosi», l’aveva definita, della quale ha parlato con Conte in un faccia a faccia durato una ventina di minuti e servito alla cancelliera solo per sentirsi dire di no. «Non vogliamo soluzioni parziali» avrebbe spiegato il premier italiano, ben consapevole delle difficoltà vissute dalla Merkel assediata in Patria dal suo ministro degli Interni Horst Seehofer pronto ad aprire una crisi di governo se non si trova una soluzione che metta fine ai cosiddetti movimenti secondari dei profughi.

Almeno su un punto, però, l’unità tra i 28 sembra esserci. Ed è quello che riguarda la necessità di mettere fine agli sbarchi. Nel documento finale si torna a parlare della volontà di realizzare piattaforme regionali dove fa sbarcare i migranti tratti in salvo, verso le quali dovrebbero essere indirizzate anche le navi delle Ong, per poi selezionare in migranti dividendoli tra richiedenti asilo ed economici. Operazione da svolgersi «nel pieno rispetto del diritto internazionale» e con la collaborazione dell’Oim e Unhcr. Nessuna indicazione su dove realizzare le piattaforme, anche perché né i Paesi del Nordafrica, né quelli dei Balcani – le due aree delle quali si è parlato come possibili luoghi dove creare campi profughi – si sono detti disponibili. Niente da fare, inoltre, anche per l’attesa riforma di Dublino, altra richiesta definita imprescindibile dall’Italia. Il documento affida all’Austria, prossimo presidente di turno dell’Ue, il compito di approfondire gli sforzi per arrivare a un compromesso, un modo come un altro per dire che non se ne parlerà più.

L’intransigenza di Conte rischia di isolare ancora di più l’Italia dal resto dell’Europa. Grecia e Spagna si dicono infatti disponibili ad accordi bilaterali con la Merkel per riprendere i richiedenti asilo che, dopo esser sbarcati, si sono spostati in Germania. Tutto sospeso fino a quando Macron non incontra Conte e poi il premer austriaco Sebastian Kurz con i quali parla della possibilità di aprire hotspot in Europa. E comincia a circolare la voce di un possibile accordo tra almeno cinque Paesi – Italia, Francia, Malta, Olanda e Spagna – per un documento che rappresenti una base di lavoro futura. Sembra fatta, ma non è così. Con una capriola il premier Conte fa sapere che non accetterà nessun accordo se non si arriverà a una riforma di Dublino entro il 2018. Suona come l’epitaffio per l’Europa. Che a questo punto ricomincia a tremare.

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