Sulla linea dura ha prevalso quella della mediazione, la presa d’atto che un altro scontro sulle navi delle ong avrebbe rischiato di avere in Europa conseguenze politiche pesantissime per l’Italia. E così, a sorpresa, il governo decide che non è il caso di forzare ulteriormente la mano e apre alle tre navi umanitarie con 500 migranti a bordo che da giorni attendono un porto dove sbarcare.

Si comincia nella notte con la Louis Michel, imbarcazione di piccole dimensioni con 33 persone a bordo che si trova in difficoltà per le cattive condizioni del mare e che viene scortata dalle motovedette della capitaneria di porto fino a Lampedusa. Poi la nave di Medici senza frontiere, la Geo Barents, che dopo tre evacuazioni sanitarie trasporta 248 migranti e che viene indirizzata verso Salerno. Infine quando è già sera, è la volta della tedesca Humanity 1 alla quale dal Viminale arriva l’indicazione di dirigere verso Bari. I migranti scenderanno tutti a terra, senza distinzioni tra «vulnerabili» e «carico residuale» come accaduto l’ultima volta.

Per il governo Meloni, che fin dal primo giorno ha dichiarato guerra alle navi delle ong, è un cambio di rotta plateale anche se adesso bisognerà capire se solo temporaneo o meno. Di sicuro si tratta di una svolta inattesa e probabilmente non condivisa da tutto il governo che adesso, oltre che sulla manovra, rischia di spaccarsi anche sui migranti. Significativo, da questo punto di vista, il silenzio di Matteo Salvini. Solitamente generoso in dichiarazioni, specie quando si parla di immigrazione, il ministro dei Trasporti questa volta preferisce tacere e non commentare le decisioni prese dal collega dell’Interno Matteo Piantedosi sicuramente in accordo con palazzo Chigi. Parla, invece, Antonio Tajani, e lo fa per giustificare la nuova linea dell’esecutivo. «Ogni nave rappresenta un caso a sé. Non manca dall’Italia una risposta solidale, basta che si rispettino le regole» dice il ministro degli Esteri da Alicante, in Spagna, dove si trova per partecipare al vertice dei Paesi del Mediterraneo in sostituzione della premier Meloni, assente perché malata.

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Dietro la nuova strategia del Viminale potrebbe esserci la presa d’atto che proseguire nello scontro con le ong non avrebbe portato a nulla. Solo due giorni fa Piantedosi si trovava a Bruxelles per un vertice con i colleghi europei dal quale è uscito senza ottenere di fatto nulla di veramente concreto per quanto riguarda le richieste italiane circa una distribuzione obbligatoria tra gli Stati membri dei migranti che arrivano in Italia. Non solo. La Svezia, che il primo gennaio assumerà la presidenza di turno dell’Unione, ha chiesto che tutti i migranti vengano registrati al momento dello sbarco, come previsto dal regolamento di Dublino e come di fatto avviene da sempre. La condizione presuppone però anche un maggiore controllo sui cosiddetti dublinanti, coloro che lasciano il Paese di primo approdo per dirigersi verso il nord Europa. Cosa che alcuni Stati, tra cui Francia e Germania, accusano l’Italia di non fare in maniera sufficiente.

C’è poi il caso Francia, mai veramente chiuso dopo lo scontro di alcune settimane fa sul caso Ocean Viking e improvvisamente riacceso giovedì, quando fonti dell’Eliseo hanno ricordato come «sui soccorsi i nodi con l’Italia restano». Una doccia gelata sulle speranze di un riavvicinamento con Parigi che mettesse finalmente fine alle tensioni. E ieri Tajani ha anche smentito l’ipotesi di un viaggio in Francia della premier: «Non ci sono state dichiarazioni ufficiali – ha spiegato -, ci sono state dichiarazioni informali ma non c’era nessuna visita programmata di Meloni».

La scelta fatta ieri di aprire i porti è quindi un segnale che il governo di destra invia all’Europa, dove più volte si è ricordato all’Italia l’obbligo «morale e legale» di salvare le persone che si trovano in mare. Ma rappresenta una mano tesa anche verso la Francia nel giorno in cui la Germania prende 164 migranti dall’Italia facendo così ripartire il meccanismo di redistribuzione in Europa, rimasto bloccato proprio seguito alle tensioni con Parigi.