Un nuovo giro di vite sul fronte interno, mentre contemporaneamente si lavora su quello esterno a un piano per l’Africa che, con il coinvolgimento dell’Unione europea, arrivi a stanziare fino a 150 miliardi di euro di investimenti in infrastrutture. E’ il doppio binario su cui il governo torna a muoversi sull’immigrazione nella speranza di riuscire a fermare gli sbarchi senza però alimentare nuove tensioni con Bruxelles. Su questo punto, anzi, Giorgia Meloni è stata chiara, anche con gli alleati: «Il coinvolgimento dell’Europa è fondamentale» ha detto nella diretta Facebook «Gli appunti di Giorgia», utilizzata dalla premier anche per confermare la scelta della linea dura, in modo particolare contro le ong: «Si parla di cambio di rotta del governo – ha detto -. Assolutamente no, il governo non intende cambiare posizione sul tema dell’immigrazione. A livello nazionale già dalla prossima settimana stiamo lavorando per nuove norme per fermare la tratta perché su questo tema non intendiamo mollare».

Quanto accaduto venerdì scorso, quando a sorpresa è arrivato il via libera allo sbarco dei 500 migranti che si trovavano a bordo di tre navi umanitarie, va inteso dunque come una decisione presa solo in conseguenza alle pessime condizioni del mare, come ha spiegato domenica un comunicato del Viminale dai toni accesi. E proprio i tecnici del ministero sarebbero già al lavoro per studiare le misure in grado di fermare le navi delle ong. «Bisogna fare una sintesi tra responsabilità e solidarietà – ha confermato il sottosegretario leghista all’Interno Nicola Molteni -Finora c’è stata responsabilità da parte dell’Italia e non dagli altri Paesi. Se l’Europa non ha consapevolezza che il tema va affrontato assieme, il governo italiano nei prossimi giorni dovrà valutare dei provvedimenti di carattere normativo».

Non sarà facile. L’idea è quella di ripristinare, modificandoli, i decreti sicurezza varati da Matteo Salvini quando era ministro dell’Interno, sapendo però che una parte importante di quelle norme sono state bloccate dalla Consulta e dal Tar, senza parlare dei rilievi fatti dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella, che non mancò di ricordare come il salvataggio dei migranti in difficoltà «rimane un dovere». Abbandonata l’idea delle maximulte, il governo pensa di prevedere sanzioni amministrative per le navi che raccoglieranno i migranti nel Mediterraneo senza essersi prima coordinate con le autorità responsabili delle zone Sar nelle quali operano (cosa che però le ong fanno, spesso senza ricevere risposta). In questo modo scatterebbe la confisca del mezzo, la cui decisione spetterebbe ai prefetti e non sarebbe più affidata, come in passato, alla magistratura.

Ma non si tratterebbe dell’unica misura allo studio. Il ministro Piantedosi punterebbe infatti anche a riportare al Viminale la decisione di vietare o limitare l’ingresso, il transito o la sosta alle navi per motivi di sicurezza. Del resto è proprio ai decreti di sicurezza salviniani che Piantedosi ha spiegato di aver fatto riferimento nella direttiva firmata a ottobre con i ministri degli Esteri e dei Trasporti durante le scontro con le navi Ocean Viking e Humanity 1.

Infine si starebbe lavorando anche una revisione della protezione speciale, rilasciata al richiedente asilo che non possiede le caratteristiche per avere la protezione internazionale, in modo da renderla più difficile da ottenere.

C’è poi il piano per l’Africa, Domenica la Commissione Ue ha lavorato a un pacchetto di investimenti da 150 miliardi di euro destinati alla realizzazione di infrastrutture di vario tipo, mentre ieri sono stati lanciati due piani, uno dei quali destinato al mediterraneo centrale che prevede, in accordo con i Paesi di origine e di transito dei migranti, di mobilitare 1,3 miliardi di euro per lo sviluppo delle economie locai, la prevenzione dell’immigrazione irregolare, i rimpatri e il contrasto delle organizzazioni criminali.