C’è una sinistra a est dell’ex-Cortina di Ferro, ed è il momento di unirsi. Questa la scommessa di Ceegla-Central-Eastern European Green Left Alliance (Alleanza della sinistra verde dell’Europa centro-orientale), un nuovo soggetto politico che nasce dalla cooperazione di diversi partiti e movimenti sociali attivi fra Ucraina (Sotsialnyi Rukh), Ungheria (Szikra Mozgalom), Polonia (Lewica Razem), Lituania (Kartu), Romania (Demos) e Repubblica Ceca (Budoucnost) e che si pone come obiettivo quello di immaginare uno spazio europeo e internazionale maggiormente attento alla giustizia sociale e alla redistribuzione della ricchezza, radicando però la propria strategia e la propria analisi nelle dinamiche specifiche della regione.

«Si tratta dello sbocco quasi naturale di due tendenze già presenti nelle nostre abituali modalità di impegno», ci racconta Zofia Malisz, membro della sigla polacca Lewica Razem (Sinistra insieme) che alle ultime elezioni è riuscita a portare nove dei suoi candidati in parlamento. «Abbiamo sempre avuto rapporti e strette collaborazioni con altre forze di sinistra a livello europeo, ma l’inizio dell’invasione russa in Ucraina ha dato una spinta decisiva alla volontà di creare una vera e propria piattaforma per sostenerci a vicenda e costruire un discorso politico comune. Inoltre, ci siamo resi conto di come spesso la prospettiva e le esigenze dei paesi che occupano una posizione semi-periferica nel quadro europeo sono poco considerate, o comunque viste in maniera distorta».

Non c’è dubbio che l’aggressione di Putin abbia rimesso al centro della discussione il ruolo che debba avere il “fianco est” nell’architettura di sicurezza del nostro continente, fra ipotesi di riarmo, ingresso di nuovi membri nell’Unione (si sono svolti a dicembre colloqui decisivi in Moldavia e in Ucraina) e allargamento della Nato; allo stesso tempo, si fanno pressanti le questioni legate al mercato energetico, alla gestione delle crisi migratorie che si sono intensificate per via della guerra e agli interessi trasversali che riguardano l’eventuale ricostruzione delle aree che sono “teatro” del conflitto.

«Siamo contrari all’“Europa a due velocità”, anzi, in particolare nelle fila di Lewica Razem, sappiamo bene che essere parte dell’Unione è stata finora la massima garanzia di pace e prosperità», prosegue Malisz. «Sappiamo però anche che quello europeo è un progetto neoliberale fortemente sbilanciato a favore dei grandi blocchi di potere economici e politici. Questo ha reso alcuni dei nostri paesi troppo dipendenti a livello finanziario da Bruxelles, come per esempio la Slovacchia. Ci servono dunque una maggiore democratizzazione comunitaria e più politiche di welfare: alcune storture del modello attuale si vedono con più evidenza alle periferie del sistema», spiega menzionando la crisi abitativa che coinvolge il centro-Europa.

Nonostante permanga una sorta di stigma simbolico su tutto ciò che ha a che fare col “socialismo”, esiste una crescente domanda di servizi e intervento pubblico. In alcune zone come la Lituania stanno nascendo diversi sindacati indipendenti e c’è una discussione vivace a sinistra, impensabile fino a qualche tempo fa – racconta sempre Malisz.

«Ma la situazione generale non è certo favorevole alle forze progressiste. In particolare, in Ucraina per via della guerra e in Ungheria a causa della repressione di Orbán la sinistra affronta grossi ostacoli e perciò sostenersi a vicenda diventa fondamentale. Soprattutto è necessario elaborare proposte concrete rispetto alle diverse crisi in corso, scongiurando le strumentalizzazioni di destra: far cessare i respingimenti ai confini e mettere in atto politiche di accoglienza degna, tema su cui siamo in dialogo anche con il Bloco de Esquerda portoghese; aiutare lo sforzo bellico e immaginare la ricostruzione dell’Ucraina entro i meccanismi comunitari, per cui ci appoggiamo molto a pezzi del Labour inglese; ripensare le infrastrutture di sicurezza dei singoli paesi orientali, magari su modello della sicurezza onnicomprensiva finlandese di cui discuteremo prossimamente con le sinistre nordiche».

Pur sostenendo i propri membri candidati alle prossime europee, la piattaforma Ceegla in quanto tale resterà fuori dal parlamento per lanciare campagne su questioni specifiche.