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Migranti e terrorismo, scambio di accuse tra Cdu e socialdemocratici

Migranti e terrorismo, scambio di accuse tra Cdu e socialdemocratici

Scontro tra (ex) alleati Tra la nera previsione del piccolo führer di Pegida e l’orgoglio della cancelliera Merkel per l’impegno della polizia e «la reazione prudente dei berlinesi». Si consuma così la reazione politica […]

Pubblicato quasi 8 anni faEdizione del 23 dicembre 2016

Tra la nera previsione del piccolo führer di Pegida e l’orgoglio della cancelliera Merkel per l’impegno della polizia e «la reazione prudente dei berlinesi». Si consuma così la reazione politica tre giorni dopo la strage di Berlino costata 12 morti (più l’autista polacco) e 56 feriti.
Baruffe tra alleati della Grande coalizione, «bastonate» tra i due maggiori partiti riprese dopo la fine del fronte comune contro il leader Csu Horst Seehofer, che martedì aveva accusato il capo di governo di colposità nel massacro.

Le bordate, questa volta, partono dal responsabile interni Cdu Wolfgang Bosbach: accusa i socialdemocratici di aver bloccato l’introduzione delle famigerate «zone di transito» per migranti, profughi e richiedenti asilo. «Nessun uomo dovrebbe circolare in Germania senza un’identità e una nazionalità certa» spiega Bosbach. Perfettamente allineato al progetto su cui spinge, da mesi, il ministro degli esteri della Baviera Joachim Herrmann (Csu) più che convinto che «i rifugiati dovrebbero essere detenuti finché la loro origine e l’identità non siano stati completamente chiariti».

A rispondere, sulla tv pubblica, è il numero due Spd Ralf Stegner, pronto a ricordare come «credere che si possano ottenere risultati diversi con un po’ di durezza in più è una grande sciocchezza». Mentre alle critiche per i “bug” nell’intelligence tedesca – da mesi sulle tracce del sospetto attentatore ma non in grado di fermarlo – replica impassibile: «Impossibile monitorare per 24 ore al giorno i 500 soggetti pericolosi attualmente schedati dagli Uffici criminali del Paese».

E’ la dichiarazione ufficiale della fisiologica impotenza, più che del governo, dell’intero sistema di sicurezza nazionale. Che fa acqua da tutte le parti: a partire dall’incredibile fuga di informazioni sensibili (smentita dalla polizia di Berlino) che ha permesso a Lutz Bachmann, leader del movimento islamofobo Pegida, di conoscere con esattezza la nazionalità del ricercato tunisino dopo appena due ore di distanza dall’attacco al mercatino di natale. «Non è necessario avere la sfera di cristallo. Bastano buoni informatori dentro la polizia, stufi delle bugie ufficiali» riporta il suo post su Facebook indirizzato alla stampa.

Di ufficiale, per ora, ci sono solo le parole di Merkel dopo il pomeriggio trascorso nella centrale operativa dell’Ufficio criminale federale (Bka) nel quartiere berlinese di Treptow. «Il mio pensiero anche oggi è per le vittime e i feriti. Voglio che si sappia però che sono orgogliosa di come i tedeschi hanno risposto all’attacco, e fiera dei dipendenti del Bka che hanno svolto il loro dovere con grande vigore e professionalità» spiega Merkel. Prima di ricordare: «In milioni di persone c’è la speranza che si possa arrestare il colpevole il più presto possibile. In queste ore stiamo restringendo il cerchio intorno al terrorista islamista». Parole forse dovute, certamente necessarie almeno quanto la «spiegazione» politica della sua declinazione della lotta allo Stato islamico.

«Negli ultimi anni in Germania abbiamo fatto sforzi notevoli per combattere il terrorismo. Da tempo ci ha messo nel mirino. Ciò che è accaduto lunedì, però, è un caso nuovo e completamente diverso dai precedenti» precisa Merkel, al pari della democrazia e dello stato di diritto «sempre dalla nostra parte».
Un’ora dopo il sindaco di Berlino Michael Müller, nel consueto messaggio pre-natalizio, ha espresso il cordoglio della Città-Stato per i morti e i feriti insieme alla necessità di elaborare il lutto. «Le famiglie delle persone coinvolte nell’attentato devono sapere che non sono sole. A tutti gli altri dico chiaramente che a Berlino non lasceremo alcuno spazio a chi intende diffondere o cavalcare l’odio».

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