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Midterm -3, le elezioni più costose della storia

Midterm -3, le elezioni più costose della storiaAdesivi con la scritta "Io ho votato" in un seggio a Cheyenne, Wyo – Ap

Stati Uniti Nonostante questo enorme giro di soldi che ha sostenuto le elezioni, sembra che la questione economica non entri proprio nel dibattito politico democratico.

Pubblicato quasi 2 anni faEdizione del 5 novembre 2022

Questo midterm è il più costoso della storia politica Usa, ha battuto i record di spesa elettorale a livello sia statale che federale. La maggior parte dei soldi che finanziano le campagne arriva da super Pac (Political Action Committees), in gran parte non regolamentati.

I Super Political Action Committees sono organizzazioni di raccolta fondi che appoggiano un politico o un partito in maniera privata e indipendente e hanno la capacità di influenzare l’opinione pubblica con spot elettorali e una serie di azioni a sostegno del candidato, senza dover rispettare i vincoli e i divieti a cui sono soggette le donazioni dirette.

A questo giro i super Pac sono stati finanziati da enormi assegni di megadonatori, per lo più repubblicani, visto che fra i Dem, dall’avvento di Sanders in poi, non sono visti molto di buon occhio.

Il totale speso per le elezioni federali delle elezioni di metà mandato attualmente è di $7,5 miliardi, una cifra che ha già superato il record di $7,1 miliardi del 2018 e che, stando alle proiezioni, dovrebbe raggiungere gli $8.9 miliardi.  Di questi, il 15,4% proviene da miliardari singoli; nel 2020 i super ricchi avevano contribuito per l’11,9 %.

In questa gara tra i miliardari americani e i piccoli donatori, l’oligarchia politica emergente sta dimostrando potere e resistenza con un sistema di finanziamento delle campagne elettorali che rispecchia sempre più la stessa società americana: centinaia di migliaia di piccoli donatori che cercano di tenere il passo con una classe di miliardari la cui spesa appare senza sforzi e senza fondo.

I dem hanno in gran parte tenuto fede agli impegni degli ultimi anni, invitando costantemente la loro base a sostenerli economicamente, ma i miliardari dell’alta finanza, della Silicon Valley, dei media e della vecchia guardia manifatturiera, hanno servito su un piatto d’argento ai gruppi allineati principalmente col partito conservatore i mezzi per avanzare.

E mentre l’inflazione punge i borsellini dei piccoli donatori, i megadonatori stanno tornando a essere sempre più importanti.Nonostante questo enorme giro di soldi che ha sostenuto le elezioni, sembra che la questione economica non entri proprio nel dibattito politico democratico. Né l’economia, né la sicurezza, nonostante questi siano i due temi che stanno più a cuore agli elettori.

Nel nord est, sia nelle riunioni di democratici della colta e ricca Upper West Side di Manhattan, che in quelle dei molto meno colti repubblicani del Jersey Shore, i temi della crisi economica e dei prezzi sempre più alti la fanno da padrone, ma nei comizi elettorali democratici si parla principalmente dell’anima e dell’identità americana.

In questa dicotomia di una campagna elettorale super finanziata, ma in cui è difficile affrontare il discorso economico, il gioco meno convincente sembra quello dei Dem. Divisi fra il tentativo di rinnovarsi e sganciarsi dai grandi donatori, ma incapaci di ascoltare le istanze dei piccoli donatori che compongono la loro base.

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